IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Lapommeray

Il castigo della luce

In una delle sedute della Società di Parigi in cui si era discussa la questione del turbamento che segue generalmente la morte, uno Spirito, al quale nessuno aveva fatto allusione e che non si pensava affatto di evocare, si manifestò spontaneamente con la comunicazione che riportiamo; benché essa non fosse firmata, vi si riconobbe senza indugio un grande criminale che la giustizia umana aveva appena colpito.

"Perché parlate del turbamento? Perché queste vane parole? Voi siete soltanto dei sognatori e degli utopisti. Voi ignorate completamente le cose di cui pretendete di occuparvi. No, signori, il turbamento non esiste, salvo forse nei vostri cervelli. Io sono morto il più assolutamente possibile, e vedo chiaro in me, attorno a me, dappertutto!... La vita è una lugubre commedia! Sprovveduti coloro che si fanno mandar via dalla scena prima che cali il sipario!... La morte è un terrore, un castigo, un desiderio, secondo la debolezza o la forza di coloro che la temono, che la sfidano o la implorano. Per tutti, è un'amara beffa!... La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere... Sono stato punito con le tenebre della tomba o con quelle segnate dalle superstizioni del Cattolicesimo. Ebbene, siete voi, signori, che subite l'oscurità, e io, quello socialmente degradato, io plano al di sopra di voi... Io voglio restare me stesso!... Forte del mio pensiero, disdegno gli avvenimenti che riecheggiano intorno a me... Io vedo chiaro... Un crimine! È una parola! Il crimine esiste dappertutto. Quando esso è commesso da masse di uomini, lo si glorifica; commesso individualmente, lo si considera un'infamia. Che assurdità!

Non voglio essere pianto... non domando niente... io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa."

Colui che ieri era un uomo


Analizzata questa comunicazione nella seduta successiva, si riconobbe, nel cinismo stesso del suo linguaggio, un profondo insegnamento. Si vide anche, nella situazione di questo sventurato, una nuova fase del castigo che attende il colpevole. In effetti, mentre alcuni sono immersi nelle tenebre o in un isolamento assoluto, altri soffrono, per lunghi anni, le angosce dell'ultima ora, oppure si credono ancora in questo mondo. Ma per costui la luce brilla ancora; il suo Spirito gode della pienezza delle sue facoltà; egli sa perfettamente di essere morto e non si lamenta di nulla; non chiede alcuna assistenza e sfida ancora le leggi divine e umane. Sfuggirà egli, dunque, alla punizione? No. Il fatto è che la giustizia di Dio si compie sotto tutte le forme, e ciò che fa la gioia degli uni costituisce il tormento degli altri. Questa luce è il suo supplizio e contro di essa egli si ribella. E, malgrado il suo orgoglio, lo confessa quando dice: "Io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa". E in quest'altra frase: "La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere". Queste parole — la sottigliezza del mio essere — sono caratteristiche; con esse, infatti, egli riconosce che il suo corpo è fluidico ed è penetrabile dalla luce, alla quale egli non può sfuggire; e questa luce lo penetra come una freccia acuminata.

Questo Spirito viene collocato fra gli Spiriti induriti, poiché si è astenuto per lungo tempo dal manifestare il minimo pentimento. È un esempio di quella verità, secondo la quale non sempre il progresso morale segue il processo intellettuale. A poco a poco, tuttavia, egli si è corretto e, più tardi, ha dato delle comunicazioni saggiamente ragionate e istruttive. Oggi egli può essere collocato fra gli Spiriti pentiti.

Le nostre guide spirituali, pregate di esprimere il loro giudizio su questo argomento, hanno dettato le tre comunicazioni che riportiamo qui di seguito e che meritano una particolare attenzione.


I


Dal punto di vista delle esistenze, gli Spiriti nell'erraticità possono considerarsi inattivi e in aspettativa. Ma nel frattempo essi possono espiare, ammesso che il loro orgoglio e la incredibile tenacia nei loro errori non li trattengano al momento della loro progressiva ascesa. Voi ne avete un esempio terribile nell'ultima comunicazione di questo criminale incallito, il quale si dibatte contro la giustizia divina che lo serra dopo quella degli uomini. Allora, in casi simili, l'espiazione, o piuttosto la fatale sofferenza che li opprime, invece di giovare e di far loro cogliere il profondo significato delle loro pene, li inasprisce nella ribellione, e fa loro emettere quei mormorii che le Scritture, nella loro poetica eloquenza, chiamano il digrignar dei denti. Immagine, questa, simbolica per eccellenza! Segno della sofferenza avvilita ma non sottomessa! Perduta nel dolore, ma la cui rivolta è ancora abbastanza grande per rifiutare di riconoscere la verità della pena e la verità della ricompensa!

I grandi errori si susseguono spesso, anzi quasi sempre, nel mondo degli Spiriti; allo stesso modo, le grandi coscienze criminali. Essere sé stessi, malgrado tutto, e sfilare davanti all'infinito assomiglia all'accecamento di quell'uomo che contempla le stelle e le scambia per gli arabeschi di un soffitto, così come credevano i Galli al tempo di Alessandro.

L'infinito morale esiste! Miserabile e infimo è colui che, con il pretesto di continuare le lotte e le abiette imposture della Terra, non vede più lontano, nell'altro mondo, di quanto non vedesse sulla Terra! Per costui, l'accecamento, il disprezzo degli altri, il culto egoistico e meschino della personalità e l'arresto del progresso. O uomini, è ben vero che esiste un accordo segreto tra l'immortalità di un uomo puro lasciato sulla Terra, e l'immortalità che gli Spiriti realmente custodiscono nelle loro prove successive.

Lamennais


II


Precipitare un uomo nelle tenebre o tra i fiotti di luce: il risultato non è forse lo stesso? Nell'uno e nell'altro caso, egli non vede niente di ciò che lo circonda, e si abituerà anzi più rapidamente all'oscurità che alla monotona luminosità elettrica nella quale può trovarsi immerso. Dunque, lo Spirito con cui abbiamo comunicato nell'ultima seduta esprime bene la realtà della sua situazione, quando dice: "Saprò lottare contro questa luce odiosa!" Infatti, questa luce è tanto più terribile, tanto più spaventosa in quanto lo trapassa completamente, rendendo visibili e palesi i suoi pensieri più segreti. È questo uno dei lati più crudeli della sua punizione spirituale. Egli si trova, per così dire, nella casa di vetro invocata da Socrate, e questo è ancora un insegnamento, perché ciò che sarebbe stato la gioia e la consolazione del saggio, diviene la punizione infamante e continua del malvagio, del criminale, del parricida, che rimane sgomentato nel più profondo della sua personalità.

Comprendete, figli miei, il dolore e il terrore che devono tormentare colui che per tutta una sinistra esistenza si è compiaciuto di combinare, di macchinare i delitti più malvagi nel profondo del suo essere, in cui si rifugiava come una belva nella sua tana, e che oggi si ritrova scacciato da quel rifugio nascosto, dove egli si sottraeva agli sguardi e alle indagini dei suoi simili? Ora la sua maschera d'impassibilità gli viene strappata via, e i suoi pensieri, uno dopo l'altro, si riflettono sulla sua fronte!

Sì, ormai, non c'è più nessuna pace, nessun rifugio per questo terribile criminale. Ogni cattivo pensiero — e Dio sa se la sua anima ne esprime — si tradisce fuori e dentro di lui, come sotto una scossa elettrica superiore. Cerca di sfuggire alla moltitudine, e la luminosità odiosa lo trafigge continuamente a giorno. Vuole fuggire, e fugge con una corsa affannosa e disperata attraverso gli incommensurabili spazi. E dappertutto la luce! Dappertutto gli sguardi che s'immergono in lui! Ed egli si precipita di nuovo alla ricerca dell'ombra, alla ricerca della notte, ma l'ombra e la notte non ci sono più per lui. Allora, in suo aiuto, chiama la morte; ma la morte non è che una parola priva di senso. L'infelice fugge sempre! Marcia verso la follia spirituale, castigo terribile, dolore spaventoso, dove si dibatterà contro sé stesso per liberarsi di sé stesso. Questa, infatti, è la legge suprema al di là della Terra: è il colpevole che diventa il più inesorabile castigo di sé stesso.

Quanto tempo durerà questo stato di cose? Fino al momento in cui la sua volontà, alfine vinta, si piegherà alla dilaniante stretta del rimorso; fino al momento in cui la sua fronte superba si umilierà davanti alle sue vittime ormai placate e davanti agli Spiriti di giustizia E osservate l'alta logica delle immutabili leggi: anche in questo, lo Spirito realizzerà ciò che scriveva in quella altezzosa comunicazione, così chiara, così lucida e così perversamente piena di sé, che egli ha trasmesso venerdì scorso, liberandosi con un atto della sua stessa volontà.

Éraste


III


La giustizia umana non fa alcuna eccezione riguardo all'individualità degli esseri che deve punire. Commisurando il delitto al delitto stesso, essa colpisce indistintamente coloro che l'hanno commesso, e la medesima pena raggiunge il colpevole senza distinzione di sesso e qualunque sia la sua educazione. La giustizia divina procede diversamente. Lepunizioni corrispondono al grado di avanzamento degli esseri ai quali esse sono inflitte. L'eguaglianza del crimine non costituisce l'eguaglianza tra gli individui; due uomini colpevoli, col medesimo capo d'accusa, possono essere separati dalla diversità delle prove, sprofondando l'uno nell'opacità intellettiva dei primi cerchi iniziali, mentre l'altro, avendo oltrepassato quei cerchi, dispone della lucidità che affranca lo Spirito dal turbamento. Non sono più, allora, le tenebre a punire, ma la vividezza della luce spirituale. Essa trafigge l'intelligenza terrena e le fa provare gli spasimi di una piaga al vivo.

Gli esseri disincarnati, perseguitati dalla rappresentazione materiale dei loro crimini, subiscono la scossa dell'elettricità fisica: soffrono, cioè, attraverso i sensi. Coloro che sono già smaterializzati percepiscono attraverso lo Spirito un dolore di gran lunga superiore, che annienta, tra i suoi flutti amari, il ricordo dei fatti, per lasciar sussistere soltanto la nozione delle loro cause.

L'uomo può, dunque, malgrado la criminalità delle sue azioni, possedere un avanzamento interiore e, mentre le passioni lo fanno agire come un bruto, le sue migliorate facoltà lo elevano al di sopra della densa atmosfera degli strati inferiori. L'assenza di ponderazione e di equilibrio, tra il progresso morale e il progresso intellettivo, produce le anomalie così frequenti nelle epoche di materialismo e di transizione.

La luce, dunque, che tortura lo Spirito colpevole è precisamente il raggio spirituale, che inonda con la sua luminosità i segreti recessi del suo orgoglio e gli discopre la vacuità del suo essere frammentario. Sono questi i primi sintomi e le prime angosce dell'agonia spirituale. Essi annunciano la separazione o dissoluzione degli elementi intellettuali e materiali, che compongono la primitiva dualità umana e che debbono scomparire nella grandiosa unità dell'essere compiuto.

Jean Reynaud


Queste tre comunicazioni, ottenute simultaneamente, si completano l'una con l'altra e presentano il castigo sotto un nuovo aspetto, eminentemente filosofico e razionale. È probabile che gli Spiriti, volendo trattare questo problema dopo un esempio, abbiamo provocato, a tal fine, la comunicazione spontanea dello Spirito colpevole.

A fianco di questo quadro, basato su un fatto, ecco, per stabilire un parallelo, il quadro che un predicatore traccia dell'inferno, durante la Quaresima, a Montreuil-sur-Mer, nel 1864:

"Il fuoco dell'inferno è milioni di volte più intenso di quello della Terra. Inoltre, se accadesse che uno dei corpi che vi bruciano, e che mai si consumano, fosse gettato sul nostro pianeta, lo appesterebbe da un capo all'altro! L'inferno è una vasta e oscura caverna, irta di chiodi acuminati, di lame di spada ben appuntite, di lame di rasoio ben affilate, nella quale vengono scagliate le anime dei dannati" (vedere la Rivista Spiritista del luglio 1864, pag. 199).