IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Capitolo III - IL CIELO

1. La parola cielo, generalmente, designa lo spazio indefinito che circonda la Terra e, più in particolare, la parte che è al di sopra del nostro orizzonte. Essa viene dal latino caelum, formata dal greco coïlos, cavo, concavo, perché il cielo si presenta ai nostri occhi come una immensa concavità. Gli Antichi credevano all'esistenza di molti cieli sovrapposti, composti di materia solida e trasparente, che formavano delle sfere concentriche, il cui centro era la Terra. Queste sfere, girando attorno alla Terra, trascinavano con sé gli astri che si trovavano nel loro circuito.

Questa idea, che era conforme alla insufficienza di cognizioni astronomiche, fu quella di tutte le teogonie che fecero dei cieli, così scaglionati, i diversi gradi della beatitudine; l'ultimo era la dimora della suprema felicità. Secondo l'opinione comune ce n'erano sette; da qui l'espressione essere al settimo cielo, per esprimere una perfetta felicità. I Musulmani ne ammettono nove, in ognuno dei quali la felicità dei credenti si accresce. L'astronomo Tolomeo [1] ne contava undici, l'ultimo dei quali era chiamato Empireo, [2] a causa della luce splendente che vi regna. Questo è ancor oggi il nome poetico dato al luogo della gloria eterna. La teologia cristiana riconosce tre cieli: il primo è quello della regione dell'aria e delle nuvole; il secondo è quello dove si muovono gli astri; il terzo, al di là della regione degli astri, è la dimora dell'Altissimo, la dimora degli eletti, che contemplano Dio faccia a faccia. È secondo questa credenza che si narra che san Paolo fu elevato al terzo cielo.

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[1] Tolomeo visse ad Alessandria, in Egitto, nel secondo secolo dell'Era Cristiana.

[2] Empireo, dal greco pŷr, fuoco.
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2. Le differenti dottrine, relativamente alla dimora dei più beati, si basano tutte sul doppio errore, secondo cui la Terra è il centro dell’Universo, e la regione degli astri è limitata. È al di là di questo limite immaginario che tutte le dottrine hanno collocato questa residenza fortunata, la dimora dell'Onnipotente. Singolare anomalia, questa, che colloca l'Autore di tutte le cose, Colui che tutte le governa, ai confini della Creazione, invece che nel centro, da dove l'irraggiamento del Suo pensiero potrebbe estendersi su tutto!

3. La Scienza, con l'inesorabile logica dei fatti e dell'osservazione, ha portato la sua fiaccola fin nelle profondità dello spazio e ha mostrato la nullità di tutte queste teorie. La Terra non è più il perno dell'Universo, ma uno dei più piccoli astri che ruotano nell'immensità; il Sole stesso non è che il centro d'un vortice planetario; le stelle sono innumerevoli Soli attorno ai quali ruotano innumerevoli mondi, separati da distanze appena accessibili al pensiero, quantunque a noi sembrino toccarsi. In questo grandioso insieme, retto dalle eterne leggi dove si rivelano la saggezza e tutta la potenza del Creatore, la Terra non appare che come un punto impercettibile e uno dei meno favoriti riguardo ad abitabilità. Quindi ci si domanda perché mai Dio ne avrebbe fatta l'unica sede della vita e vi avrebbe relegato le sue creature predilette. Tutto, al contrario, dimostra che la vita è dappertutto, e che l'Umanità è infinita come l'Universo. Rivelandoci la Scienza mondi simili alla Terra, se ne deduce che Dio non avrebbe potuto crearli senza un fine. Egli ha dovuto perciò popolarli di esseri capaci di governarli.

4. Le idee dell'uomo risultano in ragione di ciò ch'egli sa; come tutte le scoperte importanti, quella della costituzione dei mondi ha dovuto imprimere a esse un altro corso. Sotto l'influenza di queste nuove conoscenze, le credenze hanno dovuto modificarsi, il Cielo è stato dislocato; la regione stellare, essendo senza limiti, non può più servirgli. Dove sta, allora? Di fronte a tale questione tutte le religioni restano mute.

Lo Spiritismo viene a risolverla dimostrando il vero destino dell'uomo. Presi come punto di partenza la natura di quest'ultimo egli attributi di Dio, si arriva alla conclusione; vale a dire che partendo dal conosciuto si arriva allo sconosciuto attraverso una deduzione logica, senza parlare delle osservazioni dirette che lo Spiritismo permette di fare.

5. L'uomo si compone di corpo e di Spirito. Lo Spirito è l'essere principale, razionale, intelligente. Il corpo è l'involucro materiale che riveste temporaneamente lo Spirito per l'adempimento della sua missione sulla Terra e l'esecuzione del lavoro necessario al suo avanzamento. Il corpo, una volta usato, si distrugge, mentre lo Spirito sopravvive alla sua distruzione. Senza lo Spirito, il corpo non è che una materia inerte, è come uno strumento privato del braccio che lo fa agire; senza il corpo, lo Spirito è tutto: la vita e l'intelligenza. Abbandonando il corpo, esso torna nel mondo spirituale, da cui era uscito per incarnarsi.

Esistono, pertanto, due mondi: quello corporeo, composto dagli Spiriti incarnati, e quello spirituale composto dagli Spiriti disincarnati. Gli esseri del mondo corporeo, per il fatto stesso di avere un involucro materiale, sono attaccati alla Terra o a un qualsiasi globo; il mondo spirituale è dappertutto, intorno a noi e nello Spazio; nessun limite è a esso assegnato. In ragione della natura fluidica del loro involucro, gli esseri che lo compongono, invece di trascinarsi penosamente sul suolo, superano le distanze con la rapidità del pensiero. La morte del corpo non è che la rottura dei lacci che lo tengono prigioniero.

6. Gli Spiriti sono creati semplici e ignoranti, ma dotati di attitudini per conoscere tutto e per progredire, in virtù del loro libero arbitrio. Con il progresso, essi acquisiscono nuove conoscenze, nuove facoltà, nuove percezioni e, di conseguenza, nuovi piaceri, sconosciuti agli Spiriti inferiori; essi vedono, ascoltano, sentono e comprendono ciò che gli Spiriti arretrati non possono né vedere né ascoltare né sentire né comprendere. La felicità è in ragione del progresso compiuto; di modo che, di due Spiriti, l'uno può non essere felice quanto l'altro, unicamente perché non è altrettanto avanzato intellettualmente e moralmente, senza che per questo sia necessario che stiano, ciascuno, in un luogo diverso. Pur stando l'uno al fianco dell'altro, l'uno può trovarsi nelle tenebre, mentre tutto è risplendente attorno all'altro, esattamente come per un cieco e un vedente che si diano la mano: questo percepisce la luce, da cui quello non riceve la minima impressione. Essendo la felicità degli Spiriti inerente alle loro qualità, essi l'attingono in ogni luogo in cui si trovino, sulla superficie della Terra, nell'ambiente degli incarnati o nello Spazio.

Un comune paragone farà ancor meglio comprendere questa situazione. Poniamo che in un concerto si trovino due individui, l'uno buon musicista dall'orecchio esercitato, l'altro senza alcuna conoscenza della musica e dall'udito poco delicato. Il primo prova una sensazione di felicità, mentre il secondo resta insensibile, perché l'uno comprende e percepisce ciò che, invece, non fa alcuna impressione sull'altro. Così avviene per tutte le gioie degli Spiriti, le quali sono proporzionate alla capacità che ognuno ha di percepirle. Il mondo spirituale possiede dappertutto splendori, armonie e sensazioni che gli Spiriti inferiori, ancora sottoposti alla influenza della materia, non intravedono neppure, e che sono accessibili solo agli Spiriti purificati

7. Il progresso, presso gli Spiriti, è il frutto del loro stesso lavoro; ma, poiché sono liberi, lavorano per il loro avanzamento con più o meno operosità, con più o meno negligenza, secondo la loro volontà; essi accelerano, così, o ritardano il loro progresso e, di conseguenza, la loro felicità. Mentre alcuni avanzano rapidamente, altri languono per lunghi secoli nei ranghi inferiori. Sono essi stessi, dunque, gli artefici della loro situazione, felice o infelice che sia, secondo queste parole del Cristo: "A ciascuno secondo le sue opere!" Ogni Spirito che resti indietro non può prendersela che con sé stesso, così come quello che avanza ne ha tutto il merito; la felicità che egli ha così conquistata non ha che maggior valore ai suoi occhi.

La suprema felicità è appannaggio solo degli Spiriti perfetti, altrimenti detti puri Spiriti. Essi non la ottengono se non dopo aver progredito in intelligenza e in moralità. Il progresso intellettuale e il progresso morale raramente marciano fianco a fianco; ma quanto lo Spirito non ottiene in un determinato tempo, l'otterrà in un altro, di modo che i due progressi finiranno per raggiungere il medesimo livello. Questa è la ragione per cui si vedono spesso individui intelligenti e colti molto poco avanzati moralmente, e viceversa.

8. L'incarnazione è necessaria al doppio progresso morale e intellettuale dello Spirito: al progresso intellettuale, per l'attività ch'egli è obbligato a svolgere nel lavoro; al progresso morale, per il bisogno che gli uomini hanno gli uni degli altri. La vita sociale è la pietra di paragone delle buone e delle cattive qualità. La bontà, la cattiveria, la dolcezza, la violenza, la benevolenza, la carità, l'egoismo, l'avarizia, l'orgoglio, l'umiltà, la sincerità, la franchezza, la lealtà, la malafede, l'ipocrisia, in una parola tutto ciò da cui è costituito l'uomo dabbene o l'uomo perverso ha per movente, per scopo e per stimolo i rapporti dell'uomo con i suoi simili. Per l'uomo che vivesse isolato non ci sarebbero né vizi né virtù; se con l'isolamento si preserva dal male, egli si preclude anche il bene.

9. Una sola esistenza corporea è manifestamente insufficiente perché lo Spirito possa acquisire tutto ciò che di bene gli manca, e disfarsi di tutto ciò che di male è in lui. Il selvaggio, per esempio, potrebbe mai, in una sola incarnazione, raggiungere il livello morale e intellettuale dell'europeo più avanzato? Ciò è materialmente impossibile. Si deve, dunque, rimanere eternamente nell'ignoranza e nella barbarie, privati dei piaceri che soltanto lo sviluppo delle facoltà può procurare? Il semplice buon senso respinge una tale supposizione, che sarebbe nello stesso tempo la negazione della giustizia e della bontà di Dio e quella della legge progressiva della Natura. È per questo che Dio, sovranamente giusto e buono, accorda allo Spirito dell'uomo tante esistenze quante sono necessarie per raggiungere il suo obiettivo, che è la perfezione.

In ogni nuova esistenza, lo Spirito apporta ciò che ha acquisito, nelle esistenze precedenti, in attitudini, in conoscenze intuitive, in intelligenza e in moralità. Ogni esistenza si trova così a essere un passo avanti sulla via del progresso (vedere cap. I, n. 3, nota n. 1).

L'incarnazione è inerente alla inferiorità degli Spiriti; essa non è più necessaria a coloro che ne hanno superato il limite, che progrediscono nello stato spirituale, o nelle esistenze corporee dei mondi superiori, e che nulla hanno più della materialità terrena. Da parte di questi, l'incarnazione è volontaria, avendo lo scopo di esercitare sugli incarnati un'azione più diretta e tendendo alla realizzazione della missione di cui essi sono incaricati, accanto a loro. Così, con abnegazione, gli Spiriti ne accettano le vicissitudini e le sofferenze.

10. Nell'intervallo delle esistenze corporee, lo Spirito torna, per un tempo più o meno lungo, nel mondo spirituale, dove egli è o felice o infelice a seconda del bene o del male che ha compiuto. Lo stato spirituale è lo stato normale dello Spirito, poiché questo deve essere il suo stato definitivo e poiché il corpo spirituale non muore mai. Lo stato corporeo non è che transitorio e passeggero. È soprattutto nello stato spirituale ch'egli raccoglie i frutti del progresso realizzato con il suo lavoro durante l'incarnazione. Ed è anche allora ch'egli si prepara a nuove lotte e prende le risoluzioni che si sforzerà di mettere in pratica al suo ritorno nell'Umanità.

Lo Spirito progredisce egualmente nell'erraticità. Egli vi attinge conoscenze speciali che modificano le sue idee e che egli non potrebbe acquisire sulla Terra. Lo stato corporeo e lo stato spirituale sono per lui l'origine di due tipi di progresso correlati l'uno con l'altro; è per questo che passa, alternativamente, nelle esistenze peculiari a ciascuno dei due mondi.

11. La reincarnazione può aver luogo sulla Terra o su altri mondi. Fra gli altri mondi, ve ne sono alcuni più avanzati di altri, dove l'esistenza si svolge in condizioni meno penose che sulla Terra, sia fisicamente che moralmente, ma dove non sono ammessi che Spiriti giunti a un grado di perfezione relativamente allo stato di questi mondi.

La vita nei mondi superiori è già una ricompensa, perché qui si è preservati dalle vicissitudini e dai mali ai quali si è esposti sulla Terra. I corpi meno materiali, quasi fluidici, non sono qui soggetti né alle malattie né alle infermità né alle stesse necessità. Essendone i cattivi Spiriti esclusi, gli uomini qui vivono in pace, senza altra preoccupazione che quella del loro avanzamento, per mezzo del lavoro intellettuale. Nei mondi superiori regna la vera fraternità, perché non c'è egoismo; la vera uguaglianza, perché non c'è orgoglio; la vera libertà, perché non ci sono né disordini da reprimere, né ambiziosi che cercano di opprimere il debole. Paragonati alla Terra, questi mondi sono dei veri paradisi; e sono le tappe del cammino del progresso che conduce allo stato definitivo. Essendo la Terra un mondo inferiore destinato alla purificazione degli Spiriti imperfetti, è questa la ragione per cui il male vi domina finché piacerà a Dio farne la dimora di Spiriti più avanzati.

È così che lo Spirito, progredendo gradualmente nella misura in cui si sviluppa, giunge all'apogeo della felicità. Ma, prima d'aver raggiunto il punto culminante della perfezione, egli gode di una felicità relativa al suo avanzamento, così come il bimbo gioisce dei piaceri della prima età, più tardi di quelli della giovinezza e, finalmente, di quelli più concreti dell'età matura.

12. La felicità degli Spiriti beati non consiste nella oziosità contemplativa, che sarebbe, come spesso è stato detto, una eterna e intollerabile inutilità. La vita spirituale, a tutti i suoi livelli, è al contrario una costante operosità, ma un'operosità esente da fatiche. La suprema felicità consiste nel godimento di tutti gli splendori della creazione, che nessun linguaggio umano potrebbe rendere, e che neppure la immaginazione più feconda saprebbe concepire. Consiste ancora nella conoscenza profonda di tutte le cose; nell'assenza di ogni sofferenza fisica e morale; in una intima soddisfazione, in una serenità d'animo che niente riesce ad alterare; nell'amore puro che unisce tutti gli esseri, grazie all'assenza di ogni attrito a causa del contatto coi malvagi. Ma la suprema felicità consiste soprattutto, nella contemplazione di Dio e nella comprensione dei suoi misteri rivelati ai più degni. Essa consiste anche nei compiti per i quali si è felici di essere incaricati. I puri Spiriti sono i Messia o messaggeri di Dio, per la trasmissione e l'esecuzione delle sue volontà; essi compiono le grandi missioni, presiedono alla formazione dei mondi e dell'armonia generale dell'Universo, compito glorioso al quale si giunge solo con la perfezione. Quelli dell'ordine più elevato sono i soli a possedere i segreti di Dio, ispirandosi al Suo pensiero, di cui sono i diretti rappresentanti.

13. Le attribuzioni degli Spiriti sono proporzionate al loro avanzamento, ai lumi ch'essi posseggono, alle loro capacità, alla loro esperienza e al grado di fiducia ch'essi ispirano al Signore sovrano. Qui nessun privilegio, nessun favore che non sia il premio al merito: tutto è misurato e pesato sulla bilancia della rigorosa giustizia. Le missioni più importanti sono affidate solo a quelli che Dio considera adatti a eseguirle, e incapaci di fallire o di comprometterne i risultati. Mentre, sotto l'occhio stesso di Dio, i più degni compongono il consiglio supremo, a capi superiori è affidata la direzione dei vortici planetari; ad altri è conferita quella dei mondi speciali. Seguono, quindi, secondo l'ordine dell'avanzamento e della subordinazione gerarchica, le attribuzioni più limitate di coloro che sono preposti all'evoluzione dei popoli, alla protezione delle famiglie e degli individui, all'impulso di ogni branca del progresso, alle diverse operazioni della Natura fino ai più infimi dettagli della creazione. In questo vasto e armonioso insieme, ci sono occupazioni per tutte le capacità, per tutte le attitudini, per tutte le buone volontà; occupazioni accettate con gioia, sollecitate con ardore, perché sono un mezzo d'avanzamento per gli Spiriti che aspirano a elevarsi.

14. Accanto alle grandi missioni affidate agli Spiriti superiori, ce ne sono poi altre, di ogni grado d'importanza, concesse agli Spiriti di tutti gli ordini; dal che si può affermare che ogni incarnato ha la sua missione, ha cioè dei doveri da compiere, per il bene dei suoi simili: dal padre di famiglia, cui spetta la cura di far progredire i figli, fino all'uomo di genio che lancia nella società nuovi elementi di progresso. È in queste missioni secondarie che spesso si verificano delle inadempienze, delle prevaricazioni, dei rifiuti, ma che pregiudicano solo l'individuo e non l'insieme.

15. Tutte le intelligenze concorrono, dunque, all'opera generale, a qualsiasi grado esse siano giunte, e ciascuna secondo la misura delle sue forze; le une allo stato d'incarnazione, le altre allo stato di Spirito. Dappertutto, dal basso fino all'alto della scala, c'è operosità, tutte istruendosi, aiutandosi a vicenda, prestandosi mutuo appoggio, tendendosi la mano per raggiungere la sommità.

Così si stabilisce la solidarietà tra il mondo spirituale e il mondo corporeo, in altre parole, tra gli uomini e gli Spiriti, tra gli Spiriti liberi e gli Spiriti prigionieri. Così si perpetuano e si consolidano, attraverso la purificazione e la continuità dei rapporti, le vere simpatie e i nobili affetti.

Dappertutto, dunque, movimento e vita. Non un angolo dell'infinito che non sia popolato; non una regione che non sia incessantemente percorsa da innumerevoli legioni di esseri radiosi, invisibili per i rozzi sensi degli incarnati, ma la cui vista riempie di ammirazione e di gioia le anime liberatesi dalla materia. Dappertutto, infine, c'è una felicità relativa a tutti i progressi, a tutti i doveri compiuti; ciascuno racchiude in sé gli elementi della sua felicità, in ragione della categoria in cui lo colloca il suo grado d'avanzamento.

La felicità attiene alle qualità stesse degli individui, e non allo stato materiale dell'ambiente in cui essi si trovano. La felicità è perciò ovunque ci siano degli Spiriti capaci d'essere felici; nessun posto delimitato le è assegnato nell'Universo. In qualsiasi luogo si trovino, i puri Spiriti possono contemplare la maestà divina, perché Dio è dappertutto.

16. Tuttavia la felicità non è affatto personale. Se non la si attingesse che in sé stessi, se non si potesse condividerla con altri, sarebbe cosa tristemente egoista; tuttavia essa si trova anche nella comunione di idee che unisce tra loro gli esseri simpatici. Gli Spiriti felici, attirati gli uni verso gli altri dalla similitudine delle idee, dei gusti e dei sentimenti, formano vasti gruppi, o famiglie, omogenei, in seno ai quali ogni individualità irradia le proprie qualità e si pervade degli effluvi sereni e benefici che vengono emanati dall'insieme. I membri di questo insieme ora si disperdono per attendere alla loro missione, ora si riuniscono in un punto qualunque dello Spazio per mettersi vicendevolmente a parte del risultato dei loro lavori, ora si radunano attorno a uno Spirito di un ordine più elevato per riceverne consigli e istruzioni.

17. Benché gli Spiriti siano dappertutto, i mondi sono i centri dove essi si radunano di preferenza, in virtù dell'analogia che esiste tra loro e quelli che li abitano. Attorno ai mondi avanzati abbondano gli Spiriti superiori; attorno ai mondi arretrati pullulano gli Spiriti inferiori.

La Terra è ancora uno di questi ultimi. Ogni globo ha, dunque, praticamente una sua propria popolazione in Spiriti incarnati e disincarnati, che si alimenta, per la maggior parte, attraverso l'incarnazione e la disincarnazione degli Spiriti stessi. Questa popolazione è più stabile nei mondi inferiori dove gli Spiriti sono più attaccati alla materia, ed è più fluttuante nei mondi superiori. Ma da questi mondi, veri centri di luce e di felicità, si distaccano degli Spiriti che vanno verso i mondi inferiori, per seminarvi i germi del progresso, per portarvi la consolazione e la speranza, per risollevare gli animi abbattuti dalle prove della vita. Talvolta vi si incarnano per compiere la loro missione con maggior efficacia.

18. In questa immensità senza limiti, dove sta dunque il Cielo? In ogni parte. Nessuna recinzione ne traccia i limiti. I mondi felici sono le ultime stazioni che conducono lì; le virtù ne spianano il cammino, i vizi ne interdicono l'accesso.

Di fronte a questo quadro grandioso, che popola tutti gli angoli dell'Universo, che dà a tutte le cose della Creazione un fine e una ragion d'essere, come piccola e meschina è la dottrina che circoscrive l'Umanità su un punto impercettibile dello Spazio, che ce la mostra come se iniziasse a un determinato istante per finire egualmente un giorno insieme al mondo che la contiene, non abbracciando così che un minuto nell'eternità! Come questa dottrina è triste, fredda e glaciale, quando ci descrive il resto dell'Universo prima, durante e dopo l'Umanità terrestre, senza vita, senza movimento, come un immenso deserto immerso nel silenzio! Come questa dottrina è deprimente, con il ritratto ch'essa fa dell'esiguo numero degli eletti votati alla contemplazione perpetua, mentre la maggior parte delle creature è condannata a sofferenze senza fine! Come essa è, per i cuori sensibili, lacerante con l'idea di questa barriera ch'essa pone tra i morti e i vivi! Le anime felici, dicono, non pensano che alle loro felicità; quelle che sono infelici alle loro sofferenze. E c'è forse da stupirsi se l'egoismo regna sulla Terra, quando lo si mostra già nel Cielo? Quanto è allora gretta l'idea che questa dottrina dà della grandezza, della potenza e della bontà di Dio!

Quanto è sublime, al contrario, quella che ne dà lo Spiritismo! Quanto la sua dottrina approfondisce le idee, quanto amplia la mente! Ma chi dice che essa è vera? La Ragione prima di tutto, la Rivelazione in seguito, e poi la sua concordanza con i progressi della Scienza. Tra due dottrine, delle quali l'una sminuisce e l'altra esalta gli attributi di Dio, delle quali l'una resta indietro e l'altra marcia in avanti, il buon senso dice da quale parte sta la verità. Che di fronte alle due ciascuno nel suo intimo interroghi le sue aspirazioni, e una voce interiore gli risponderà. Le aspirazioni sono la voce di Dio, e Dio non può ingannare gli uomini.

19. Ma allora perché Dio, fin dal principio, non ha rivelato loro tutta la verità? Per la medesima ragione per cui non si insegna al bambino ciò che va insegnato in età matura. La Rivelazione limitata è stata sufficiente durante un certo periodo dell'Umanità: Dio la commisura alle forze dello Spirito. Coloro che ricevono oggi una Rivelazione più completa sono i medesimi Spiriti che ne hanno già ricevuta una parziale in altri tempi, ma che da allora si sono intellettualmente elevati.

Prima che la Scienza rivelasse agli uomini le forze vive della Natura, la costituzione degli astri, il vero molo e la formazione della Terra, avrebbero potuto essi comprendere l'immensità dello Spazio e la pluralità dei mondi? Prima che la Geologia comprovasse la formazione della Terra, avrebbero gli uomini potuto far sloggiare l'inferno dal loro animo, e comprendere il senso allegorico dei sei giorni della Creazione? Prima che l'Astronomia avesse scoperto le leggi che reggono l'Universo, avrebbero essi potuto comprendere che non esiste né alto né basso nello Spazio, che il cielo non sta al disopra delle nuvole né è limitato dalle stelle? Prima dei progressi della scienza psicologica, avrebbero essi potuto identificarsi con la vita spirituale? Avrebbero essi potuto concepire, dopo la morte, una vita felice o infelice, anziché in un luogo circoscritto e sotto una forma materiale? No. Comprendendo più attraverso i sensi che attraverso il pensiero, l'Universo era troppo vasto per la loro mente. Bisognava ridurlo a delle proporzioni meno estese, per sottoporlo al loro punto di vista, per estenderlo più tardi. Una rivelazione parziale aveva la sua utilità; essa era saggia allora, così come è insufficiente al giorno d'oggi. Il torto è di coloro che, non tenendo affatto conto del progresso delle idee, credono di poter governare degli uomini intellettivamente maturi con le briglie dell'infanzia (vedere Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. III).