19. Se la colpa di Adamo è
letteralmente quella di aver mangiato un frutto, essa non potrebbe
incontestabilmente — per la sua natura quasi puerile — giustificare il
rigore con cui tale colpa è stata punita. Né, più razionalmente, si
potrebbe ammettere che questo sia proprio il fatto quale generalmente si
suppone; altrimenti Dio, considerando questo fatto come un crimine
imperdonabile, avrebbe condannato la sua stessa opera, poiché Egli aveva
creato l'uomo per la propagazione.
Se Adamo avesse inteso in
questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi
si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne
sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato
Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le
parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati
formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li
benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela
soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una
legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto
come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a
questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono
stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma
questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la
confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha
offeso.