La moltiplicazione dei pani
48. La
moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli che ha più incuriosito i
commentatori e che, nello stesso tempo, ha monopolizzato l'estro degli
increduli. Senza curarsi di sondarne il senso allegorico, questi ultimi
non vi hanno scorto altro che un racconto puerile. Ma la maggior parte
delle persone ha ravvisato nella narrazione di questo fatto, sebbene
sotto una forma diversa da quella consueta, una parabola che raffronta
il nutrimento spirituale dell'anima con il nutrimento del corpo.
Vi si può tuttavia scorgere più di una semplice figura e ammettere,
da un certo punto di vista, la realtà di un fatto materiale, senza che
per questo si debba ricorrere al prodigio. Si sa che una grande
preoccupazione spirituale o l'attenzione fortemente rivolta a una
determinata cosa fanno dimenticare la fame. Ora, coloro che seguivano
Gesù erano persone avide di ascoltarlo. Non c'è dunque niente di
stupefacente nel fatto che, affascinati dalla sua parola e forse anche
dalla potente azione magnetica ch'egli esercitava su di loro, essi non
abbiano provato il bisogno materiale di mangiare.
Gesù, che
prevedeva questo risultato, ha dunque potuto tranquillizzare i suoi
discepoli dicendo, nel linguaggio figurato a lui abituale — ammesso che
realmente fossero stati portati alcuni pani — che quei pani sarebbero
stati sufficienti a sfamare la folla. Nello stesso tempo, egli dava loro
una lezione: "Date loro, come nutrimento, voi stessi" diceva. Così
insegnava loro che anch'essi potevano nutrire attraverso la parola.
Pertanto, a fianco del senso allegorico morale, si è potuto produrre
un effetto fisiologico naturale molto conosciuto. Il prodigio, in
questo caso, sta nell'influenza insita nella parola di Gesù, tanto
potente da conquistare l'attenzione di una folla immensa, al punto di
farle dimenticare di mangiare. Questa potenza morale testimonia della
superiorità di Gesù molto più del fatto puramente materiale della
moltiplicazione dei pani, che deve essere considerato come un'allegoria.
Questa spiegazione, d'altronde, si trova confermata da Gesù stesso, nei due passi che riportiamo di seguito.
Il lievito dei farisei
49.
I discepoli, passati all'altra riva, si erano dimenticati di prendere
dei pani. E Gesù disse loro: "Guardatevi bene dal lievito dei farisei e
dei sadducei". Ed essi ragionavano tra di loro e dicevano: "Egli parla
così, perché non abbiamo preso dei pani".
Ma Gesù se ne
accorse e disse: "Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del
fatto di non aver pane? Non capite ancora? Non vi ricordate dei cinque
pani dei cinquemila uomini e quante ceste ne portaste via? Né dei sette
pani dei quattromila uomini e quanti panieri ne portaste via? Come mai
non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal
lievito dei farisei e dei sadducei".
Allora capirono che non
aveva loro detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento
dei farisei e dei sadducei. (Matteo 16:5-12)
Il pane del cielo
50.
La folla che era rimasta sull'altra riva del mare aveva notato che non
c'era là altro che una barca sola, e che Gesù non vi era entrato con i
suoi discepoli, ma che i discepoli erano partiti da soli. Altre barche
erano giunte da Tiberiade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane
dopo che il Signore aveva reso grazie. La folla, dunque, quando ebbe
visto che Gesù non era là e che non vi erano i suoi discepoli, montò in
quelle barche, e andò a Cafarnao in cerca di Gesù. Trovatolo di là dal
mare, gli dissero: "Rabbi, quando sei giunto qui?"
Gesù
rispose loro: "In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non
perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei
pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma
per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà;
poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio sigillo".
Essi dunque gli dissero: "Che dobbiamo fare per compiere le opere di
Dio?" Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui
che egli ha mandato". Allora essi gli dissero: "Quale segno miracoloso
fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri
mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: Egli diede loro da
mangiare del pane venuto dal cielo".
Gesù disse loro: "In
verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal
cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il
pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo". Essi
quindi gli dissero: "Signore, dacci sempre di codesto pane".
Gesù disse loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete". Ma io ve l'ho detto: "Voi mi avete visto, eppure non credete!" (Giovanni 6:22-36)
In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna. Io
sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e
morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne
mangia non muoia". (Giovanni 6:47-50)
51. Nel
primo passo, Gesù, ricordando l'effetto precedentemente prodotto dalle
sue parole, fa chiaramente capire che non si era affatto trattato di
pani materiali; altrimenti il paragone ch'egli stabilì con il lievito
dei farisei sarebbe stato senza scopo. "Ancora non comprendete?' egli
disse. "E non ricordate che cinque pani sono bastati per cinquemila
uomini e che sette pani sono bastati per quattromila uomini? Come non
comprendete che non era del pane che io vi parlavo, quando vi ho detto
di guardarvi dal lievito dei farisei?" Questo confronto non avrebbe
alcuna ragion d'essere nell'ipotesi di una moltiplicazione materiale. Il
fatto sarebbe stato così straordinario in sé stesso che avrebbe
senz'altro colpito l'immaginazione dei suoi discepoli, i quali tuttavia
non sembravano affatto ricordarsene.
Ed è ciò che non meno
chiaramente risulta dal discorso di Gesù sul pane del cielo, nel quale
egli cerca di far comprendere il vero significato del nutrimento
spirituale. "Lavorate", egli dice, "non per avere il nutrimento che
perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'Uomo
vi darà". Questo nutrimento è la sua parola, che è il pane disceso dal
cielo e che dà vita al mondo. "Io sono", egli dice, "il pane di vita; colui che viene a me non avrà fame, e colui che crede in me non avrà mai sete".
Ma queste distinzioni erano troppo sottili per quelle rozze nature,
che comprendevano soltanto le cose tangibili. La manna che aveva nutrito
il corpo dei loro avi era per essi il vero pane del cielo. Là stava il
miracolo. Se, dunque, l'episodio della moltiplicazione dei pani aveva
avuto luogo materialmente, come mai quegli stessi uomini, a favore dei
quali tale moltiplicazione si sarebbe prodotta pochi giorni prima, ne
sarebbero rimasti così poco colpiti? Così poco colpiti da chiedere a
Gesù: "Quale miracolo fai dunque tu, affinché noi, vedendolo, possiamo
crederti? Che cosa fai tu di straordinario?" Il fatto è che essi per
miracoli intendevano quei prodigi che anche i farisei reclamavano, vale a
dire dei segnali nel cielo, effettuati a comando, come con la bacchetta
magica di un incantatore. Ciò che faceva Gesù era troppo semplice né
troppo si allontanava dalle leggi della natura; le guarigioni stesse non
avevano un carattere né abbastanza strano né abbastanza straordinario; i
miracoli spirituali non possedevano sufficiente corpo per loro.