IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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20. Ecco, come se ne vedono tanti, un giovane di vent'anni, ignorante, dagli istinti viziosi, che nega Dio e la sua anima, che si abbandona al disordine e che commette ogni genere di misfatti. Tuttavia egli si trova in un ambiente favorevole al suo miglioramento; lavora, s'istruisce, a poco a poco si corregge e infine diventa pio. Non è forse questo un esempio palpabile del progresso dell'anima durante la vita? E non se ne vedono forse di simili tutti i giorni? Questo uomo muore santamente in età avanzata, e naturalmente la sua salvezza è assicurata. Ma quale sarebbe stata la sua sorte, se un caso accidentale l'avesse portato alla morte quaranta o cinquant'anni prima? Egli si trovava in tutte quelle condizioni atte a essere dannato; orbene, una volta dannato, ogni progresso si sarebbe arrestato. Ecco, dunque, un uomo che si è salvato perché ha vissuto a lungo, e che, secondo la dottrina delle pene eterne, sarebbe stato perduto per sempre se fosse vissuto meno, cosa che poteva accadere per incidente fortuito. Dal momento che la sua anima ha potuto progredire in un determinato tempo, perché non avrebbe potuto progredire nel medesimo tempo dopo la morte, se una causa indipendente dalla sua volontà gli avesse impedito di farlo durante la vita? Perché Dio gliene avrebbe rifiutato i mezzi? Il pentimento, sia pure tardivo, sarebbe pur sempre venuto a suo tempo. Ma se, dall'istante della sua morte, una condanna irremissibile lo avesse colpito, il suo pentimento sarebbe stato senza frutto per l'eternità e la sua attitudine a progredire sarebbe stata distrutta per sempre.