17. Un'ultima argomentazione a favore dell'eternità delle pene è il seguente:
"La paura di un castigo eterno è un freno; se lo si toglie, l'uomo,
non temendo più nulla, si abbandonerà a ogni trasgressione."
Confutazione — Questo
ragionamento sarebbe giusto, se la non-eternità delle pene comportasse
la soppressione di ogni sanzione penale. La condizione felice o infelice
nella vita futura è una conseguenza rigorosa della giustizia di Dio,
poiché un'uguaglianza di situazione tra l'uomo buono e l'uomo perverso
sarebbe la negazione di questa giustizia. Ma per il fatto di non essere
eterno, non è che il castigo sia meno penoso; inoltre, tanto più lo si
teme quanto più vi si crede, e tanto più vi si crede quanto più esso è
razionale. Una pena alla quale non si creda non è più un freno, e
l'eternità delle pene fa parte di questo caso.
La credenza
nelle pene eterne, come già abbiamo detto, ha avuto la sua utilità e la
sua ragion d'essere in una certa epoca; al giorno d'oggi, non solo essa
non impressiona più, ma genera non credenti. Prima di porla come una
necessità, bisognerebbe dimostrarne la realtà. Bisognerebbe,
soprattutto, che se ne vedesse l'efficacia su coloro che la preconizzano
e si sforzano di dimostrarla. Disgraziatamente, tra di essi, troppi
dimostrano con le loro azioni di non esserne affatto spaventati. Se tale
credenza è impotente a reprimere il male in quanti dicono di credervi,
quale potere può essa avere su coloro che non vi credono?