Il castigo
Esposizione
generale dello stato dei colpevoli, al loro ingresso nel mondo degli
Spiriti, dettata alla Società Spiritista di Parigi nell'ottobre del 1860
Gli Spiriti malvagi, egoisti e duri sono, subito dopo la morte,
presi da un dubbio crudele riguardo al loro destino presente e futuro.
Essi si guardano intorno; e dapprima non vedono alcun soggetto sul quale
possa esercitarsi la loro malvagia personalità, poi la disperazione
s'impadronisce di loro, poiché l'isolamento e l'inattività sono
intollerabili per gli Spiriti malvagi. Essi non levano mai lo sguardo
sui luoghi abitati dai puri Spiriti; considerano soltanto ciò che li
circonda. E ben presto, colpiti dall'avvilimento degli Spiriti fragili e
in punizione, si avventano su di loro come su di una preda, servendosi
del ricordo delle passate colpe di costoro, colpe che essi continuamente
mettono in campo per le loro gesta derisorie. Non essendo questo
ludibrio a loro sufficiente, si precipitano sulla Terra come avvoltoi
affamati; cercano fra gli uomini l'anima che aprirà un più facile
accesso alle loro tentazioni; se ne impossessano, eccitano le sue
bramosie e cercano di spegnere la sua fede in Dio. Quando, infine,
padroni di una coscienza, vedono assicurata la loro preda, estendono il
loro fatale contagio a tutto ciò che è vicino alla loro vittima.
Lo Spirito malvagio nel manifestare la sua rabbia è quasi felice;
soffre soltanto nei momenti in cui non agisce e anche in quelli in cui
il bene ha ragione del male.
Tuttavia i secoli passano. Il
cattivo Spirito sente tutt'a un tratto le tenebre invaderlo. Il suo
cerchio d'azione si restringe. La sua coscienza, muta fino ad allora,
gli fa sentire le fitte acute del pentimento. Inattivo, trascinato dal
turbine, egli erra, sentendo, come dicono le Scritture, i peli della sua
carne rizzarsi per il terrore. Ben presto un grande vuoto si fa in lui e
attorno a lui. Il momento è giunto: deve espiare. La reincarnazione è
là, minacciosa; egli vede, come in un miraggio, le prove terribili che
lo attendono; vorrebbe indietreggiare e invece avanza. Precipitato
nell'abisso spalancato della vita, rotea atterrito finché il velo
dell'ignoranza ripiomba sui suoi occhi. Vive, agisce, è ancora
colpevole; avverte in sé un indefinito ricordo inquieto, presentimenti
che lo fanno tremare, ma non allontanare dalla via del male. Al termine
delle sue forze e delle sue colpe, egli è sul punto di morire. Disteso
su di un giaciglio o sul suo letto — che importa! — l'uomo colpevole
sente, sotto la sua apparente immobilità, muoversi e vivere dentro di sé
un mondo di sensazioni dimenticate. Sotto le palpebre chiuse vede
balenare un chiarore, e sente anche strani suoni; la sua anima che sta
per lasciare il corpo si agita impaziente, mentre le sue mani
raggrinzite tentano di aggrapparsi ai drappi. Vorrebbe parlare, vorrebbe
gridare a coloro che lo attorniano: "Trattenetemi! Io vedo il castigo!"
Ma non può. La morte si fissa sulle sue labbra illividite, e gli
astanti dicono: "Eccolo in pace!"
Tuttavia egli ode tutto;
fluttua attorno al suo corpo che non vorrebbe abbandonare; una forza
segreta lo attira; vede, riconosce ciò che ha già visto. Terrorizzato,
si lancia nello Spazio dove vorrebbe nascondersi. Niente riparo! Niente
riposo! Altri Spiriti gli rendono il male che ha fatto. A sua volta
castigato, deriso e confuso, erra ed errerà finché la luce divina
penetrerà nella sua durezza e lo rischiarerà per mostrargli il Dio che
riscatta, il Dio che trionfa su tutti i mali, e che egli potrà placare
solo a forza di gemiti ed espiazioni.
Georges
Mai quadro più eloquente, più terribile e più vero è stato tracciato
sulla sorte del malvagio. È dunque necessario far ricorso alla
fantasmagoria delle fiamme e delle torture fisiche?