2. Il tempo, come lo spazio,
è una parola che si definisce da sé stessa. Ci se ne può fare un'idea
più esatta stabilendo una sua relazione con il tutto infinito.
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo
stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci
all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra
ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli
inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa
culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci
troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di
una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al
di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque
il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce
l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno
gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di
questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la
Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a
questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti
terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce
anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi
naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è
sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci
per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una
nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i
mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al
di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni
effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei
cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le
due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio
dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze
incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là
dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità
dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno,
agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire
questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il
tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende
unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità
di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia
per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai
nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia
di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita
superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori
della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo
tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel
numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo
giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di
secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor
più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa
successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali
numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di
secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse:
resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il
tempo non è che una misura relativa della successione delle cose
transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di
vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è
al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!