14. Da queste divergenze,
che riguardano l'avvenire dell'uomo, sono nati il dubbio e
l'incredulità. L'incredulità, tuttavia, lascia un vuoto penoso. L'uomo
guarda con ansietà all'ignoto in cui, presto o tardi, dovrà fatalmente
entrare. L'idea del nulla lo agghiaccia; la sua coscienza gli dice che
al di là del presente qualcosa gli è pur riservata: ma che cosa? La sua
ragione, ormai sviluppatasi, non gli permette più di accettare le storie
con cui si è cullata la sua infanzia e di prendere l'allegoria per la
realtà. Qual è il senso di questa allegoria? La scienza ha strappato un
angolo del velo, ma non gli ha rivelato ciò che a lui più importa
sapere. Invano egli chiede. Niente gli risponde in maniera categorica e
adeguata a placare le sue apprensioni; dappertutto trova affermazioni
che si scontrano con negazioni, senza prove positive più dall'una che
dall'altra parte. Da qui l'incertezza; e l'incertezza sulle cose della vita futura la sì che l'uomo si getti con una sorta di frenesia su quelle della vita materiale.
Tale è l'inevitabile effetto delle epoche di transizione: l'edificio
del passato crolla, e quello del futuro è ancora da costruire. Questo
uomo è come l'adolescente, che non ha più la fede ingenua dei suoi primi
anni e non ha ancora le conoscenze dell'età matura. Egli non ha che
delle vaghe aspirazioni che non sa definire.