IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Capitolo VIII - ESPIAZIONI TERRENE

Marcel, il bambino del n. 4


In un ospizio di provincia c'era un bambino di otto o dieci anni circa, che versava in uno stato difficile a descriversi. Egli veniva indicato soltanto con il numero 4. Completamente sfigurato, sia per deformità naturale, sia come conseguenza della malattia, le sue gambe storpie arrivavano a sfiorargli il collo; la sua magrezza era tale che allo sporgere delle ossa la pelle gli si dilaniava; il suo corpo era un'unica piaga, e le sue sofferenze atroci. Apparteneva a una povera famiglia israelita, e questa sua triste condizione durava da quattro anni. La sua intelligenza era notevole per la sua età; la sua dolcezza, la sua pazienza e la sua rassegnazione erano ammirevoli. Il medico, alle cui cure si trovava affidato, preso da pietà per questo povero essere in qualche modo abbandonato — non sembrava, infatti, che i suoi genitori venissero spesso a trovarlo — si interessò a lui, e parlava con piacere con lui, attratto dalla sua precocità intellettuale. Non solo lo trattava con bontà, ma, quando le sue occupazioni glielo permettevano, andava da lui a leggergli qualcosa, e si stupiva della chiarezza del suo giudizio su cose che sembravano decisamente al di sopra della sua età.

Un giorno il fanciullo gli dice: "Dottore, abbiate la bontà di darmi ancora delle pillole, come le ultime che mi avete prescritto". "E perché, piccolo mio?" chiede il medico. "Te ne ho date a sufficienza, e ho paura che una quantità maggiore potrebbe farti male." "Vedete... Il fatto è", riprende il fanciullo, "che io soffro a tal punto che ho un bel trattenermi per non gridare e un bel pregare Dio di darmi la forza per non disturbare gli altri malati che sono accanto a me, ma io spesso fatico molto a trattenermi. Le pillole mi addormentano, e per quel tempo almeno non disturbo nessuno".

Sono sufficienti queste parole per dimostrare l'elevatezza d'animo che quel corpo deforme racchiudeva. Dove quel fanciullo aveva attinto simili sentimenti? Di certo non poteva essere nell'ambiente in cui era stato allevato, e d'altronde, all'età in cui aveva incominciato a soffrire, non poteva ancora concepire certi ragionamenti. Essi, dunque, erano in lui innati. Ma allora perché, pur avendo quel bimbo così nobili istinti, Dio lo condannava a una vita tanto miserabile e tanto dolorosa, ammesso ch'Egli avesse creato quell'anima nello stesso tempo in cui aveva creato quel corpo, strumento di così crudeli sofferenze? Occorre, allora, o negare la bontà di Dio, o ammettere una causa anteriore, vale a dire la preesistenza dell'anima e la pluralità delle esistenze. Questo fanciullo è morto. I suoi ultimi pensieri furono rivolti a Dio e al medico caritatevole che aveva avuto pietà di lui.

Trascorso qualche tempo, il suo Spirito fu evocato presso la Società di Parigi, dove fece la seguente comunicazione (1863):

"Voi mi avete chiamato, e io sono venuto perché la mia voce si estenda al di là di questo circolo e bussi a tutti i cuori; perché l'eco che la mia voce farà vibrare si estenda fino alla loro solitudine. La mia voce ricorderà loro che l'agonia della Terra prepara alle gioie del Cielo, che la sofferenza non è che la scorza amara d'un frutto delizioso che dà coraggio e rassegnazione. La mia voce dirà agli uomini che sul giaciglio dove giace la miseria stanno gli inviati di Dio, la cui missione è quella d'insegnare all'Umanità che non c'è dolore che non possa essere sopportato con l'aiuto dell'Onnipotente e dei buoni Spiriti. La mia voce dirà loro ancora, di ascoltare i pianti che si mescolano alle preghiere, e di comprenderne la devota armonia, così diversa dagli accenti riprovevoli del pianto che si mescola alle bestemmie.

Uno dei vostri buoni Spiriti, grande apostolo dello Spiritismo, ha voluto lasciarmi stasera il suo posto. [1] Anch'io devo dire, a mia volta, qualche parola circa il progresso della vostra dottrina. Essa deve aiutare nella loro missione coloro che fra voi s'incarnano per imparare a soffrire. Lo Spiritismo sarà la pietra di paragone; essi avranno l'esempio e la voce. Ed è allora che i pianti saranno cambiati in grida d'allegria e in lacrime di gioia."

Sembra, da ciò che ci avete appena detto, che le vostre sofferenze non fossero affatto l'espiazione di errori anteriori.

«Esse non erano un'espiazione diretta, ma state pur certi che ogni dolore ha la sua giusta causa. Quello che voi avete conosciuto così miserabile è stato bello, grande, ricco e ammirato. Avevo adulatori e cortigiani, e di ciò sono andato superbo e orgoglioso. Ci fu un tempo in cui fui molto colpevole: ho rinnegato Dio e ho commesso del male nei confronti del mio prossimo; ma ho crudelmente espiato tutto questo, prima nel mondo degli Spiriti, in seguito sulla Terra. Ciò che ho sofferto, per pochi anni soltanto, in questa ultima e brevissima esistenza, io l'ho sofferto per una vita tutta intera fino all'estrema vecchiaia. Con il mio pentimento sono rientrato in grazia al cospetto del Signore, che si è degnato di affidarmi parecchie missioni, la cui ultima vi è nota. Sono stato io a sollecitarla per portare a termine la mia purificazione.

Addio, amici miei, ritornerò qualche volta tra voi. La mia missione è quella di consolare non d'istruire, ma qui sono tanti quelli, le cui ferite sono nascoste, che saranno contenti della mia venuta.»

Marcel

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[1] Sant'Agostino attraverso il medium al quale egli fa le abituali comunicazioni nella Società.
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Istruzione della guida del medium

Povero piccolo essere sofferente, scarno, piagato e deforme! Quali i gemiti ch'egli faceva risuonare in quell'asilo di miseria e di lacrime! E nonostante la sua tenera età, com'era rassegnato, quanto la sua anima già comprendeva lo scopo di quelle sofferenze! Egli capiva bene che al di là della tomba l'attendeva una ricompensa per i tanti pianti soffocati! Così, come pregava per coloro che non avevano, come lui, il coraggio di sopportare i loro mali; per coloro, soprattutto, che lanciavano al Cielo bestemmie invece di preghiere!

Se l'agonia è stata lunga, l'ora però della morte non è stata terribile. Senza dubbio, le membra si contorcevano in preda alle convulsioni e mostravano ai presenti un corpo deforme che si rivoltava contro la morte, secondo la legge della carne che vuole vivere a ogni costo. Ma un angelo planava al di sopra del letto del moribondo e cicatrizzava il suo cuore. Poi questo angelo ha portato sulle sue ali bianche quest'anima così bella che fuggiva via da quel corpo deforme, pronunciando queste parole: "Gloria sia resa a Voi, o mio Dio!" E quest'anima, salita verso l'Onnipotente, felice ha gridato: "Eccomi Signore! Voi mi avete data come missione d'imparare a soffrire. Ho io degnamente sopportata la prova?"

Ora lo Spirito del povero bambino ha ripreso le sue proporzioni: egli si libra nello spazio, andando dalla creatura debole a quella umile, e dice a tutte: "Speranza e coraggio". Liberatosi di tutta la materia e di ogni sozzura, è vicino a voi, vi parla, non più con la sua voce sofferente e gemebonda, ma con accenti decisi. E vi dice: "Quelli che mi hanno visto, hanno visto il bambino che non si lamentava, e vi hanno attinto la calma per i loro mali; i loro cuori si sono rafforzati nella dolce fiducia in Dio. Ecco lo scopo del mio breve passaggio sulla Terra".»

Sant’Agostino


Szymel Slizgol


Era un povero Israelita di Vilna, morto nel maggio del 1865. Per trent'anni, una ciotola in mano, aveva mendicato. Dappertutto nella città, si conosceva il suo grido: "Ricordatevi dei poveri, delle vedove e degli orfani!" Durante tutto quel periodo, Slizgol aveva raccolto 90.000 rubli. Ma per sé non tenne mai neppure un copeco. Consolava i malati, che curava lui stesso; pagava l'istruzione dei bambini poveri, distribuiva ai bisognosi il cibo che veniva donato a lui. Le ore della sera erano da lui destinate alla preparazione del tabacco da fiuto, che vendeva per sopperire alle proprie necessità. Ciò che gli restava apparteneva ai poveri. Szymel era solo al mondo. Il giorno dei suoi funerali, gran parte della popolazione della città seguì il corteo funebre, e i negozi rimasero chiusi.


(Società Spiritista di Parigi, 15 giugno 1865)

Evocazione. Troppo felice, e infine pervenuto alla pienezza di ciò cui più ambivo, e che ho pagato molto caro, sono qui, in mezzo a voi dall'inizio della serata. Vi ringrazio di occuparvi dello Spirito del povero mendicante, il quale con gioia, tenterà di rispondere alle vostre domande.

— Una lettera da Vilna ci ha fatto conoscere i particolari più notevoli della vostra esistenza. È per la simpatia ch'essi ci ispirano che noi abbiamo avuto il desiderio di intrattenerci con voi. Vi ringraziamo di essere venuto alla nostra chiamata, e poiché volete cortesemente risponderci, noi saremmo felici, per nostra istruzione, di conoscere la vostra situazione come Spirito e le cause che hanno motivato il genere della vostra ultima esistenza.

Innanzi tutto, accordate al mio Spirito, che ben comprende la sua vera posizione, il favore di dirvi la sua opinione su un pensiero che vi è venuto nei miei confronti. Se esso è falso, io chiedo il vostro consiglio.

Voi trovate singolare che la manifestazione pubblica abbia assunto un tale aspetto, per rendere omaggio all'uomo da nulla che ha saputo, con la sua carità, attirarsi una tale simpatia. Io non dico ciò per voi, caro maestro, né per te, caro medium, né per voi tutti Spiritisti veri e sinceri, ma io parlo per le persone indifferenti alla credenza. Non c'è in quel fatto niente di stupefacente. La forza di pressione morale che esercita la pratica del bene sull'Umanità è tale che, per quanto si possa essere materialisti, ci si inchina sempre: si venera il bene, a dispetto della tendenza che si ha verso il male.

Ora vengo alle vostre domande, che non sono dettate, da parte vostra, dalla curiosità, ma formulate semplicemente in vista dell'istruzione generale. Nel modo più breve possibile, vi dirò dunque, poiché ne ho la libertà, quali sono le cause che hanno motivato e determinato la mia ultima esistenza.

Molti secoli fa, vivevo col titolo di re, o almeno di principe sovrano. Nella sfera del mio potere, relativamente limitato in confronto ai vostri Stati attuali, io ero il padrone assoluto del destino dei miei sudditi. Agivo da tiranno, anzi, diciamo pure la parola esatta: da carnefice. Di carattere imperioso e violento, avaro e sensuale, da qui potete ben vedere quale doveva essere la sorte delle povere creature che vivevano sotto le mie leggi. Abusavo del mio potere per opprimere il debole, per trarre profitto da ogni specie di mestiere e di lavoro, di passione e di dolore, a vantaggio dei miei stessi vizi. Così, colpivo con una imposta anche il ricavato della mendicità; nessuno poteva mendicare se prima di tutto io non avessi preso la mia larga parte di ciò che la pietà umana lasciava cadere nella ciotola della miseria. E ancor di più: affinché, tra i miei sudditi, il numero dei mendicanti non diminuisse, io proibii a quegli sventurati di dare ai loro amici, ai loro parenti, ai loro vicini quella scarsa parte che loro avanzava. In una parola, io fui tutto ciò che vi è di più spietato verso la sofferenza e la miseria.

Persi, infine, ciò che voi chiamate vita fra tormenti e sofferenze orribili. La mia morte fu un modello di terrore per tutti quelli che, con me, ma su una scala meno vasta, condividevano il modo di vedere la vita. Rimasi nella condizione di Spirito errante per tre secoli e mezzo e quando, alla fine di questo lasso di tempo, compresi che lo scopo dell'incarnazione era ben diverso da quello che i miei sensi grossolani e ottusi mi avevano fatto perseguire, ottenni, a forza di preghiere, di rassegnazione e di rimorsi, il permesso di farmi materialmente carico di sopportare le medesime sofferenze — e anche più intense — che io avevo fatto patire. Ottenni questo permesso, e Dio mi concesse il diritto, attraverso il mio libero arbitrio, di accrescere le mie sofferenze morali e fisiche. Grazie al soccorso dei buoni Spiriti che mi assistevano, persistei nella mia risoluzione di praticare il bene, e di ciò rendo loro grazie, poiché mi hanno impedito di soccombere sotto l'incarico che mi ero assunto.

Infine, ho portato a termine un'esistenza che ha riscattato, con la sua abnegazione e la sua carità, ciò che l'altra aveva avuto di crudele e di ingiusto. Sono nato da genitori poveri; ben presto orfano, ho imparato a bastare a me stesso a quell'età in cui si è ancora considerati incapaci di comprendere. Ho vissuto sempre solo, senza amore, senza affetti e, anzi, all'inizio della mia vita, ho sopportato la brutalità che io avevo esercitato sugli altri. Si racconta che le somme da me raccolte sono state tutte consacrate al sollievo dei miei simili. È esatto. E aggiungo, senza enfasi e senza orgoglio, che molto spesso, a costo di privazioni relativamente gravi o anche molto gravi, ho aumentato il bene che la carità pubblica mi permetteva di fare.

Sono morto tranquillamente, confidando nel premio che la riparazione, fatta nella ultima esistenza, aveva ottenuto, e mi sento ricompensato al di là delle mie segrete aspirazioni. Ora io sono felice, molto felice di potervi dire che chiunque s'innalzi sarà abbassato e che colui che si umilia sarà innalzato.»

— Vogliate dirci, ve ne prego, in che cosa è consistita la vostra espiazione nel mondo degli Spiriti, e quanto tempo essa è durata dal momento della vostra morte fino al momento in cui la vostra sorte è stata addolcita dall'effetto del pentimento e dei buoni propositi che avete formulati. Diteci anche che cosa ha provocato in voi questo cambiamento di idee, nello stato di Spirito.

«Ricordi ben dolorosi voi mi riportate alla memoria! Quanto ho sofferto... Ma non me ne lamento: io ricordo!...Voi volete sapere di quale natura è stata la mia espiazione. Eccovela in tutto il suo terribile orrore.

Carnefice, come vi ho già detto, di ogni specie di buoni sentimenti, io rimasi attaccato a lungo, molto a lungo, attraverso il perispirito, al mio corpo in decomposizione. Fino alla sua completa putrefazione, io mi sentii roso dai vermi, e ciò mi faceva molto soffrire! Quando fui liberato dai legami che mi congiungevano allo strumento del mio supplizio, io ne subii un altro ancora più crudele. Dopo la sofferenza fisica, venne la sofferenza morale, e questa è durata ben più a lungo della prima. Sono stato messo in presenza di tutte le vittime che avevo torturato. Periodicamente, e con una forza più intensa della mia, venivo condotto di fronte alle mie azioni colpevoli. Io vedevo fisicamente e moralmente tutti i dolori che avevo inflitto. Oh, amici miei, quanto è terribile la vista costante di coloro ai quali si è fatto del male! Ne avete un vago esempio, fra voi, nel confronto tra l'accusato e la sua vittima.

Ecco, in breve, ciò che ho sofferto per due secoli e mezzo. Finché Dio toccato dal mio dolore e dal mio pentimento, sollecitato dalle guide che mi assistevano, concesse che io prendessi la vita di espiazione che voi conoscete.»

— Un particolare motivo vi ha indotto a scegliere la religione israelita nella vostra ultima esistenza?

«Una scelta operata non da me, ma che io ho accettata, secondo il consiglio delle mie guide. La scelta della religione israelita aggiungeva una piccola umiliazione in più alla mia vita di espiazione. Infatti, soprattutto in certi paesi, la maggioranza degli incarnati disprezza gli Israeliti, e particolarmente gli Ebrei mendicanti.»

— Nella vostra ultima esistenza, a quale età avete incominciato a mettere in atto le risoluzioni che avevate preso? Come vi è venuta questa idea? Nel periodo in cui vi prodigavate con tanta abnegazione nella carità, avevate una qualche intuizione circa la causa che vi spingeva a ciò?

«Nacqui da genitori poveri, ma intelligenti e avari. Ancora ragazzo, fui privato dell'affetto e delle carezze di mia madre. Io provai per la sua perdita un vivo dolore, tanto più che mio padre, dominato dall'avidità del guadagno, mi abbandonò del tutto. I miei fratelli e le mie sorelle, tutti maggiori di me, non sembravano accorgersi delle mie sofferenze. Un altro Ebreo, mosso da un pensiero più egoistico che caritatevole, mi raccolse e mi insegnò a lavorare. Ricoprì largamente, con i proventi dei miei lavori che spesso oltrepassavano le mie forze, ciò che gli ero potuto costare. Più tardi mi affrancai da questo giogo e mi misi a lavorare per conto mio.

Ma dappertutto, nell'attività come nel riposo, io ero perseguitato dal ricordo delle carezze di mia madre, e nella misura in cui avanzavo nell'età, il suo ricordo s'incideva più profondamente nella mia memoria, e maggiormente rimpiangevo le sue cure e il suo amore.

Ben presto rimasi l'unico della mia famiglia; in pochi mesi, la morte si portò via tutta la mia famiglia. Fu allora che incominciò a delinearsi il modo in cui avrei passato il resto della mia esistenza. Due dei miei fratelli avevano lasciato degli orfanelli. Turbato dal ricordo di quanto io avevo sofferto, volli preservare quei poveri piccoli esseri da una giovinezza simile alla mia. Non potendo il mio lavoro essere sufficiente alla sussistenza di noi tutti, incominciai a tendere la mano, non per me, ma per gli altri. Dio non doveva lasciarmi la consolazione di gioire dei miei sforzi: i poveri piccoli mi abbandonarono per sempre. Capivo bene ciò che a loro era mancato: la madre. Decisi allora di chiedere l'elemosina per le vedove infelici, le quali, non potendo provvedere né a sé stesse né ai loro bambini, s'imponevano privazioni che le portavano alla tomba, lasciando dei poveri orfani che restavano così abbandonati e votati ai tormenti che io stesso avevo sofferto.

Avevo allora trent'anni, pieno di forze e di salute, mi si vide mendicare per la vedova e per l'orfano. Gli inizi furono penosi, e dovetti sopportare più di una umiliante parola. Ma allorché si vide che io realmente distribuivo tutto ciò ricevevo in nome dei miei poveri, allorché mi si vide aggiungervi ancora l'eccedenza delle mie entrate, acquistai una sorta di considerazione, per me gratificante.

Sono vissuto poco più di sessant'anni e mai ho mancato all'impegno che mi ero imposto. Neppure un avvertimento della coscienza è sopraggiunto mai a farmi supporre che un motivo anteriore alla mia esistenza fosse la causa della mia maniera di agire. Soltanto una volta, prima ancora che incominciassi a chiedere l'elemosina, udii queste parole: "Non fate agli altri ciò che non vorreste che si facesse a voi". Io rimasi colpito dalla morale generale contenuta in quelle poche parole e molto spesso mi sorprendevo ad aggiungervi queste: "Ma fate loro, invece, ciò che voi vorreste che fosse fatto a voi". Con l'aiuto del ricordo di mia madre e di quello delle mie sofferenze, io continuai a seguire il corso che la mia coscienza mi diceva buono.

Chiudo questa lunga comunicazione dicendovi grazie! Io non sono ancora perfetto, ma ben sapendo che il male non conduce che al male, farò di nuovo, come ho già fatto, il bene per raggiungere la felicità.»

Szymel Slizgol


Julienne-Marie, l'accattona


Nel comune di Villate, presso Nozai (Loira-Inferiore), abitava una povera donna, di nome Julienne-Marie, vecchia, inferma e che viveva della carità pubblica. Un giorno cadde in uno stagno, da cui fu tratta in salvo da un abitante del paese, M. A.... , il quale abitualmente le offriva il suo aiuto. Trasportata a casa sua, vi morì poco dopo per le conseguenze dell'incidente. Fu opinione generale ch'ella avesse voluto suicidarsi. Il giorno stesso del suo decesso, quello che l'aveva salvata, che è Spiritista e medium, avvertì in tutta la sua persona una sorta di sfioramento — come di qualcuno che fosse accanto a lui — senza tuttavia darsene una ragione. Quando apprese della morte di Julienne-Marie, gli balenò l'idea che fosse il suo Spirito che era venuto a visitarlo.

Secondo il parere di uno dei suoi amici, membro della Società Spiritista di Parigi, che egli aveva messo al corrente di ciò che gli era accaduto, fece l'evocazione di questa donna, con lo scopo di esserle utile. Ma prima di tutto chiese consiglio alle sue guide protettrici, dalle quali ricevette la seguente risposta:

"Tu puoi evocarla, e ciò le farà piacere, quantunque il servigio, che tu ti proponi di renderle, sia a lei del tutto inutile; ella è felice ed è grata a coloro che sono stati con lei compassionevoli. Tu sei uno dei suoi buoni amici, non ti lascia quasi mai e s'intrattiene spesso con te, a tua insaputa. Presto o tardi, i servizi resi sono ricompensati; se questo non avviene per opera del beneficato, avviene per opera di coloro che a lui s'interessano, prima della sua morte come anche dopo. Quando lo Spirito non ha ancora avuto il tempo di riconoscersi, ci sono altri Spiriti, a quello simpatici, che testimoniano a suo nome tutta la sua riconoscenza. Eccoti spiegato ciò che tu hai provato il giorno della sua morte. Ora è lei che ti aiuta nel bene che vuoi fare. Ricordati ciò che disse Gesù: 'Colui che è stato abbassato sarà innalzato'. Tu avrai la consapevolezza dei servigi ch'ella può renderti, se tuttavia le chiederai assistenza solo per essere utile al prossimo."

Evocazione. Buona Julienne-Marie, so che siete felice, ed è tutto quello che volevo sapere. Ciò, però, non m'impedisce di pensare spesso a voi né di ricordarvi sempre nelle mie preghiere.

«Abbi fiducia in Dio. Ispira ai tuoi malati una fede sincera e vi riuscirai quasi sempre. Non preoccuparti mai della ricompensa che te ne verrà: sarà al di sopra delle tue aspettative. Dio sa sempre ricompensare, come merita, colui che si dedica al sollievo dei suoi simili e apporta nelle sue azioni un completo disinteresse, senza ciò tutto è soltanto un'illusione e una chimera. Innanzi tutto occorre la fede, altrimenti è il nulla. Ricorda questa massima e tu sarai stupito dei risultati che otterrai. I due malati che hai guarito ne sono la prova; nelle condizioni in cui si trovavano, con i semplici e soli rimedi, tu avresti fallito.

Quando tu domanderai a Dio di permettere ai buoni Spiriti di riversare su di te il loro fluido benefico, se questa domanda non ti fa provare un involontario trasalimento, significa che la tua preghiera non è abbastanza fervida da essere ascoltata: essa lo è solo nelle condizioni che io ti indico. È ciò che tu hai provato quando hai detto dal profondo del tuo cuore: "Dio onnipotente, Dio misericordioso, Dio di bontà senza limiti, esaudite la mia preghiera e permettete ai buoni Spiriti di assistermi nella guarigione di... Abbiate pietà di lui, mio Dio, e rendetegli la salute. Senza di Voi, io non posso nulla. Sia fatta la Vostra volontà".

Ora, una parola su di me, e ciò ti confermerà quanto è stato qui detto, poco sopra.

Lo Spiritismo ti spiega il mio linguaggio come Spirito: io non ho bisogno di entrare nei dettagli su questo argomento. Credo sia anche inutile farti partecipe della mia esistenza precedente. La condizione in cui mi hai conosciuta su questa Terra deve farti comprendere e aiutarti a valutare le altre mie esistenze che non sempre sono state esenti da macchia. Votata a una vita di miseria, inferma e non potendo lavorare, ho mendicato per tutta la vita. Non ho accumulato denaro; per la mia vecchiaia, le mie piccole economie si limitavano a un centinaio di franchi, che io riservavo al tempo in cui le mie gambe non avrebbero più potuto reggermi. Dio ha giudicato la mia prova e la mia espiazione sufficienti e vi ha posto termine, liberandomi dalla vita terrena, senza sofferenza; perché io non mi sono affatto suicidata, come dapprima si credette. Sono morta all'improvviso sull'orlo dello stagno, nel momento in cui rivolgevo la mia ultima preghiera a Dio. Il pendio del terreno è la causa della presenza del mio corpo nelle acque.

Non ho sofferto. Sono felice d'aver potuto compiere la mia missione senza intralci e con rassegnazione. Mi sono resa utile nella misura delle mie forze e dei miei mezzi, e ho evitato di far torto al mio prossimo. Oggi ne ricevo la ricompensa e ne rendo grazie a Dio, nostro divino Maestro, che addolcisce l'amarezza delle prove facendoci dimenticare, in vita, le nostre antiche esistenze, e mette sul nostro cammino delle anime caritatevoli, perché ci aiutino a sopportare il fardello delle nostre colpe passate.

Persevera anche tu e, come me, ne sarai ricompensato. Io ti ringrazio delle tue buone preghiere e del servizio che mi hai reso. Non lo dimenticherò mai. Un giorno noi ci rivedremo e molte cose ti saranno spiegate; per il momento ciò sarebbe superfluo. Sappi solo che io ti sono molto grata e che sarò sempre accanto a te quando avrai bisogno di me per consolare chi soffre.»

La povera e buona donna, Julienne-Marie


Evocato presso la Società di Parigi, il 10 giugno 1864, lo Spirito di Julienne-Marie, dettò la seguente comunicazione:

"Grazie, caro presidente, di aver voluto ammettermi nel vostro centro. Voi avrete certo saputo che le mie esistenze anteriori, come posizione sociale, erano più elevate. Se sono ritornata a subire questa prova della povertà, è stato per punirmi d'un vano orgoglio che mi aveva fatto respingere ciò che era povero e miserabile. Ho subito, allora, questa giusta legge del taglione, che mi ha reso la povera più orrenda di questo paese. E quasi perché provassi la bontà di Dio, io non ero respinta da tutti: era questa la mia paura più grande. Così ho sopportato la mia prova senza lamentarmi, presagendo una vita migliore dalla quale non sarei più dovuta tornare su questa terra d'esilio e di calamità.

Quale felicità, il giorno in cui la nostra anima, giovane ancora, può rientrare nella vita spirituale per rivedere gli esseri amati! Perché anch'io ho amato e sono felice d'aver ritrovato coloro che mi hanno preceduta. Grazie al buon M.A..., che mi ha aperto la porta della riconoscenza. Senza la sua medianità, io non avrei potuto ringraziarlo, provargli che la mia anima non dimentica le felici influenze del suo buon cuore, e raccomandargli di diffondere la sua divina credenza. Egli è chiamato a ricondurre sulla retta via le anime perdute. Sia dunque egli sempre certo del mio appoggio. Si, io posso rendergli centuplicato quanto di bene egli mi ha fatto, istruendolo sulla strada che voi seguite. Ringraziate il Signore di aver permesso agli Spiriti di darvi delle istruzioni per incoraggiare il povero nei suoi travagli e frenare il ricco nel suo orgoglio. Rendetevi conto di quale vergogna ci si copra nel respingere uno sventurato. Possa io servirvi come esempio, al fine di evitare di venire, come me, a espiare le vostre colpe in quelle dolorose condizioni sociali che vi collocano tanto in basso da fare di voi il rifiuto della società."

Julienne-Marie


Trasmessa questa comunicazione a M.A...., egli ottenne a sua volta quella che qui segue, e che ne è la conferma.

"Mia buona Julienne-Marie, poiché volete aiutarmi con i vostri buoni consigli, alfine di farmi progredire sulla strada della nostra divina dottrina, abbiate la bontà di comunicare con me. Io farò tutto ciò che posso per mettere a profitto i vostri insegnamenti.

Ricordati della raccomandazione che sto per farti, e non allontanartene mai. Sii sempre caritatevole a seconda delle tue possibilità; tu sai bene che cosa sia la carità e come la si debba praticare in tutte le situazioni della vita terrena. Non c'è dunque bisogno che io venga a darti alcun insegnamento in proposito; sarai tu il miglior giudice di te stesso, seguendo tuttavia la voce della tua coscienza, la quale non t'ingannerà mai, se tu l'ascolterai sinceramente.

Non illuderti sulle missioni che avete da compiere: piccoli e grandi hanno ciascuno la loro. La mia è stata penosa ma io meritavo una simile punizione a causa delle mie esistenze precedenti, come ho appena confessato al buon presidente della Società Madre di Parigi, alla quale un giorno voi tutti vi unirete. Quel giorno non è così lontano, come tu pensi. Lo Spiritismo procede a passi da gigante, malgrado tutto quello che vien fatto per ostacolarlo. Procedete dunque tutti senza paura, ferventi adepti della dottrina, e i vostri sforzi saranno coronati dal successo. Che v'importa di ciò che si dirà di voi? Ponetevi al di sopra di una critica derisoria, che ricadrà sugli avversari stessi dello Spiritismo.

Quei superbi! Si credono forti loro, pensando di potervi facilmente annientare! Ma voi, miei buoni amici, state tranquilli e non temete di misurarvi con loro, poiché essi sono più facili da superare di quanto voi possiate credere. Tra di loro, molti hanno paura e temono che la verità finisca per abbagliare i loro occhi. Attendete, e a loro volta verranno per concorrere al coronamento dell'opera."

Julienne-Marie


Questo caso è pieno di insegnamenti per chiunque mediterà le parole di questo Spirito, in queste tre comunicazioni. Tutti i grandi principi dello Spiritismo si trovano qui riuniti. Fin dalla prima comunicazione, lo Spirito dimostra la sua superiorità attraverso il suo linguaggio. Simile a una fata benefica, questa donna, oggi risplendente e come trasformata, viene a proteggere colui che non l'ha respinta sotto gli stracci della miseria. Si tratta dell'applicazione di queste massime del Vangelo: "I grandi saranno abbassati e i piccoli saranno elevati. Felici gli umili, felici gli afflitti, perché essi saranno consolati. Non disprezzate i piccoli, perché colui che è piccolo in questo mondo può essere più grande di quanto voi crediate".


Max, il mendicante


In un villaggio della Baviera morì, verso l'anno 1850, un vecchio quasi centenario conosciuto con il nome di papà Max. Poiché non aveva famiglia, nessuno conosceva con precisione la sua origine. Da circa mezzo secolo, oppresso dalle infermità, che lo ponevano fuori condizione per guadagnarsi da vivere con il lavoro, non aveva altre risorse che la pubblica carità, ch'egli dissimulava andando a vendere, nelle fattorie e nei castelli, almanacchi e piccoli oggetti. Gli avevano dato il soprannome di "conte Max", e i bambini lo chiamavano sempre e soltanto "signor conte", cosa di cui egli sorrideva senza formalizzarsi. Perché questo titolo? Nessuno avrebbe saputo spiegarlo. Era diventata un'abitudine. Forse era a causa della sua fisionomia e delle sue maniere la cui distinzione contrastava con i suoi stracci. Parecchi anni dopo la sua morte, Max apparve in sogno alla figlia del proprietario di un castello, nella cui scuderia egli veniva ospitato, poiché non aveva un suo proprio domicilio. Egli le disse: "Vi ringrazio di esservi ricordata del povero Max nelle vostre preghiere, perché esse sono state ascoltate dal Signore. Voi, anima caritatevole, che vi siete interessata allo sventurato mendicante, desiderate sapere chi io sia. Sto per accontentarvi: ciò sarà per tutti un grande insegnamento".

E fece così un racconto, pressappoco in questi termini:

"Un secolo e mezzo fa circa, io ero un ricco e potente signore di questa contrada, ma anche un uomo vacuo, orgoglioso e infatuato della mia nobiltà. La mia immensa fortuna ad altro non è mai servita se non ai miei piaceri, e vi bastava appena, perché io ero un giocatore, un debosciato e passavo la mia vita tra gli stravizi. I miei vassalli, che credevo creati a mio uso e consumo come gli animali delle fattorie, venivano sfruttati e trattati malissimo per sopperire ai miei sperperi. Io rimanevo sordo ai loro lamenti, come a quelli di tutti i disgraziati, i quali, secondo me, dovevano ritenersi onoratissimi di sottostare ai miei capricci. Sono morto a un'età poco avanzata, debilitato dagli eccessi, ma senza aver subito alcuna vera disgrazia; tutto, al contrario, sembrava sorridermi, di modo che agli occhi di tutti ero uno dei beati del mondo. Il mio rango mi valse funerali sontuosi, i gaudenti rimpiansero in me il signore fastoso, ma non una lacrima fu versata sulla mia tomba, non una preghiera nata dal cuore fu per me rivolta a Dio, e la mia memoria fu maledetta da tutti coloro di cui avevo accresciuta la miseria. Ah, quanto terribile è la maledizione di coloro che noi abbiamo reso infelici. Essa non ha cessato di risonare alle mie orecchie per lunghi anni, che mi sono parsi un'eternità! E alla morte di ciascuna delle mie vittime, c'era una nuova figura minacciosa o ironica che si levava davanti a me e mi perseguitava incessantemente, senza che io potessi trovare un angolo buio per sottrarmi alla sua vista! Non un solo sguardo amico! I miei antichi compagni di stravizi, infelici come me, mi fuggivano e sembravano dirmi con disprezzo: 'Tu non puoi più pagare i nostri piaceri'. Oh, quanto avrei pagato allora un istante di riposo, un bicchiere d'acqua per spegnere la sete bruciante che mi divorava! Ma io non possedevo più nulla, e tutto l'oro che avevo disseminato a piene mani sulla Terra non produsse una sola benedizione, una sola, hai capito, figlia mia?!

Alla fine, sopraffatto dalla fatica, esausto e sfiancato come un viandante che non veda il termine del suo cammino, gridai: 'Mio Dio, abbiate pietà di me! Quando finirà, dunque, questa orribile situazione?' Allora una voce, la prima che udissi dopo che avevo lasciato la Terra, mi disse: 'Quando tu vorrai'. — 'Che cosa occorre fare, gran Dio?' risposi io. Dite: io mi sottometto a tutto'. — 'Bisogna che tu ti penta; che tu ti umili davanti a coloro che tu hai umiliato; che tu li preghi d'intercedere per te, perché la preghiera dell'offeso che perdona è sempre gradita al Signore . Mi umiliai, pregai i miei vassalli e i miei servitori, che erano davanti a me e i cui visi, di volta in volta più benevoli, finirono per scomparire. Questo, allora, fu per me come una nuova vita; la speranza fece posto alla disperazione, e io ringraziai Dio con tutte le forze del mio animo. La voce mi disse in seguito: 'Principe!' e io risposi: 'Non vi è qui altro principe al di fuori di Dio onnipotente, il quale umilia i superbi. Perdonatemi, Signore, perché io ho peccato. Fate di me il servitore dei miei servitori, se tale è la Vostra volontà'.

Qualche anno più tardi, io nacqui di nuovo, ma questa volta in una famiglia di poveri abitanti di un villaggio. I miei genitori morirono quando ero ancora un fanciullo, e io restai solo al mondo e senza alcun appoggio. Mi guadagnai da vivere come potei, ora come operaio, ora come garzone di fattoria, ma sempre onestamente, perché credevo in Dio questa volta. All'età di quarant'anni, una malattia mi ostacolò nei movimenti degli arti. Dovetti così mendicare per più di cinquant'anni su quelle medesime terre di cui ero stato il padrone assoluto, ricevere un tozzo di pane nelle fattorie che avevo posseduto e dove, con amara derisione, fui soprannominato 'il signor conte', molto felice spesso di trovare riparo nella scuderia del castello che era stato il mio. Nel sonno, mi piaceva percorrere lo stesso castello dove avevo troneggiato da despota.

Quante volte, nei miei sogni, mi sono rivisto in mezzo alle mie antiche fortune! Queste visioni mi lasciavano al risveglio un indefinibile senso di amarezza e di rimpianto; mai, però, dalla mia bocca è sfuggito un solo lamento. E, quando a Dio è piaciuto richiamarmi a Lui, io L'ho benedetto d'avermi dato il coraggio di sopportare senza lamenti questa lunga e penosa prova, della quale ricevo oggi la ricompensa. Quanto a voi, figlia mia, vi benedico per aver pregato per me."

Noi raccomandiamo questo caso a quanti sono convinti che gli uomini non avrebbero più freni se non avessero davanti a sé la prospettiva delle pene eterne. E ci domandiamo se la prospettiva d'un castigo come quello di papà Max è meno proficua per arrestare gli uomini sulla via del male, di quella di torture senza fine alle quali, oggi, nessuno crede più.


Storia di un domestico


In una famiglia di elevata condizione sociale, c'era un giovane domestico il cui volto intelligente e fine ci colpì per la sua aria distinta. Nelle sue maniere non aveva nulla di grossolano o plebeo; la sua sollecitudine nel servire i suoi padroni era ben lontana da quella servile ossequiosità propria della gente della sua condizione. L'anno seguente, ritornando in quella famiglia, non vedemmo più quel ragazzo e chiedemmo se fosse stato licenziato. "No" ci fu risposto. "Era andato a passare qualche giorno al suo paese e lì è morto. Noi lo rimpiangiamo molto, poiché era un'eccellente persona e aveva inoltre dei sentimenti veramente al di sopra della sua condizione. Ci era molto attaccato e ci aveva dato prove della più profonda devozione."

Più tardi ci verme l'idea di evocare questo giovane uomo, ed ecco ciò che ci ha detto:

"Nella mia penultima incarnazione, io appartenevo, come si dice sulla Terra, a un'ottima famiglia, ma rovinata dalle prodigalità di mio padre. Io sono rimasto orfano molto giovane e senza risorse. Mi ha accolto, allora, un amico di mio padre, che mi ha allevato come un suo figlio e mi ha fatto impartire un'ottima educazione, della quale mi sono un po' troppo insuperbito. Quell'amico è oggi il signor De G..., al cui servizio voi mi avete visto. Io ho voluto, nella mia ultima esistenza, espiare il mio orgoglio nascendo in condizione servile, e ho trovato l'occasione di dimostrare la mia riconoscenza al mio benefattore. Gli ho anche salvata la vita, senza ch'egli se ne sia mai accorto. Era nello stesso tempo una prova, per me, da cui sono uscito vittorioso, poiché sono stato abbastanza forte da non lasciarmi corrompere dal contatto di un ambiente quasi sempre vizioso. Nonostante i cattivi esempi, sono rimasto puro e ne ringrazio Dio, perché ne sono ricompensato con la felicità di cui godo."

— In quali circostanze avete salvato la vita al signor De G...?

«Durante una passeggiata a cavallo, in cui da solo lo seguivo, vidi che un grosso albero stava per abbattersi su di lui e che lui non si accorgeva di nulla. Lo chiamo emettendo un grido terribile; egli si volta bruscamente e proprio in quell'attimo l'albero cade ai suoi piedi. Senza quell'improvviso scatto, che io avevo in lui provocato, egli sarebbe rimasto schiacciato.»

Il signor De G..., al quale il fatto fu riferito, l'ha perfettamente ricordato.

— Perché siete morto così giovane?

«Dio aveva giudicato la mia prova sufficiente.»

— Come avete potuto trarre vantaggio da questa prova, dal momento che non avevate memoria della causa che l'aveva motivata?

«Nella mia umile condizione, di quell'orgoglio mi restava l'istinto, che io sono stato molto felice di aver potuto dominare, il che ha fatto sì che la prova fosse proficua; senza ciò, avrei dovuto ricominciarla. Il mio Spirito aveva memoria nei suoi momenti di libertà e, al risveglio, mi restava un vago e intuitivo desiderio di resistere alle mie tendenze, che io sentivo essere perverse. Ho avuto più merito a lottare così che se mi fossi chiaramente ricordato del passato. Il ricordo della mia antica condizione sociale avrebbe esaltato il mio orgoglio e mi avrebbe turbato, mentre così non ho avuto da combattere che le tentazioni della mia nuova condizione.»

— Voi avete ricevuto una brillante educazione. A che cosa vi è servita nella vostra ultima esistenza, dal momento che non ricordavate le cognizioni che avevate acquisito?

«Quelle cognizioni sarebbero state inutili, anzi un vero controsenso nella mia nuova condizione. Esse sono rimaste però allo stato latente, e oggi le ritrovo. Tuttavia non sono state del tutto inutili, perché hanno sviluppato la mia intelligenza. Io avevo istintivamente il gusto delle cose elevate, la qual cosa mi ispirava della repulsione di fronte agli esempi bassi e ignobili che avevo sotto gli occhi. Senza questa educazione io non sarei stato che un valletto.»

— Gli esempi di servitori devoti ai loro padroni fino all'abnegazione hanno come causa relazioni precedenti?

«Non dubitatene. Questo, perlomeno, è il caso più comune. Questi servitori sono, a volte, membri stessi della famiglia, oppure, come nel mio caso, dei beneficati che pagano un debito di riconoscenza, mentre, allo stesso tempo, la loro abnegazione li aiuta a progredire. Voi non potete immaginare tutti gli effetti di simpatia o antipatia che queste relazioni anteriori producono nel mondo. No, la morte non interrompe queste relazioni, che si perpetuano spesso di secolo in secolo.»

— Perché questi esempi di servitori devoti sono così rari al giorno d'oggi?

«Di ciò bisogna accusare lo spirito d'egoismo e d'orgoglio del vostro secolo, spirito sviluppatosi attraverso la miscredenza e le idee materialiste. Con la cupidigia e il desiderio di guadagno se ne va la vera fede, e con essa se ne va lo spirito di abnegazione. Lo Spiritismo, riconducendo gli uomini al sentimento del vero, farà rinascere le virtù dimenticate.»

Niente può, meglio di questo esempio, far risaltare l'utilità dell'oblio delle esistenze anteriori. Se il signor De G... avesse ricordato ciò ch'era stato il suo giovane domestico, sarebbe stato molto in imbarazzo con lui, e non l'avrebbe neppure tenuto in quella condizione. Egli avrebbe così ostacolato la prova che si è rivelata, invece, proficua per entrambi.


Antonio B...
Sepolto vivo — La legge del taglione


Il signor Antonio B..., scrittore di un certo valore, stimato dai suoi concittadini essendosi distinto nell'esplicare, in Lombardia, pubbliche funzioni con profonda integrità, cadde verso il 1850, in seguito a un attacco apoplettico, in uno stato di morte apparente che venne disgraziatamente scambiata, come talvolta accade, per morte reale. L'errore era tanto più plausibile, in quanto si era creduto di ravvisare sul suo corpo i segni della decomposizione. Quindici giorni dopo la sepoltura, una circostanza fortuita indusse la famiglia a chiedere l'esumazione: un medaglione era stato inavvertitamente lasciato dentro la bara. Ma grande fu lo stupore degli astanti quando, all'apertura della cassa, si scoprì che il corpo aveva cambiato posizione, che si era girato! E, cosa orrenda, si vide che una mano del defunto risultava in parte rosicchiata. Fu allora chiaro a tutti che lo sventurato Antonio B... era stato sepolto ancora vivo, e che aveva dovuto soccombere sotto la stretta della disperazione e della fame.

Il signor Antonio B..., evocato presso la Società di Parigi, nell'agosto del 1861, su richiesta di uno dei suoi parenti, diede le spiegazioni che qui di seguito riportiamo.

1. Evocazione. «Che cosa volete da me?»

2. Uno dei vostri parenti ci ha pregato di evocarvi. Noi lo facciamo con piacere e saremmo felici se voleste cortesemente risponderci.

«Sì, desidero rispondervi.»

3. Ricordate, voi, le circostanze della vostra morte?

«Ah, certamente sì! Me le ricordo! Ma perché risvegliare la memoria di quel castigo?»

4. È poi certo che siete stato sotterrato vivo per errore?

«Così deve essere stato, perché la morte apparente ha avuto tutti i caratteri di una morte reale. Io ero quasi esangue. [2] Non si deve imputare a nessuno un fatto previsto ancor prima della mia nascita.»

5. Se queste domande sono di natura tale da farvi soffrire, preferireste che smettessimo?

«No, continuate pure.»

6. Noi vorremmo sapervi felice, perché avete lasciato sulla Terra la reputazione di un uomo dabbene.

«Ve ne ringrazio molto. So che pregherete per me. Cercherò di rispondervi, ma se non ci riuscissi, lo farà per me una delle vostre guide.»

7. Potete descrivere le sensazioni che avete provato in quei terribili momenti?

«Oh, quale dolorosa prova sentirsi rinchiuso tra quattro assi, così da non potere né muoversi né spostarsi! E non poter chiamare! La voce non risuonava più in quell'ambiente totalmente privo di aria! Oh, quale tortura è quella di uno sventurato che si sforza invano di respirare, in un'atmosfera insufficiente e deprivata della parte respirabile! Ahimè, ero come un condannato nella bocca di un forno, salvo il calore! Oh, non auguro a nessuno simili torture! No, io non auguro a nessuno una fine come la mia! Ahimè, crudele punizione d'una crudele e feroce esistenza! Non chiedetemi a che cosa pensavo, ma piombavo nel passato e vagamente intravedevo l'avvenire.»

8. Voi dite: crudele punizione di una feroce esistenza. Ma la vostra reputazione, fino a quel giorno intatta, non faceva supporre niente di simile. Potete spiegarci?

«Che cos'è mai la durata di un'esistenza di fronte all'eternità?! Certo, nella mia ultima incarnazione ho cercato di ben agire; ma quella fine era stata da me accettata prima ancora di rientrare nell'Umanità. Ah, perché m'interrogate su quel passato doloroso che soltanto io, insieme agli Spiriti, ministri dell'Onnipotente, conoscevo? Sappiate dunque — bisogna che ve lo dica — che in un'esistenza anteriore io avevo murato una donna, mia moglie, murata viva in una grotta! È la pena del taglione che io ho dovuto applicare a me stesso. Dente per dente, occhio per occhio.»

9. Noi vi ringraziamo, per aver voluto cortesemente rispondere alle nostre domande, e preghiamo Dio di perdonarvi il passato in considerazione dei meriti della vostra ultima esistenza.

«Ritornerò più avanti. Del resto, lo Spirito di Éraste completerà questa mia comunicazione.»

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[2] Privo di sangue. Decolorazione della pelle a causa della privazione di sangue.
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Istruzione alla guida del medium

Ciò che dovete trarre da questo insegnamento è che tutte le vostre esistenze si legano l'una all'altra e che nessuna di esse è indipendente dalle altre. Le preoccupazioni, i fastidi, come i grandi dolori che colpiscono gli uomini, sono sempre le conseguenze di una vita anteriore delittuosa o semplicemente male impiegata. Tuttavia — devo dirvelo — le fini simili a quella di Antonio B... sono rare. Se questo uomo, la cui ultima esistenza è stata esente dal biasimo, è finito in tal modo, il fatto è che lui stesso aveva sollecitata una morte simile, al fine di abbreviare il tempo della sua erraticità e raggiungere più rapidamente le alte sfere. Infatti, dopo un periodo di turbamento e di sofferenza morale per espiare ancora il suo spaventoso delitto, questo gli sarà perdonato ed egli si innalzerà verso un mondo migliore dove ritroverà la sua vittima, che lo attende e che lo ha già da lungo tempo perdonato. Sappiate dunque trarre profitto da questo esempio crudele, miei cari Spiritisti, per sopportare con pazienza le sofferenze fisiche, le sofferenze morali e tutte le piccole miserie della vita.

Quale profitto può trarre l'Umanità da simili punizioni?

«I castighi non esistono per rafforzare l'Umanità, ma per punire l'individuo colpevole. Infatti l'Umanità non ha alcun interesse nel vedere soffrire uno dei suoi. Qui la punizione è stata adeguata alla colpa. Perché ci sono i pazzi? Perché gli ebeti? Perché i paralitici? Perché ci sono quelli che muoiono nel fuoco? Perché ci sono quelli che vivono per anni fra le torture di una lunga agonia, senza potere né vivere né morire? Ah, credetemi, rispettate la sovrana volontà e astenetevi dal sondare la ragione dei decreti della Provvidenza! Dio è giusto e fa soltanto il bene.»

Éraste

Non c'è forse in questo caso un grande e terribile insegnamento? Così la giustizia di Dio raggiunge sempre il colpevole, e anche se talvolta è tardiva, non per questo segue meno il suo corso. Non è altamente morale sapere che, se grandi colpevoli portano a termine piacevolmente le loro esistenze, e spesso nell'abbondanza dei beni terreni, l'ora dell'espiazione prima o poi suonerà anche per loro? Pene di tale natura si comprendono, non solo perché sono in qualche modo sotto i nostri occhi, ma anche perché esse sono logiche: vi si crede, perché la ragione le ammette.

Un'esistenza onorevole non esenta dunque dalle prove della vita, perché sono state scelte o accettate come integrazione dell'espiazione; è il saldo di un debito che si paga prima di ricevere il premio del progresso compiuto.

Se si considera come, nei secoli passati, fossero frequenti, anche nelle classi più elevate e più illuminate, gli atti di barbarie che oggi tanto ci inorridiscono; se si tiene conto di tutti gli omicidi che venivano commessi in quelle epoche in cui ci si prendeva gioco della vita del proprio simile, e in cui il potente schiacciava senza scrupoli il debole, allora si comprenderà quanti debbano essercene, fra gli uomini dei nostri giorni, che ancora hanno da lavare il loro passato; né ci si stupirà più del numero tanto considerevole di uomini che muoiono vittime di incidenti isolati o di catastrofi collettive. Il dispotismo, il fanatismo, l'ignoranza e i pregiudizi del Medioevo, e dei secoli che a esso sono seguiti, hanno trasmesso alle generazioni future un debito immenso che non è stato ancora liquidato. Molte disgrazie ci sembrano immeritate solo perché noi non vediamo che il presente.


Il signor Letil


Il signor Letil, industriale dei dintorni di Parigi, è morto nell'aprile del 1864, in modo orribile. Una caldaia di vernice in ebollizione aveva preso fuoco e gli si era rovesciata addosso. In un batter d'occhio egli fu ricoperto dalla materia incandescente, e capì immediatamente di essere perduto. In quel momento egli, solo in fabbrica con un giovane apprendista, ebbe il coraggio di portarsi fino alla sua abitazione, distante più di duecento metri. Quando poterono prestargli i primi soccorsi, le sue carni erano completamente bruciate e cadevano a pezzi; le ossa di una parte del corpo e del viso erano a nudo. Egli visse così dodici ore tra le più orribili sofferenze, conservando nonostante ciò tutta la sua presenza di spirito fino all'ultimo istante, e mettendo ordine nei suoi affari con una lucidità perfetta. Durante questa crudele agonia, non fece udire alcun lamento, alcun sussurro, e morì pregando Dio. Era un uomo onorabilissimo, di carattere dolce e cordiale, amato e stimato da tutti coloro che l'avevano conosciuto. Aveva abbracciato le idee spiritiste con entusiasmo ma con scarsa riflessione. Per questo motivo, essendo un po' medium lui stesso, cadde vittima di numerose mistificazioni che tuttavia non indebolirono la sua fede. La sua fiducia in ciò che gli dicevano gli Spiriti aveva sconfinato, in certe circostanze, fino all'ingenuità.

Evocato nella Società di Parigi, il 29 aprile 1864, pochi giorni dopo la sua morte, e ancora sotto l'impressione della terribile scena di cui era stato vittima, egli fece la seguente comunicazione:

"Una profonda tristezza mi abbatte! Ancora sconvolto dalla mia tragica morte, mi pare d'essere sotto i ferri di un carnefice. Quanto ho sofferto! Oh, quanto ho sofferto! Ne tremo ancora tutto. Mi sembra di sentire ancora l'odore fetido che le mie carni bruciate esalavano tutt'intorno a me. Un'agonia di dodici ore, quella che tu provasti, o Spirito colpevole! Ma egli ha sofferto senza lamentarsi, così Dio gli darà il Suo perdono.

O mia diletta! Non piangere più per me, i miei dolori vanno calmandosi. Io non soffro più realmente, ma il ricordo equivale alla realtà. La conoscenza dello Spiritismo mi aiuta molto. Io ora mi accorgo che, senza questa dolce credenza, io sarei rimasto nel delirio in cui ero stato gettato da quella morte spaventosa.

Ma io ho un consolatore che non mi ha più lasciato dopo il mio ultimo respiro. Io parlavo ancora e già lo vedevo accanto a me; mi sembrava che fosse un riflesso dei miei dolori che mi dava le vertigini e mi mostrava dei fantasmi... No. Era il mio angelo custode che, silenzioso e muto, mi consolava attraverso il cuore. Dacchè io ebbi detto addio alla Terra, egli mi disse: 'Vieni, figlio mio, torna a vedere il giorno'. Respirai più liberamente, credendo di uscire da un sogno spaventoso. Parlai della mia adorata sposa, del coraggioso ragazzo che si era dedicato a me. ‘Sono tutti sulla Terra’ mi disse; 'tu, figlio mio, sei tra noi'. Cercai la mia casa, e l'angelo mi ci lasciò entrare accompagnandomi. Vidi tutti in lacrime; tutto era triste e in lutto in quella serena dimora d'un tempo. Non potei sostenere più a lungo la vista di quel doloroso spettacolo. Troppo sconvolto; disse alla mia guida: 'O mio buon angelo, usciamo via da qui!' 'Sì, usciamo,' disse l'angelo, 'e cerchiamo il riposo'.

Da allora, soffro meno. Se non vedessi la mia sposa così inconsolabile, i miei amici così tristi, io sarei quasi felice.

La mia buona guida, il mio caro angelo, ha voluto rivelarmi perché io ebbi una morte così dolorosa; per vostro insegnamento, figli miei, vi farò una confessione.

Due secoli fa mandai al rogo una ragazza, innocente come si può esserlo alla sua età: ella aveva fra i dodici e i quattordici anni. Di che cosa la si accusava? Ahimè, d'essere stata complice di una congiura contro la politica sacerdotale. Io ero italiano e giudice inquisitore; i carnefici non osavano toccare il corpo della ragazza: io stesso, allora, fui giudice e carnefice. O giustizia, giustizia di Dio, tu sei grande, e io mi sono a te sottomesso. Avevo tanto promesso a me stesso di non vacillare nel giorno della lotta che ho avuta la forza di mantenere la parola. Io non mi sono mai lagnato, e Voi, o mio Dio, mi avete perdonato! Quando, dunque, il ricordo della mia povera e innocente vittima si cancellerà dalla mia memoria? È questo ciò che mi fa ancora soffrire! Così, è necessario che anche lei mi perdoni.

O voi, figli della nuova dottrina, voi a volte dite: 'Noi non sappiamo ciò che abbiamo fatto precedentemente, ed è per questo che non possiamo evitare i mali a cui ci esponiamo a causa dell'oblio del passato'. O miei fratelli, benedite Dio! Se egli ve ne avesse lasciato il ricordo, per voi non ci sarebbe alcun riposo sulla Terra. Perseguitati senza tregua dai rimorsi, potreste mai avere un solo istante di pace?

L'oblio è un beneficio, come il ricordo è qui una tortura. Ancora qualche giorno e, quale ricompensa per la pazienza con la quale ho sopportato i miei dolori, Dio mi concederà l'oblio della mia colpa. Ecco la promessa che mi è appena stata fatta dal mio buon angelo."

Il carattere del signor Letil, nella sua ultima esistenza, prova quanto il suo Spirito fosse migliorato. La sua condotta è stata il risultato del suo pentimento e delle risoluzioni che aveva preso; ma ciò non era sufficiente. Era necessario ch'egli suggellasse i suoi proponimenti con una grande espiazione; era necessario ch'egli patisse come uomo ciò che aveva fatto patire agli altri. La rassegnazione, in quella terribile circostanza, doveva essere per lui la prova più grande, e fortunatamente per lui non l'ha fallita. La conoscenza dello Spiritismo senza dubbio ha contribuito a sostenere il suo coraggio, attraverso la fede sincera nell'avvenire che la Dottrina gli aveva dato. Egli sapeva che i dolori della vita sono delle prove e delle espiazioni e vi si era sottomesso senza lagnarsene, dicendo anzi: "Dio è giusto, e io quei dolori li ho meritati".


Uno scienziato ambizioso


La signora B..., di Bordeaux, non ha provato le angosce terribili della miseria, ma è stata per tutta la vita martire di dolori fisici per le innumerevoli gravi malattie da cui è stata colpita, per settant'anni, fin dall'età di cinque mesi, e che, quasi ogni anno, l'hanno condotta sulla soglia della tomba. Per tre volte fu avvelenata dalle prove che la scienza esitante fece su di lei; il suo temperamento, rovinato tanto dai rimedi quanto dalle malattie, l'ha lasciata fino alla fine dei suoi giorni in preda a intollerabili sofferenze, che niente poteva calmare. Sua figlia, spiritista, cristiana e medium, chiedeva a Dio nelle sue preghiere di attenuare quelle prove crudeli; ma la sua guida spirituale le disse di chiedere, per la madre, semplicemente la forza di sopportarle con pazienza e rassegnazione e le dettò le seguenti istruzioni:

"Tutto nell'esistenza umana, ha la sua ragion d'essere. Non c'è una sola delle sofferenze che voi avete causato che non trovi un'eco nelle sofferenze che voi sopportate; non uno dei vostri eccessi che non trovi un contrappeso in una delle vostre privazioni; non una lacrima cade dai vostri occhi che non sia per dover lavare una vostra colpa, talvolta un crimine. Sopportate dunque con pazienza e rassegnazione i vostri dolori fisici o morali, per quanto crudeli essi vi sembrino, e pensate al contadino, a cui la fatica spezza le membra; ma egli va avanti nel suo lavoro senza fermarsi, perché ha sempre davanti a sé le spighe dorate, che saranno i frutti della sua perseveranza. Tale è la sorte dell'infelice che sulla vostra Terra soffre. L'aspirazione verso la felicità, che deve essere il frutto della sua pazienza, lo renderà forte contro i dolori temporanei dell'Umanità.

Così avviene per tua madre. Ogni dolore che essa accetta come espiazione corrisponde alla cancellazione di una macchia dal suo passato, e quanto più rapidamente tutte la macchie saranno cancellate, tanto più rapidamente ella sarà felice. Soltanto la mancanza di rassegnazione rende la sofferenza sterile, poiché in tal caso le prove si dovranno ricominciare. Quello, dunque, che è più utile per lei sono il coraggio e la sottomissione; perciò bisogna pregare Dio e i buoni Spiriti perché le accordino entrambi i requisiti.

Tua madre fu un tempo un bravo medico, vissuto in una classe sociale dove per assicurarsi il benessere non si paga nulla e dove fu ricolmato di doni e onori. Avido di gloria e di ricchezze, volendo raggiungere gli apici della scienza — non con lo scopo di alleviare le sofferenze dei suoi fratelli, dal momento che non era un filantropo, ma con lo scopo di accrescere la sua reputazione e, di conseguenza, la sua clientela — per portare a buon fine gli studi non c'era considerazione che potesse fermarlo. La madre era martirizzata sul suo letto di sofferenze, perché egli aveva in programma uno studio sulle convulsioni ch'egli stesso le provocava; il bambino era sottoposto a quegli esperimenti che avrebbero dovuto dargli la chiave di certi fenomeni; il vecchio vedeva abbreviarsi i suoi giorni; l'uomo vigoroso si sentiva infiacchito dalle prove che sarebbero dovute servire a costatare l'azione del tale o del talaltro beveraggio. E tutti questi esperimenti venivano tentati su infelici che non nutrivano alcuna diffidenza. La soddisfazione della cupidigia e dell'orgoglio, la sete dell'oro e del successo, tali furono i moventi della sua condotta. Sono occorsi secoli e terribili prove per domare questo Spirito orgoglioso e ambizioso. Poi il pentimento ha cominciato la sua opera di rigenerazione, e la riparazione volge ormai al termine, perché le prove di questa ultima esistenza possono dirsi soavi paragonate a quelle che ha già sopportato. Coraggio, dunque; se la pena è stata lunga e crudele, la ricompensa accordata alla pazienza, alla rassegnazione e all'umiltà sarà grande.

Coraggio a tutti voi che soffrite! Pensate quanto poco tempo dura la vostra esistenza materiale. Pensate alle gioie dell'eternità. Invocate la speranza, questa amica devota di ogni cuore che soffre; invocate la fede, sorella della speranza; la fede che vi mostra il cielo dove la speranza vi fa entrare anzitempo. Chiamate dunque a voi queste amiche che il Signore vi offre. Esse vi circondano, vi sostengono e vi amano. La loro costante sollecitudine vi conduce a Colui che voi avete offeso, trasgredendo le Sue leggi."

Dopo la sua morte, la signora B... ha dato, a sua figlia e alla Società Spiritista di Parigi, delle comunicazioni che riflettono le più eccellenti qualità e dove ella conferma ciò che era stato detto sulle sue esistenze anteriori.


Charles de Saint-G..., ebete


(Società Spiritista di Parigi, 1860)

Charles de Saint-G... era un ragazzo idiota di tredici anni, ancora incarnato, le cui facoltà intellettive erano d'una nullità tale da non riconoscere i suoi genitori, e che a stento poteva prendere da sé stesso il cibo per nutrirsi. C'era in lui un arresto completo dello sviluppo in tutto il sistema organico.

1. (A san Luigi) Vorreste dirci se possiamo fare l'evocazione dello Spirito di questo ragazzo?

«Voi potete evocarlo come se evocaste lo Spirito di un morto.»

2. La vostra risposta ci farebbe supporre che l'evocazione potrebbe esser fatta in qualsiasi momento.

«Sì, poiché la sua anima è unita al suo corpo con legami materiali e non con legami spirituali. Essa può sempre, in qualsiasi momento, liberarsene.»

3. Evocazione di Charles de Saint-G... «Io sono un povero Spirito, attaccato alla Terra come un uccello che vi sia legato per una zampa.»

4. Allo stato attuale, come Spirito, avete consapevolezza della vostra nullità in questo mondo?

«Certamente. Io ho piena consapevolezza della mia cattività.»

5. Quando il vostro corpo dorme e il vostro Spirito si libera, avete le idee tanto lucide come se foste in uno stato normale?

«Quando il mio corpo infelice riposa, io sono un po' più libero d'innalzarmi verso il Cielo cui aspiro.»

6. Provate, come Spirito, un sentimento di pena per il vostro stato corporale?

«Sì, poiché è una punizione.»

7. Vi ricordate della vostra esistenza precedente?

«Oh, sì! Essa è la causa del mio esilio attuale.»

8. Che genere di esistenza era?

«Quella di un giovane libertino, ai tempi di Enrico III.»

9. Voi dite che la vostra condizione attuale è una punizione. Non l'avete dunque scelta?

«No.»

10. In che modo la vostra esistenza attuale può essere utile al vostroavanzamento nello stato di nullità in cui vi trovate?

«Ma davanti a Dio, che me l'ha imposta, essa non è per me una nullità.»

11. Potete prevedere la durata della vostra esistenza attuale?

«Non con esattezza. Ancora alcuni anni, e poi ritornerò nella mia patria.»

12. Dalla vostra precedente esistenza fino alla vostra attuale esistenza, che cosa avete fato come Spirito?

«È per il fatto ch'ero uno Spirito leggero che Dio mi ha imprigionato.»

13. Nel vostro stato di veglia, avete consapevolezza di ciò che accade intorno a voi? E ciò malgrado l'imperfezione dei vostri organi?

«Io vedo e sento, ma il mio corpo né vede né comprende nulla.»

14. Possiamo noi fare qualcosa che vi torni utile?

«Nulla.»

15. (A san Luigi) Le preghiere per uno Spirito reincarnato possono avere la medesima efficacia di quelle per uno Spirito errante?

«Le preghiere, oltre che sempre utili, sono a Dio gradite; nella posizione di questo povero Spirito, esse non possono servirgli a niente; gli serviranno più tardi, perché Dio ne terrà conto.»

Questa evocazione conferma ciò che è stato sempre detto sugli ebeti. La loro nullità non dipende dalla nullità del loro Spirito che, eccezion fatta per gli organi, fruisce di tutte le sue facoltà. L'imperfezione degli organi non è altro che un ostacolo alla libera manifestazione dei pensieri; essa non li annienta affatto. È come il caso di un uomo vigoroso le cui braccia fossero serrate da lacci.


Istruzione di uno Spirito sugli idioti e sui cretini rilasciata alla Società di Parigi


I cretini sono degli esseri puniti sulla Terra per il cattivo uso ch'essi hanno fatto di importanti qualità. La loro anima è imprigionata in un corpo i cui organi impotenti non possono esprimere i loro pensieri. Questo mutismo morale e fisico è una delle più crudeli punizioni terrene; e spesso essa è scelta dagli Spiriti pentiti per riscattare le loro colpe. Questa prova non è sterile, perché lo Spirito non rimane stazionario nella sua prigione carnale: quegli occhi ebeti vedono, quel cervello represso comprende, ma niente può tradursi né nella parola né nello sguardo e, salvo il movimento, essi si trovano moralmente nello stato dei letargici e dei catalettici, i quali vedono e intendono ciò che accade intorno a loro, senza però poterlo esprimere. Quando voi, in sogno, avete quei terribili incubi in cui volete sfuggire a un pericolo, per cui lanciate grida per chiedere aiuto, mentre la vostra lingua rimane attaccata al palato e i vostri piedi attaccati al suolo, voi, per un istante, provate ciò che il cretino prova costantemente. È la paralisi del corpo unita alla vita dello Spirito.

Quasi tutte le infermità hanno così la loro ragion d'essere, poiché nulla accade senza una causa. Ciò che voi chiamate l'ingiustizia del destino è invece l'applicazione della più alta giustizia. Anche la follia è una punizione per l'abuso di alte facoltà: il folle ha due personalità: quella che sragiona e quella che possiede la coscienza dei suoi atti, senza poterli dirigere. Quanto ai cretini, la vita contemplativa e isolata della loro anima, che non ha le distrazioni del corpo, può essere tanto agitata quanto le esistenze complicate al massimo dagli avvenimenti. Alcuni si ribellano contro il loro supplizio volontario, si pentono di averlo scelto e provano un desiderio furioso di ritornare a un'altra vita, desiderio che fa loro dimenticare la rassegnazione della vita presente e i rimorsi della vita passata di cui essi hanno coscienza. Infatti cretini e folli ne sanno più di voi, e sotto la loro impotenza fisica si nasconde una potenza morale di cui voi non avete nessuna idea. Gli atti di furore o d'imbecillità a cui il loro corpo si lascia andare vengono giudicati dall'essere interiore, il quale ne soffre e se ne vergogna. Pertanto, sbeffeggiarli, ingiuriarli, maltrattarli anche, come talvolta accade, vuol dire aumentare le loro sofferenze, facendo sentir loro ancor più duramente la loro fragilità e abiezione. Se potessero farlo, essi accuserebbero di viltà coloro che agiscono in questo modo solo perché sanno che la loro vittima non può difendersi.

Il cretinismo non è una delle leggi di Dio, e la scienza potrebbe sconfiggerlo, poiché esso è il risultato materiale dell'ignoranza, della miseria e della sordidezza. I nuovi mezzi d'igiene che la scienza, divenuta più pratica, ha messo a disposizione di tutti, tendono a sconfiggerlo. Essendo il progresso la condizione espressa dall'Umanità, le prove imposte si modificheranno e seguiranno il cammino dei secoli. Le prove diventeranno tutte di carattere morale, e quando la vostra Terra, ancora giovane, avrà compiuto tutte le fasi della sua esistenza, essa diventerà un soggiorno di felicità come accade per altri pianeti più avanzati.

Pierre Jouty, padre del medium


Ci fu un tempo in cui l'anima dei cretini veniva messa in discussione, e ci si chiedeva se essi appartenessero veramente alla specie umana. La maniera con cui lo Spiritismo li fa considerare non è forse di alta moralità e di grande insegnamento? Non c'è forse materia per serie riflessioni, pensando che quei corpi disgraziati racchiudono anime che hanno forse brillato nel mondo, che sono tanto lucide e tanto pensanti quanto le nostre, sotto lo spesso involucro che ne soffoca le manifestazioni, e che, un giorno, lo stesso potrebbe essere di noi, se abusassimo delle facoltà che la Provvidenza ci ha elargito?

In quale altro modo si potrebbe spiegare il cretinismo? Come farlo concordare con la giustizia e la bontà di Dio, senza ammettere la pluralità delle esistenze? Se l'anima non ha già vissuto, significa che è stata creata contemporaneamente al corpo. In questa ipotesi, come giustificare la creazione di anime così diseredate, come quelle dei cretini, da parte di un Dio giusto e buono? Qui, infatti, non si tratta di uno di quegli incidenti, come la follia per esempio, che si può prevenire o guarire. Questi esseri nascono e muoiono nel medesimo stato; e, non avendo alcuna nozione del bene e del male, qual è la loro sorte nell'eternità? Saranno essi felici come gli uomini intelligenti e laboriosi? Ma perché dovrebbero godere di questo favore, dal momento che non hanno fatto niente di bene? Si troveranno allora in quello che si chiama limbo, cioè in una condizione mista, che non è né la felicità né l'infelicità. Ma perché questa eterna inferiorità? È forse colpa loro se Dio li ha creati cretini? Noi sfidiamo tutti coloro che respingono la dottrina della reincarnazione ad abbandonare questa via senza uscita. Con la reincarnazione, al contrario, ciò che sembrava una ingiustizia diventa una mirabile giustizia. Ciò che appariva inesplicabile si spiega così nella maniera più razionale.

Del resto, non ci risulta che quanti respingono questa dottrina l'abbiano mai combattuta con argomenti diversi da quello della loro personale ripugnanza a ritornare sulla Terra. A questo noi rispondiamo: Dio non domanda il vostro permesso per farvici ritornare, così come il giudice non consulta i desideri del condannato per mandarlo in prigione. Ciascuno ha la possibilità di non ritornare sulla Terra migliorando sé stesso quanto basti per meritare di passare in una sfera più elevata. È dunque per spogliarsi di queste infermità morali che ci si deve impegnare, se si vuole salire di grado.

Si sa che, in certi paesi, gli idioti, lungi dall'essere oggetto di disprezzo, sono circondati da amorevoli cure. Non potrebbe questo sentimento tendere a un'intuizione del vero stato di questi infelici? Essi sono tanto più degni di riguardi in quanto il loro Spirito, che ben comprende la propria condizione, deve soffrire nel vedersi considerato un rifiuto della società.

Lì, anzi, avere in famiglia uno di questi esseri è considerato un privilegio, una benedizione. È, questa, una superstizione? È possibile, poiché presso gli ignoranti la superstizione si mescola alle idee più sante senza che essi se ne rendano conto. In tutti i casi, è, per i genitori, un'occasione per esercitare una carità, tanto più meritoria in quanto, essendo generalmente poveri, questo è per loro un carico senza alcuna ricompensa materiale. Si ha più merito nel circondare di cure affettuose un figlio disgraziato, piuttosto che un figlio le cui qualità offrono un qualche risarcimento. Orbene, essendo la carità del cuore una delle virtù più gradite a Dio, essa attira sempre la Sua benedizione su coloro che la praticano. Questo sentimento, innato in tali persone, equivale a questa preghiera: "Grazie, mio Dio, di averci dato come prova terrena un essere debole da sostenere e un afflitto da consolare".


Adélaïde-Marguerite Cosse


Era un'umile e povera domestica di un paese della Normandia, precisamente nei pressi di Harfleur. A undici anni entrò al servizio di una famiglia di ricchi allevatori di bestiame del suo paese. Alcuni anni dopo, una inondazione della Senna travolge, annegandoli, tutti gli animali! Altre disgrazie sopraggiungono. I suoi padroni cadono in miseria. Adélaïde lega il suo destino al loro, soffoca la voce dell'egoismo e, non ascoltando che la voce del suo cuore generoso, fa loro accettare cinquecento franchi da lei risparmiati. Non solo, ma continua a lavorare per i suoi padroni senza alcuna retribuzione. Alla loro morte, si fa carico della loro figlia, rimasta vedova e senza risorse. Lavora nei campi e mette in casa ogni suo guadagno. Poi, Adélaïde si sposa e, aggiungendosi la giornata del marito alla sua, ecco che ora sono in due a mantenere la povera donna, che lei chiama sempre "la sua padrona!" Questo sublime sacrificio è durato quasi mezzo secolo.

La Società d'Emulazione di Rouen non abbandonò nell'oblio questa donna degna di grande rispetto e ammirazione, le conferì una medaglia d'onore e le assegnò un compenso in denaro. Si associarono a questa testimonianza di stima le logge massoniche di Le Havre, che le offrirono una piccola somma per accrescere il suo benessere. Infine, l'amministrazione locale si occupò della sua sorte, con delicatezza, in modo da non urtare la sua suscettibilità.

Un attacco di paralisi ha portato via in un attimo e senza sofferenze questo angelo di bontà. In modo semplice, ma dignitoso, le sono stati resi gli ultimi onori; alla testa del corteo funebre c'era il segretario comunale.


(Società di Parigi, 27 dicembre 1861)

Evocazione. Noi preghiamo Dio onnipotente di permettere allo Spirito di Marguerite Gosse di comunicare con noi.

«Sì. Dio vuole concedermi questa grazia.»

— Noi siamo felici di testimoniarvi la nostra ammirazione per la condotta che avete tenuto durante la vostra esistenza terrena, e speriamo che la vostra abnegazione sia stata giustamente ricompensata.

«Sì. Dio è stato, per la Sua serva, pieno d'amore e di misericordia. Ciò che io ho fatto, ciò che voi giudicate ben fatto, era cosa del tutto naturale.»

— A beneficio della nostra istruzione, potreste dirci qual è stata la causa dell'umile condizione che avete occupato sulla Terra?

«In due esistenze consecutive, io avevo occupato una posizione abbastanza elevata: e il bene in tale posizione mi era facile; lo praticavo senza sacrifici, perché ero ricca. Trovavo, però, che progredivo lentamente, ed è per questo che ho chiesto di ritornare sulla Terra in una delle posizioni più basse, nella quale avrei dovuto lottare io stessa contro le privazioni; e a ciò mi ero preparata a lungo. Dio ha sostenuto il mio coraggio, e io ho potuto raggiungere l'obiettivo che mi ero proposta, grazie all'aiuto spirituale che Dio mi ha concesso.»

—Avete rivisto i vostri antichi padroni? Diteci, ve ne prego, qual è la vostra posizione di fronte a loro, e se vi considerate sempre una loro subordinata.

«Sì, li ho rivisti. Al mio arrivo, essi erano in questo mondo. Vi dirò, in tutta umiltà, ch'essi mi considerano come se io fossi di gran lunga superiore a loro.»

— Avevate un motivo particolare per legarvi a loro piuttosto che ad altri?

«Nessun motivo d'obbligo. Avrei raggiunto il mio scopo altrove e dappertutto. Li ho scelti per saldare verso di loro un debito di riconoscenza. Un tempo, essi erano stati buoni verso di me e mi avevano reso dei servigi.»

— Quale futuro pensate che vi aspetti?

«Io spero di essere reincarnata in un mondo, dove il dolore è sconosciuto. Forse mi riterrete assai presuntuosa, ma io vi rispondo con tutta la schiettezza del mio carattere. Del resto, io mi rimetto alla volontà di Dio.»

— Noi vi ringraziamo per aver risposto al nostro appello e siamo certi che Dio vi colmerà delle Sue bontà.

«Grazie. Possa Dio benedirvi e far provare a voi tutti, morendo, gioie così pure come quelle che sono state offerte a me!»


Clara Rivier


Clara Rivier era una bambina di dieci anni, appartenente a una famiglia di contadini, in un villaggio del sud della Francia. Giaceva completamente inferma da quattro anni. Durante la sua vita, ella non ha mai fatto sentire un solo lamento, né dato un solo segno d'impazienza. Sebbene fosse priva d'istruzione, consolava la famiglia afflitta intrattenendola sulla vita futura e parlando della felicità che vi avrebbe trovato. Clara è morta nel settembre del 1862, dopo quattro giorni di spasimi e di convulsioni, durante i quali non ha mai cessato di pregare Dio. "Io non temo la morte" diceva, "poiché una vita di felicità mi è riservata dopo." A suo padre che piangeva diceva: "Consolati, tornerò a trovarti. La mia ora è vicina, lo sento; ma quando essa arriverà, io lo saprò e ti avvertirò per tempo". Infatti, allorché il momento fatale stava per accadere, la bambina chiamò tutti i suoi e disse: "Non ho che cinque minuti ancora da vivere; datemi le vostre mani". E, come aveva annunciato, spirò.

Da quel momento, uno Spirito perturbatore ha iniziato a visitare la casa della famiglia Rivier, dove devasta tutto. Colpisce il tavolo come se stringesse in pugno una mazza; agita il drappeggio dei letti e le tende; mette in disordine le stoviglie. Questo Spirito appare, sotto le sembianze di Clara, a una sua sorellina più piccola, che ha solo cinque anni. Secondo questa bambina, sua sorella le ha spesso parlato, e queste apparizioni le fanno spesso lanciare grida di gioia e dire: "Ma guardate dunque quanto Clara è bella!"

1. Evocazione di Clara Rivier. «Sono accanto a voi e sono disposta arispondere.»

2. Da dove vi pervenivano, sebbene così giovane e senza istruzione, le elevate idee che esprimevate, prima della vostra morte, riguardo alla vita futura?

«Quelle idee mi venivano dal poco tempo che avevo dovuto trascorrere sul vostro pianeta e dalla mia precedente incarnazione. Ero medium quando lasciai la Terra e medium ero quando tornai tra di voi. C'era in me una predestinazione: sentivo e vedevo ciò che dicevo.»

3. Come può accadere che una bambina della vostra età non abbia emesso alcun lamento durante quattro anni di sofferenze?

«Perché la sofferenza fisica era dominata da una potenza più grande, quella del mio angelo custode, che io vedevo continuamente accanto a me. Egli sapeva alleggerire tutto ciò che io provavo e rendeva la mia volontà più forte del dolore.»

4. Come avete potuto prevedere il momento della vostra morte?

«Me lo preannunciava il mio angelo custode. Mai egli mi ha ingannata.»

5. Voi avevate detto a vostro padre: "Consolati, io verrò a farti visita". Come avviene allora che voi, animata da così buoni sentimenti verso i vostri genitori, veniate a tormentarli, dopo la vostra morte, facendo una tale baraonda in casa loro?

«Io ho senza dubbio una prova o, piuttosto, una missione da compiere. Se vengo a rivedere i miei genitori, credete forse che sia per niente? Quei rumori, quel bailamme, quei tafferugli provocati dalla mia presenza sono un avvertimento. In tutto questo sono aiutata anche da altri Spiriti la cui turbolenza ha la sua ragion d'essere, come io ho la mia quando appaio alla mia sorellina. Grazie a noi, molte convinzioni stanno per nascere. I miei genitori avevano una prova da subire. Ben presto essa cesserà, ma soltanto dopo aver convinto una folta schiera di Spiriti.»

6. Così, non siete voi personalmente a causare quel trambusto?

«Io sono aiutata da altri Spiriti che servono alla prova riservata ai miei cari genitori.»

7. Come si spiega che vostra sorella vi ha riconosciuta, se non siete voi a causare quelle manifestazioni?

«Mia sorella ha visto solo me. Ella possiede ora una seconda vista, e questa non sarà l'ultima volta che la mia presenza andrà a consolarla e a raggiungerla.»

8. Perché, così giovane, siete stata afflitta da tante infermità?

«Avevo delle colpe anteriori da espiare. Avevo abusato della salute e della posizione brillante di cui godevo nella mia precedente incarnazione; allora Dio mi ha detto: "Hai goduto molto, in modo smisurato, e allo stesso modo soffrirai. Eri orgogliosa, e sarai umile; eri fiera della tua bellezza e sarai inferma; invece della vanità, ti sforzerai di acquisire la carità e la bontà". Io ho agito secondo la volontà di Dio, e il mio angelo custode mi ha aiutata.»

9. Vorreste che dicessimo qualcosa ai vostri genitori?

«Su richiesta di un medium, i miei genitori hanno praticata molta beneficenza. Essi hanno avuto ragione a non pregare sempre con le labbra: bisogna pregare con la mano e con il cuore. Dare a coloro che soffrono è pregare, è essere Spiritisti.

Dio ha dato a tutte le anime il libero arbitrio, vale a dire la facoltà di progredire, e a tutte ha dato la medesima aspirazione. È per questo motivo che la veste di rozzo panno tocca più da vicino di quanto generalmente non si pensi la veste di broccato d'oro. Pertanto, ravvicinate le distanze con la carità; fate entrare il povero in casa vostra, fategli coraggio, consolatelo, non umiliatelo. Se si sapesse praticare dappertutto questa grande legge della coscienza, non si avrebbero, in determinate epoche, queste grandi miserie che disonorano i popoli civili, e che Dio invia per punirli e per aprire loro gli occhi.

Genitori cari, pregate Dio, amatevi, praticate la legge del Cristo; non fate agli altri ciò che non vorreste che fosse fatto a voi; implorate Dio, il quale vi mette a dura prova per mostrarvi che la Sua volontà è santa e grande come Lui. Sappiate, in previsione dell'avvenire, armarvi di coraggio e di perseveranza, perché voi siete destinati a soffrire ancora: occorre saper meritare una buona posizione in un mondo migliore, dove la comprensione della giustizia divina diventa la punizione dei cattivi Spiriti.

Sono sempre accanto a voi, miei cari genitori. Addio, o piuttosto arrivederci. Sia con voi la rassegnazione, la carità, l'amore per i vostri simili, e un giorno sarete felici.»

Clara


Com'è bello questo pensiero: "La veste di rozzo panno tocca più da vicino la veste di broccato d'oro di quanto generalmente non si pensi". È un'allusione agli Spiriti che, da un'esistenza all'altra, passano da una posizione brillante a una posizione umile o miserabile, poiché essi sovente espiano in un ambiente infimo l'abuso che hanno perpetrato riguardo ai doni che Dio aveva loro accordato. È una giustizia, questa, che tutti comprendono.

Un altro pensiero, non meno profondo, è quello che attribuisce le calamità dei popoli all'infrazione della legge di Dio, poiché Dio punisce i popoli così come punisce gli individui. È certo che, se essi praticassero la legge della carità, non ci sarebbero né guerre né grandi miserie. È alla pratica di questa legge che lo Spiritismo conduce. Sarebbe dunque per questo ch'esso incontra così acerrimi nemici? Le parole di questa bambina ai suoi genitori sono forse le parole di un demonio?


Françoise Vernhes


Cieca dalla nascita, figlia di un mezzadro dei dintorni di Tolosa, morì nel 1855 all'età di quarantacinque anni. Si occupava costantemente di insegnare il catechismo ai bambini, per prepararli alla prima comunione. Quando il testo del catechismo fu cambiato, ella non ebbe alcuna difficoltà a insegnare loro quello nuovo, perché li conosceva entrambi a memoria. Una sera d'inverno, in compagnia di sua zia, ritornando da una gita di parecchi chilometri, doveva attraversare un bosco dai sentieri orridi e pieni di fango, e le due donne furono costrette a camminare con la massima precauzione sul ciglio dei fossati. La zia voleva condurla per mano, ma Francoise le rispose: "Non preoccupatevi per me, non corro alcun pericolo di cadere, io. Vedo sulla mia spalla una luce che mi guida. Seguitemi, sarò io a condurre voi". Arrivarono così a casa senza alcun incidente, guidando la cieca quella che aveva l'uso degli occhi.


Evocazione a Parigi, nel maggio del 1865

— Avreste la bontà di darci una spiegazione di quella luce che vi guidò in quella notte oscura, e che era visibile soltanto a voi?

«Ma, come? Persone come voi, che sono in rapporto continuo con gli Spiriti, hanno bisogno di una spiegazione per un fatto simile? Era il mio angelo custode che mi guidava!»

— Era proprio la nostra opinione, ma desideravamo averne la conferma. Avevate coscienza in quel momento che era il vostro angelo custode quello che vi faceva da guida?

«No, ne convengo. Tuttavia credevo in una protezione celeste. Avevo così a lungo pregato il nostro Dio buono e clemente d'aver pietà di me!... È così crudele essere ciechi!... Sì, è molto crudele, ma riconosco anche che è cosa giusta. Coloro che peccano con gli occhi devono essere puniti attraverso gli occhi, ed egualmente per tutte le facoltà di cui gli uomini sono dotati e di cui abusano. Non cercate, dunque, per le numerose sventure che affliggono l'umanità, altra causa all'infuori di quella che le è naturale: l'espiazione. L'espiazione è meritoria solo quando viene sopportata con sottomissione, e può essere addolcita se, con la preghiera, si attirano le influenze spirituali che proteggono i colpevoli del penitenziario umano e infondono speranza e consolazione nei cuori afflitti e sofferenti.»

— Voi vi siete dedicata all'istruzione religiosa dei bambini poveri. Avete incontrato delle difficoltà ad acquisire le conoscenze necessarie all'insegnamento del catechismo, che voi sapevate a memoria malgrado la vostra cecità e quantunque esso fosse stato cambiato?

«I ciechi hanno generalmente doppi gli altri sensi, se mi si concede questa espressione. L'osservazione non è una delle facoltà minori della loro natura. La loro memoria è come un casellario, dove sono collocati ordinatamente, in modo che non ne scompaiano mai, gli insegnamenti di cui essi hanno le tendenze e le attitudini. Non essendoci nulla di esteriore in grado di offuscare questa facoltà, ne risulta ch'essa può essere sviluppata in maniera notevole attraverso l'educazione. Ma questo non era il caso in cui mi trovavo io, poiché a me non era stato impartito alcun genere d'educazione. Io non posso che ringraziare ancor di più Dio per aver concesso che questa facoltà fosse in me tale da permettermi di svolgere la mia missione di devozione presso quei bambini. Al tempo stesso, ciò costituiva una riparazione per il cattivo esempio che io avevo dato loro nella mia precedente esistenza. Tutto è argomento serio per gli Spiritisti; essi non hanno perciò che da guardarsi intorno, e questo sarà loro più utile che lasciarsi fuorviare dalle sottigliezze filosofiche di certi Spiriti che si beffano di loro, lusingando il loro orgoglio con frasi di grande effetto, ma prive di senso.»

— Dal vostro linguaggio, vi riteniamo intellettualmente avanzata, allo stesso modo che la vostra condotta sulla Terra è una prova del vostro avanzamento morale.

«Moltomi resta ancora da acquisire; sulla Terra però sono molti quelli che passano per ignoranti, perché la loro intelligenza è velata dall'espiazione; ma alla morte questi veli cadono, e quei poveri ignoranti sono spesso più istruiti di coloro che li disdegnavano per la loro ignoranza. Credetemi l'orgoglio è la pietra di paragone attraverso cui si riconoscono gli uomini. Tutti coloro il cui cuore è accessibile all'adulazione o che hanno troppa fiducia nella loro scienza sono sulla cattiva strada. Generalmente essi non sono sinceri: diffidatene. Siate umili come il Cristo e, come Lui, portate la vostra croce con amore, così da avere accesso al regno dei Cieli.»

Françoise Vernhes


Anna Bitter


Essere colpiti dalla perdita di un figlio adorato è un dolore bruciante. Ma vedere un figlio unico, che ti offre le più belle speranze e sul quale hai concentrato tutti i tuoi affetti, deperire sotto i tuoi occhi e spegnersi senza sofferenze, per una causa sconosciuta, per una di quelle bizzarrie della Natura che sconvolgono l'acutezza della Scienza; avere inutilmente dato fondo a tutte le risorse della Medicina, essere giunti alla certezza che non c'è più alcuna speranza e dover sopportare questa angoscia giorno dopo giorno, per lunghi anni senza prevederne il termine, è un crudele supplizio che la ricchezza, lungi dall'attenuarlo, accresce, data l'impossibilità di vederla goduta dall'essere adorato.

Tale era la situazione del padre di Anna Bitter. Così una cupa disperazione si era impossessata della sua anima, e il suo carattere si inaspriva via via di più alla vista di quello spettacolo snervante, il cui esito non poteva essere che fatale, benché indeterminato. Un amico di famiglia, iniziato allo Spiritismo, credette fosse il caso di interrogare il suo Spirito protettore su questo argomento, e ne ricevette la seguente risposta:

"Voglio darti la spiegazione dello strano fenomeno che hai sotto gli occhi, perché so che chiedendomelo tu non sei mosso da una indiscreta curiosità, ma dall'affetto che tu porti a questa povera creatura, e anche perché ne scaturirà per te, che credi nella giustizia di Dio, un proficuo insegnamento. Coloro che il Signore vuole colpire devono chinare il capo e di certo né maledirLo né rivoltarGlisi contro, poiché Egli non colpisce mai senza una causa. La povera ragazza, della quale l'Onnipotente aveva sospeso la sentenza di morte, deve ben presto ritornare da noi, perché Dio ha avuto pietà di lei. Suo padre, questo sventurato tra gli uomini, deve essere colpito nell'unico affetto della sua vita per essersi preso gioco dei sentimenti di coloro che lo circondano. Per un attimo il suo pentimento ha toccato l'Altissimo, e la morte ha tenuto sospesa la sua spada su quel capo così caro. Ma la ribellione è tornata, e il castigo segue sempre dappresso la ribellione. Quand'è su questa Terra che voi siete castigati, ritenetevi felici! Pregate, amici miei, per questa povera fanciulla: la giovinezza le renderà difficili gli ultimi istanti. Infatti la linfa è così abbondante in quel povero essere, malgrado il suo stato di deperimento, che l'anima se ne distaccherà a fatica. Oh, pregate! Più tardi ella vi aiuterà e vi consolerà, perché il suo Spirito è più elevato degli Spiriti delle persone che le stanno intorno.

È grazie a un permesso speciale del Signore che ho potuto rispondere a ciò che mi hai chiesto, perché bisogna che questo Spirito sia aiutato, affinché il distacco sia per lui più facile."

Il padre di Anna Bitter è morto dopo aver sopportato il vuoto dell'isolamento in seguito alla perdita della sua creatura. Ecco le prime comunicazioni che l'una e l'altro hanno dato dopo la loro morte.

La figlia. "Grazie, amico mio, di esservi interessato a questa povera fanciulla, e di aver seguito i consigli della vostra buona preghiera. Sì, grazie alle vostre preghiere, ho potuto lasciare più facilmente il mio involucro terrestre, dal momento che mio padre, ahimè, non pregava: lui malediceva. Io, tuttavia, non gliene voglio: ciò accadeva in seguito alla sua grande tenerezza per me. Prego Dio di fargli la grazia di venire illuminato prima di morire. Io lo esorto, lo incoraggio; la mia missione è proprio quella di addolcire i suoi ultimi istanti. A volte un raggio di luce divina sembra giungere fino a lui; ma non è che un lampo fugace, e ben presto ripiomba nelle sue idee primitive. Non c'è in lui che un germe di fede, presto soffocato dagli interessi mondani, e che solo nuove e più terribili prove potranno sviluppare. Almeno, temo molto che sia così. Quanto a me, non avevo che un resto di espiazione da subire, ed è per questo ch'essa non è stata né troppo dolorosa né troppo difficile. Durante la mia strana malattia, io non soffrivo; ero piuttosto uno strumento di prova per mio padre, poiché, nel vedermi in quello stato, egli soffriva più di quanto non soffrissi io stessa. Io ero rassegnata, lui non lo era affatto. Oggi ne sono ricompensata, Dio mi ha fatto la grazia di abbreviare il mio soggiorno sulla Terra, e di ciò io lo ringrazio. Tra i buoni Spiriti che mi attorniano io sono felice; tutti noi attendiamo alle nostre occupazioni con gioia: l'inattività, infatti, sarebbe un crudele supplizio."

Il padre (un mese dopo, circa, la sua morte). Il nostro scopo, quando vi chiamiamo, è quello di informarci sulla vostra situazione nel mondo degli Spiriti, per esservi utili se ciò fosse in nostro potere.

«Al mondo degli Spiriti! Ma io non ne vedo affatto! Vedo solo uomini che ho conosciuto, e nessuno di essi pensa a me, né mi rimpiange; al contrario, sembrano contenti di essersi liberati di me.»

— Vi rendete conto della vostra situazione?

«Perfettamente. Per un certo periodo ho creduto di essere ancora uno del vostro mondo, ma ora so benissimo di non farne più parte.»

— Come mai allora non vedete altri Spiriti attorno a voi?

«Lo ignoro. Tutto è comunque chiaro intorno a me.»

— Non avete ancora rivisto vostra figlia?

«No. È morta; io la cerco, la chiamo, ma inutilmente. Quale vuoto orribile mi ha lasciato sulla Terra la sua morte! Morendo, mi dicevo che l'avrei senza dubbio ritrovata. Invece, niente! Attorno a me sempre e solo il vuoto: nessuno che mi rivolga una parola di consolazione e di speranza. Addio. Vado a cercare mia figlia.»

La guida del medium. Questo uomo non era né ateo né materialista; ma era di quelli che vagamente credono, senza però preoccuparsi né di Dio né dell'avvenire, assorbiti come sono dagli interessi terreni. Profondamente egoista, senza dubbio avrebbe sacrificato tutto per salvare sua figlia, ma avrebbe anche sacrificato, senza alcuno scrupolo, tutti gli interessi altrui per il suo profitto personale. All'infuori che per sua figlia, non aveva attaccamento per nessuno. Dio, per tutto ciò, lo ha punito, come voi ben sapete; gli ha tolto la sua consolazione sulla Terra e siccome non si è ancora pentito, egualmente gliel'ha tolta nel mondo degli Spiriti. Egli sulla Terra non si interessava a nessuno, e qui nessuno si interessa a lui. Egli è solo, abbandonato: questa è la sua punizione. Sua figlia è tuttavia accanto a lui, ma egli non la vede; se la vedesse, la sua punizione cesserebbe, ma che cosa fa lui, in tali circostanze? Si rivolge a Dio? Si pente? No. Si lamenta sempre, bestemmia anche; in una parola, fa esattamente quello che faceva sulla Terra. Aiutatelo, con la preghiera e con i consigli, a venir fuori dal suo accecamento.


Joseph Maître, il cieco


Joseph Maître apparteneva al ceto medio della società; godeva di una modesta agiatezza che lo poneva al riparo dal bisogno. I suoi genitori gli avevano fatto dare una buona educazione per destinarlo all'industria, ma a vent'anni il giovane divenne cieco. È morto nel

1845, intorno alla cinquantina. Circa dieci anni prima della sua morte, era stato colpito da un'altra infermità: era diventato completamente sordo, cosicché i suoi rapporti con il mondo degli incarnati potevano aver luogo solo attraverso il tatto. Non vedere più era già molto doloroso, ma non sentire più era un supplizio crudele per chi, avendo goduto di tutte le sue facoltà, doveva ancor di più risentire degli effetti di questa doppia privazione. Quale la causa di questa sua triste sorte? Questa non era la sua ultima esistenza, perché la sua condotta era sempre stata esemplare. Era un figlio buono, dal carattere dolce e benevolo, e quando si vide, per di più, privato dell'udito, accettò questa nuova prova con rassegnazione, e mai lo si udì lagnarsene. I suoi discorsi denotavano una perfetta lucidità di spirito e una intelligenza fuori dal comune.

Una persona che l'aveva conosciuto, presumendo che si potessero trarre utili insegnamenti da un colloquio con lui, ne evocò lo Spirito e, in risposta alle domande che gli furono rivolte, ottenne da lui la comunicazione che di seguito riportiamo.

(Parigi, 1863)

"Amici miei, vi ringrazio di esservi ricordati di me, benché, forse, non vi sarebbe venuto in mente, se non aveste sperato di trarre qualche vantaggio dalla mia comunicazione. Ma so che un motivo più serio vi anima, ed è per questo che con piacere mi presento al vostro appello, felice di servire al vostro orientamento. Possa il mio esempio aggiungersi alle numerose prove che gli Spiriti vi danno della giustizia di Dio.

Voi mi avete conosciuto cieco e sordo, e vi sarete chiesti che cosa io avessi fatto per meritare una simile sorte. Ve lo dirò. Prima di tutto, sappiate che quella era la seconda volta che io venivo privato della vista. Nella mia precedente esistenza, agli inizi del secolo, io divenni cieco all'età di trent'anni in seguito ad eccessi d'ogni genere, che avevano minato la mia salute e indebolito i miei organi. E questa era già una punizione per aver io abusato dei doni che avevo ricevuto dalla Provvidenza; ero, infatti, largamente dotato. Ma, invece di riconoscere che ero io la causa prima della mia infermità, ne accusavo quella stessa Provvidenza, alla quale, del resto, credevo poco. Ho bestemmiato contro Dio, L'ho rinnegato, L'ho accusato dicendo che, se Egli esisteva, doveva essere ben ingiusto e malvagio, dal momento che faceva tanto soffrire le Sue creature. Avrei dovuto, al contrario, ritenermi fortunato per non essere costretto, come tanti altri miserabili ciechi, a mendicare il mio pane. E invece no; non pensavo che a me e alla privazione delle gioie che mi era stata imposta. Sotto il dominio di queste idee e per la mia mancanza di fede, ero diventato irascibile, esigente, in una parola insopportabile per tutti quelli che vivevano attorno a me. La vita era ormai senza scopo per me, e non pensavo più all'avvenire, cui guardavo come a una chimera. Dopo aver inutilmente esaurito tutte le risposte della Scienza, considerando impossibile la mia guarigione mi risolsi a farla finita. E mi suicidai.

Al mio risveglio, ahimè, mi ritrovai immerso nelle medesime tenebre della mia vita. Tuttavia non tardai a capire che non appartenevo più al mondo corporale, ero uno Spirito, ma uno Spirito cieco. La vita d'oltretomba era dunque una realtà! Invano cercavo di liberarmi di quell'idea, per sprofondare nel nulla: mi scontravo col vuoto. Se quella vita doveva essere per sempre — come avevo sentito dire — io dunque sarei stato in quella situazione per l'eternità? Quel pensiero era spaventoso. Io non soffrivo fisicamente, ma dirvi le angosce e i tormenti del mio Spirito è cosa impossibile. Quanto tempo durò tutto questo? Lo ignoro. Ma quanto quel tempo mi sembrò lungo!

Spossato, sfiancato, tornai infine in me stesso. Compresi che un potere superiore gravava su di me; mi dissi allora che se quel potere poteva abbattermi, poteva anche consolarmi, e ne implorai la pietà. Nella misura in cui io pregavo — e il mio fervore aumentava — qualcosa mi suggeriva che quella crudele posizione avrebbe avuto un termine. Infine si fece luce. Massima fu la mia estasi quando intravidi i fulgori celesti e quando distinsi gli Spiriti, che mi attorniavano, sorridermi con benevolenza e fluttuare radiosi nello Spazio. Volli seguire le loro tracce, ma una forza invisibile mi trattenne. Allora uno di loro mi disse: Dio, che tu rinnegasti, ha tenuto conto del tuo ritorno a Lui e ci ha permesso di renderti la luce. Ma tu hai ceduto solamente alla coercizione e alla stanchezza. D'ora in poi se vuoi partecipare alla felicità di cui si gode qui, bisogna che tu provi la sincerità del tuo pentimento e dei tuoi buoni sentimenti, ricominciando la tua prova terrena, in condizioni tali che ti troverai esposto a ricadere nei medesimi sbagli, perché questa prova sarà ancora più dura della prima'. Accettai prontamente, ripromettendomi di non più fallire.

Sono dunque tornato sulla Terra nelle condizioni che voi conoscete. Non mi è stato difficile essere buono, poiché non ero malvagio per natura; mi ero ribellato a Dio, e Dio mi aveva punito. Mi sono reincarnato con fede innata, perciò non mi lagnai più contro di Lui, e accettai la doppia infermità con rassegnazione e come una espiazione che doveva avere la sua origine nella sovrana giustizia. L'isolamento in cui mi sono trovato negli ultimi anni non aveva nulla di disperante, perché avevo fede nell'avvenire e nella misericordia di Dio. Ciò mi è stato molto proficuo, perché durante quella lunga notte, in cui tutto era silenzio, la mia anima, più libera, si protendeva verso l'Eterno e intravedeva l'infinito attraverso il pensiero. Quando la fine del mio esilio è giunta, il mondo degli Spiriti non ha avuto per me che splendori e ineffabili gioie.

Il confronto con il passato mi fa considerare la mia situazione felicissima e ne rendo grazie a Dio. Ma quando spingo lo sguardo in avanti, vedo quanto io sia ancora lontano dalla perfetta felicità. Ho espiato, ma ora bisogna che ripari. La mia ultima esistenza non è stata utile che a me soltanto. Spero di incominciarne presto una nuova, in cui possa essere utile agli altri: sarà questa la riparazione alla mia inutilità precedente. Allora soltanto potrò avanzare sulla via benedetta, aperta a tutti gli Spiriti di buona volontà.

Ecco la mia storia, amici miei. Se il mio esempio può illuminare qualcuno dei miei fratelli incarnati ed evitare loro il fango in cui io sono caduto, avrò incominciato a pagare il mio debito."

Joseph