IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Capitolo VII - SPIRITI INDURITI

Lapommeray
Il castigo della luce


In una delle sedute della Società di Parigi in cui si era discussa la questione del turbamento che segue generalmente la morte, uno Spirito, al quale nessuno aveva fatto allusione e che non si pensava affatto di evocare, si manifestò spontaneamente con la comunicazione che riportiamo; benché essa non fosse firmata, vi si riconobbe senza indugio un grande criminale che la giustizia umana aveva appena colpito.

"Perché parlate del turbamento? Perché queste vane parole? Voi siete soltanto dei sognatori e degli utopisti. Voi ignorate completamente le cose di cui pretendete di occuparvi. No, signori, il turbamento non esiste, salvo forse nei vostri cervelli. Io sono morto il più assolutamente possibile, e vedo chiaro in me, attorno a me, dappertutto!... La vita è una lugubre commedia! Sprovveduti coloro che si fanno mandar via dalla scena prima che cali il sipario!... La morte è un terrore, un castigo, un desiderio, secondo la debolezza o la forza di coloro che la temono, che la sfidano o la implorano. Per tutti, è un'amara beffa!... La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere... Sono stato punito con le tenebre della tomba o con quelle segnate dalle superstizioni del Cattolicesimo. Ebbene, siete voi, signori, che subite l'oscurità, e io, quello socialmente degradato, io plano al di sopra di voi... Io voglio restare me stesso!... Forte del mio pensiero, disdegno gli avvenimenti che riecheggiano intorno a me... Io vedo chiaro... Un crimine! È una parola! Il crimine esiste dappertutto. Quando esso è commesso da masse di uomini, lo si glorifica; commesso individualmente, lo si considera un'infamia. Che assurdità!

Non voglio essere pianto... non domando niente... io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa."

Colui che ieri era un uomo


Analizzata questa comunicazione nella seduta successiva, si riconobbe, nel cinismo stesso del suo linguaggio, un profondo insegnamento. Si vide anche, nella situazione di questo sventurato, una nuova fase del castigo che attende il colpevole. In effetti, mentre alcuni sono immersi nelle tenebre o in un isolamento assoluto, altri soffrono, per lunghi anni, le angosce dell'ultima ora, oppure si credono ancora in questo mondo. Ma per costui la luce brilla ancora; il suo Spirito gode della pienezza delle sue facoltà; egli sa perfettamente di essere morto e non si lamenta di nulla; non chiede alcuna assistenza e sfida ancora le leggi divine e umane. Sfuggirà egli, dunque, alla punizione? No. Il fatto è che la giustizia di Dio si compie sotto tutte le forme, e ciò che fa la gioia degli uni costituisce il tormento degli altri. Questa luce è il suo supplizio e contro di essa egli si ribella. E, malgrado il suo orgoglio, lo confessa quando dice: "Io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa". E in quest'altra frase: "La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere". Queste parole — la sottigliezza del mio essere — sono caratteristiche; con esse, infatti, egli riconosce che il suo corpo è fluidico ed è penetrabile dalla luce, alla quale egli non può sfuggire; e questa luce lo penetra come una freccia acuminata.

Questo Spirito viene collocato fra gli Spiriti induriti, poiché si è astenuto per lungo tempo dal manifestare il minimo pentimento. È un esempio di quella verità, secondo la quale non sempre il progresso morale segue il processo intellettuale. A poco a poco, tuttavia, egli si è corretto e, più tardi, ha dato delle comunicazioni saggiamente ragionate e istruttive. Oggi egli può essere collocato fra gli Spiriti pentiti.

Le nostre guide spirituali, pregate di esprimere il loro giudizio su questo argomento, hanno dettato le tre comunicazioni che riportiamo qui di seguito e che meritano una particolare attenzione.


I


Dal punto di vista delle esistenze, gli Spiriti nell'erraticità possono considerarsi inattivi e in aspettativa. Ma nel frattempo essi possono espiare, ammesso che il loro orgoglio e la incredibile tenacia nei loro errori non li trattengano al momento della loro progressiva ascesa. Voi ne avete un esempio terribile nell'ultima comunicazione di questo criminale incallito, il quale si dibatte contro la giustizia divina che lo serra dopo quella degli uomini. Allora, in casi simili, l'espiazione, o piuttosto la fatale sofferenza che li opprime, invece di giovare e di far loro cogliere il profondo significato delle loro pene, li inasprisce nella ribellione, e fa loro emettere quei mormorii che le Scritture, nella loro poetica eloquenza, chiamano il digrignar dei denti. Immagine, questa, simbolica per eccellenza! Segno della sofferenza avvilita ma non sottomessa! Perduta nel dolore, ma la cui rivolta è ancora abbastanza grande per rifiutare di riconoscere la verità della pena e la verità della ricompensa!

I grandi errori si susseguono spesso, anzi quasi sempre, nel mondo degli Spiriti; allo stesso modo, le grandi coscienze criminali. Essere sé stessi, malgrado tutto, e sfilare davanti all'infinito assomiglia all'accecamento di quell'uomo che contempla le stelle e le scambia per gli arabeschi di un soffitto, così come credevano i Galli al tempo di Alessandro.

L'infinito morale esiste! Miserabile e infimo è colui che, con il pretesto di continuare le lotte e le abiette imposture della Terra, non vede più lontano, nell'altro mondo, di quanto non vedesse sulla Terra! Per costui, l'accecamento, il disprezzo degli altri, il culto egoistico e meschino della personalità e l'arresto del progresso. O uomini, è ben vero che esiste un accordo segreto tra l'immortalità di un uomo puro lasciato sulla Terra, e l'immortalità che gli Spiriti realmente custodiscono nelle loro prove successive.

Lamennais


II


Precipitare un uomo nelle tenebre o tra i fiotti di luce: il risultato non è forse lo stesso? Nell'uno e nell'altro caso, egli non vede niente di ciò che lo circonda, e si abituerà anzi più rapidamente all'oscurità che alla monotona luminosità elettrica nella quale può trovarsi immerso. Dunque, lo Spirito con cui abbiamo comunicato nell'ultima seduta esprime bene la realtà della sua situazione, quando dice: "Saprò lottare contro questa luce odiosa!" Infatti, questa luce è tanto più terribile, tanto più spaventosa in quanto lo trapassa completamente, rendendo visibili e palesi i suoi pensieri più segreti. È questo uno dei lati più crudeli della sua punizione spirituale. Egli si trova, per così dire, nella casa di vetro invocata da Socrate, e questo è ancora un insegnamento, perché ciò che sarebbe stato la gioia e la consolazione del saggio, diviene la punizione infamante e continua del malvagio, del criminale, del parricida, che rimane sgomentato nel più profondo della sua personalità.

Comprendete, figli miei, il dolore e il terrore che devono tormentare colui che per tutta una sinistra esistenza si è compiaciuto di combinare, di macchinare i delitti più malvagi nel profondo del suo essere, in cui si rifugiava come una belva nella sua tana, e che oggi si ritrova scacciato da quel rifugio nascosto, dove egli si sottraeva agli sguardi e alle indagini dei suoi simili? Ora la sua maschera d'impassibilità gli viene strappata via, e i suoi pensieri, uno dopo l'altro, si riflettono sulla sua fronte!

Sì, ormai, non c'è più nessuna pace, nessun rifugio per questo terribile criminale. Ogni cattivo pensiero — e Dio sa se la sua anima ne esprime — si tradisce fuori e dentro di lui, come sotto una scossa elettrica superiore. Cerca di sfuggire alla moltitudine, e la luminosità odiosa lo trafigge continuamente a giorno. Vuole fuggire, e fugge con una corsa affannosa e disperata attraverso gli incommensurabili spazi. E dappertutto la luce! Dappertutto gli sguardi che s'immergono in lui! Ed egli si precipita di nuovo alla ricerca dell'ombra, alla ricerca della notte, ma l'ombra e la notte non ci sono più per lui. Allora, in suo aiuto, chiama la morte; ma la morte non è che una parola priva di senso. L'infelice fugge sempre! Marcia verso la follia spirituale, castigo terribile, dolore spaventoso, dove si dibatterà contro sé stesso per liberarsi di sé stesso. Questa, infatti, è la legge suprema al di là della Terra: è il colpevole che diventa il più inesorabile castigo di sé stesso.

Quanto tempo durerà questo stato di cose? Fino al momento in cui la sua volontà, alfine vinta, si piegherà alla dilaniante stretta del rimorso; fino al momento in cui la sua fronte superba si umilierà davanti alle sue vittime ormai placate e davanti agli Spiriti di giustizia E osservate l'alta logica delle immutabili leggi: anche in questo, lo Spirito realizzerà ciò che scriveva in quella altezzosa comunicazione, così chiara, così lucida e così perversamente piena di sé, che egli ha trasmesso venerdì scorso, liberandosi con un atto della sua stessa volontà.

Éraste


III


La giustizia umana non fa alcuna eccezione riguardo all'individualità degli esseri che deve punire. Commisurando il delitto al delitto stesso, essa colpisce indistintamente coloro che l'hanno commesso, e la medesima pena raggiunge il colpevole senza distinzione di sesso e qualunque sia la sua educazione. La giustizia divina procede diversamente. Lepunizioni corrispondono al grado di avanzamento degli esseri ai quali esse sono inflitte. L'eguaglianza del crimine non costituisce l'eguaglianza tra gli individui; due uomini colpevoli, col medesimo capo d'accusa, possono essere separati dalla diversità delle prove, sprofondando l'uno nell'opacità intellettiva dei primi cerchi iniziali, mentre l'altro, avendo oltrepassato quei cerchi, dispone della lucidità che affranca lo Spirito dal turbamento. Non sono più, allora, le tenebre a punire, ma la vividezza della luce spirituale. Essa trafigge l'intelligenza terrena e le fa provare gli spasimi di una piaga al vivo.

Gli esseri disincarnati, perseguitati dalla rappresentazione materiale dei loro crimini, subiscono la scossa dell'elettricità fisica: soffrono, cioè, attraverso i sensi. Coloro che sono già smaterializzati percepiscono attraverso lo Spirito un dolore di gran lunga superiore, che annienta, tra i suoi flutti amari, il ricordo dei fatti, per lasciar sussistere soltanto la nozione delle loro cause.

L'uomo può, dunque, malgrado la criminalità delle sue azioni, possedere un avanzamento interiore e, mentre le passioni lo fanno agire come un bruto, le sue migliorate facoltà lo elevano al di sopra della densa atmosfera degli strati inferiori. L'assenza di ponderazione e di equilibrio, tra il progresso morale e il progresso intellettivo, produce le anomalie così frequenti nelle epoche di materialismo e di transizione.

La luce, dunque, che tortura lo Spirito colpevole è precisamente il raggio spirituale, che inonda con la sua luminosità i segreti recessi del suo orgoglio e gli discopre la vacuità del suo essere frammentario. Sono questi i primi sintomi e le prime angosce dell'agonia spirituale. Essi annunciano la separazione o dissoluzione degli elementi intellettuali e materiali, che compongono la primitiva dualità umana e che debbono scomparire nella grandiosa unità dell'essere compiuto.

Jean Reynaud


Queste tre comunicazioni, ottenute simultaneamente, si completano l'una con l'altra e presentano il castigo sotto un nuovo aspetto, eminentemente filosofico e razionale. È probabile che gli Spiriti, volendo trattare questo problema dopo un esempio, abbiamo provocato, a tal fine, la comunicazione spontanea dello Spirito colpevole.

A fianco di questo quadro, basato su un fatto, ecco, per stabilire un parallelo, il quadro che un predicatore traccia dell'inferno, durante la Quaresima, a Montreuil-sur-Mer, nel 1864:

"Il fuoco dell'inferno è milioni di volte più intenso di quello della Terra. Inoltre, se accadesse che uno dei corpi che vi bruciano, e che mai si consumano, fosse gettato sul nostro pianeta, lo appesterebbe da un capo all'altro! L'inferno è una vasta e oscura caverna, irta di chiodi acuminati, di lame di spada ben appuntite, di lame di rasoio ben affilate, nella quale vengono scagliate le anime dei dannati" (vedere la Rivista Spiritista del luglio 1864, pag. 199).


Angèle, una nullità sulla Terra


(Bordeaux, 1862)

Uno Spirito si presenta spontaneamente al medium sotto il nome di Angèle.

1. Vi pentite delle vostre colpe?

«No.»

— Allora perché venite da me?

«Per provare.»

— Non siete dunque felice?

«No.»

— Soffrite?

«No.»

— Che cosa, dunque, vi manca?

«La pace.»

Certi Spiriti considerano sofferenze solo quelle che ricordano loro i dolori fisici, pur ritenendo il loro stato morale insopportabile.

2. Come può mancarvi la pace nella vita spirituale?

«Ho rimpianto del passato.»

— Il rimpianto del passato è un rimorso. Vi pentite, allora?

«No. È per timore del futuro.»

— Che cosa temete?

«L'ignoto.»

3. Volete raccontarmi ciò che avete fatto nella vostra ultima esistenza? Questo mi aiuterà forse a illuminarvi.

«Nulla.»

4. Qual era la vostra posizione sociale?

«Media.»

— Siete stata sposata?

«Sono stata sposa e madre.»

— Avete compiuto con fervore i doveri di questo doppio ruolo?

«No. Mio marito mi annoiava, mi annoiavano anche i miei figli.»

5. Come avete trascorso la vostra vita?

«Divertendomi quand'ero ragazza, annoiandomi quand'ero una giovane donna.»

— Quali erano le vostre occupazioni?

«Nessuna.»

— E chi si occupava della vostra casa?

«La domestica.»

6. Non è forse in questa inutilità che bisogna ricercare la causa dei vostri dispiaceri e delle vostre paure?

«Forse hai ragione.»

— Convenirne non è sufficiente. Volete, per riparare a questa esistenza inutile, aiutare gli Spiriti colpevoli, che soffrono intorno a noi?

«In che modo?»

— Aiutandoli con i vostri consigli e le vostre preghiere.

«Non so pregare.»

— Lo faremo insieme. Imparerete. Volete?

«No.»

— Perché?

«È fatica.»


Istruzioni della guida del medium

Noi ti diamo delle istruzioni, mettendoti sotto gli occhi i diversi gradi di sofferenza e di condizione degli Spiriti condannati all'espiazione, a seguito delle loro colpe.

Angèle era una di quelle creature senza iniziativa, la cui vita è inutile tanto agli altri che a sé stessa. Non amando che il piacere, incapace di cercare, nello studio, nell'adempimento dei doveri verso la famiglia e la società, quelle soddisfazioni del cuore che sole possono dare interesse alla vita — perché appartengono a ogni età —, essa non ha potuto impiegare i suoi anni più giovani che in frivole distrazioni. Ma quando i doveri seri sono sopraggiunti, il mondo ha fatto il vuoto intorno a lei, perché lei aveva fatto il vuoto nel suo cuore. Senza serie manchevolezze, ma anche senza qualità, ella ha fatto l'infelicità di suo marito, distrutto l'avvenire dei suoi figli e rovinato il loro benessere con la sua incuria e la sua indifferenza. Ha compromesso l'equilibrio e l'affettività dei figli innanzi tutto con il suo esempio, poi abbandonandoli alle cure delle domestiche che neppure si dava la pena di scegliere. La sua vita è stata inutile al bene e, anche per questo, colpevole, poiché il male nasce dal bene negletto. Sappiate tutti che non è sufficiente astenersi dagli errori: bisogna praticare le virtù che a essi sono opposte. Studiate i comandamenti del Signore, meditateli e considerate che, se essi vi pongono una barriera che vi arresta sul ciglio della cattiva strada, nel medesimo tempo vi inducono a tornare indietro per imboccare la strada opposta, quella che conduce al bene. Il male è opposto al bene; perciò colui che vuole evitarlo deve entrare nella strada opposta, altrimenti la sua vita è inutile, e le sue opere sono morte. Dio, il Padre nostro, non è il Dio dei morti, ma il Dio dei vivi.

— Posso domandarvi qual era stata l'esistenza anteriore di Angèle? L'ultima dovrebbe esserne stata la conseguenza.

«Ella aveva vissuto nell'inutilità e nella beata pigrizia della vita monastica. Pigra ed egoista per inclinazione, ha voluto sperimentare la vita di famiglia, ma lo Spirito ha progredito molto poco. Ha sempre respinto la voce intima che le presentava il pericolo; la china era dolce ed ella ha preferito abbandonarvisi piuttosto che fare lo sforzo di arrestarsi all'inizio. Ancor oggi comprende il pericolo che comporta mantenersi in questa neutralità, ma non si sente la forza di fare il minimo tentativo per uscirne. Pregate per lei. Svegliatela. Fate che i suoi occhi si aprano alla luce: è un dovere. Non trascuratene nessuno.

L'uomo è stato creato per l'attività: attività di spirito è la sua essenza; attività del corpo è una necessità. Realizzate dunque le condizioni della vostra esistenza, come Spirito destinato alla pace eterna. Quale corpo destinato al servizio dello Spirito, il vostro corpo altro non è che una macchina sottoposta alla vostra intelligenza. Lavorate, coltivate dunque l'intelligenza, affinché essa dia un impulso salutare allo strumento che deve aiutarla nell'adempimento della sua missione. Non concedete al vostro corpo né riposo né tregua, e tenete sempre presente che la pace alla quale voi aspirate vi sarà data soltanto dopo il lavoro. Quindi, quanto più a lungo avrete trascurato il lavoro, tanto più a lungo durerà per voi l'ansia dell'attesa.

Lavorate, lavorate incessantemente. Adempite a tutti i vostri doveri, senza eccezioni. Eseguiteli con zelo, con coraggio, con perseveranza, e la vostra fede vi sosterrà. Colui che, nella vostra società, svolge con coscienza il compito più ingrato e più vile, è cento volte più elevato agli occhi dell'Altissimo di colui che impone questo compito agli altri, trascurando il suo. Tutto è da considerare un gradino per salire al cielo: non spezzatelo, dunque, sotto i vostri piedi, e consideratevi circondati da amici che vi tendono la mano e che sostengono quelli che ripongono la loro forza nel Signore.»

Monod


Uno Spirito annoiato.


(Bordeaux, 1862)

Questo Spirito si presenta spontaneamente al medium, e chiede delle preghiere.

1. Che cosa vi spinge a chiedere delle preghiere?

«Sono stanco di errare senza scopo.»

— È da molto tempo che vi trovate in questa situazione?

«Da circa centottant'anni.»

— Sulla Terra che cosa avete fatto?

«Niente di buono.»

2. Qual è la vostra posizione tra gli Spiriti?

«Sono tra gli annoiati.»

— Ma questa non costituisce una categoria.

«Tra di noi, tutto costituisce categoria. Ogni sensazione trova quelle simili o quelle simpatiche con cui riunirsi.»

3. Perché, se non siete stato condannato alla sofferenza, siete rimasto per cosi lungo tempo senza progredire?

«Ero condannato alla noia: è una sofferenza tra noi. Tutto ciò che non è letizia è dolore.»

— Siete, dunque, stato costretto all'erraticità, vostro malgrado?

«Sono cause troppo sottili per la vostra intelligenza materiale.»

— Provate a farmele comprendere. Sarà per voi un inizio di utilità.

«Non potrei, non avendo termini di paragone. Una vita spenta sulla Terra lascia allo Spirito, che non ha saputo approfittarne, ciò che il fuoco lascia alla carta ch'esso ha consumata: scintille, che ricordano alle ceneri, ancora unite tra loro, ciò che sono state e la causa della loro nascita o — se vuoi — della distruzione della carta. Queste scintille sono il ricordo dei legami terreni che attraversano lo Spirito fino a quando non avrà disperso le ceneri del suo corpo. Soltanto allora egli, essenza eterea, ha la consapevolezza di sé stesso e desidera il progresso.»

4. Quale potrebbe essere stata la causa di questa noia di cui vi lamentate?

«É la conseguenza dell'esistenza. La noia è figlia della inoperosità. Io non ho saputo impiegare i lunghi anni che ho passato in Terra, la loro conseguenza si è fatta sentire in questo mondo.»

5. Gli Spiriti che, come voi, errano in preda alla noia, non possono far cessare questo stato quando lo vogliono?

«No. Essi non lo possono mai, perché la noia paralizza la loro volontà. Essi subiscono le conseguenze della loro esistenza; sono stati inutili, non hanno avuta alcuna iniziativa e non trovano alcuna collaborazione tra di loro. Sono abbandonati a sé stessi finché la stanchezza di questo stato neutro fa loro desiderare di cambiarlo. Allora, al minimo accenno di volontà che si risveglia in loro, trovano appoggio e buoni consigli che, assecondandoli nei loro sforzi, li aiutano a perseverare.»

6. Potreste dirmi qualcosa sulla vostra vita terrena?

«Ahimè, ben poche cose! Devi comprendermi. La noia, l'inutilità, l'inoperosità provengono dalla pigrizia. La pigrizia è madre dell'ignoranza.»

7. Le vostre esistenze anteriori non vi hanno fatto progredire?

«Sì, tutte, ma ben poco, poiché tutte sono state le une il riflesso delle altre. C'è sempre un progresso, ma così poco sensibile, che per noi è inapprezzabile.»

8. In attesa che voi ricominciate un'altra esistenza, vorreste venire più spesso da me?

«Chiamami per costringermici. Potrai farmi solo un favore.»

9. Potreste dirmi perché la vostra scrittura cambia così spesso?

«Perché tu mi fai molte domande; ciò mi affatica, e io ho bisogno di aiuto.»

La guida del medium. È il lavoro mentale che lo affatica e che ci obbliga a prestargli il nostro aiuto perché egli possa rispondere alle tue domande. È inattivo nel mondo degli Spiriti, come lo è stato nel mondo terrestre. Noi l'abbiamo condotto da te per tentare di trarlo fuori dall'apatia di questa noia — che è una vera sofferenza, più penosa a volte delle più acute sofferenze — perché può prolungarsi all'infinito. Riesci a immaginarti la tortura della prospettiva di una noia senza fine? La maggior parte degli Spiriti di questa categoria ricerca una esistenza terrena solo come distrazione, per rompere l'insopportabile monotonia della esistenza spirituale. Così arrivano sulla Terra spesso senza determinate risoluzioni per compiere il bene. È per questo che devono sempre ricominciare, fino a quando il progresso non si faccia sentire in loro!


La regina d'Oude


morta in Francia nel 1858

1. Che sensazione avete provato lasciando la vita terrena?

«Non saprei dire. Provo ancora un certo turbamento.»

— Siete felice?

«Rimpiango la vita... non so... provo un acuto dolore... la vita me ne avrebbe liberato... vorrei che il mio corpo si levasse dal sepolcro.»

2. Rimpiangete di non essere stata sepolta nel vostro paese e di trovarvi invece sepolta tra i Cristiani?

«Sì. La terra indiana peserebbe meno sul mio corpo.»

— Che cosa pensate degli onori funebri tributati alle vostre spoglie?

«Sono stati ben poca cosa. Io ero una regina, e non tutti hanno piegato le ginocchia davanti a me... Lasciatemi... mi si costringe a parlare... io non voglio che voi sappiate ciò che sono ora... Sono stata regina, sappiatelo bene.»

3. Noi rispettiamo il vostro rango e vi preghiamo di volerci rispondere col proposito di istruirci. Pensate che vostro figlio recupererà un giorno gli Stati di suo padre?

«Certamente. Il mio sangue regnerà; ne è degno.»

—Attribuite alla restaurazione di vostro figlio la medesima importanza che era vostra da viva?

«Il mio sangue non può mescolarsi con quello del popolo.»

4. Non si è potuto scrivere sul vostro atto di morte il vostro luogodi nascita. Vorreste ora comunicarcelo?

«Io sono nata dal più nobile sangue dell'India. Credo di essere nata a Delhi.»

5. Voi che siete vissuta tra gli splendori del lusso e che siete stata circondata di onori, che cosa ne pensate adesso?

«Che mi erano dovuti.»

— Il rango che avete occupato sulla Terra ve ne assicura uno più elevato nel mondo dove vi trovate oggi?

«Io sono sempre regina... mi si inviino degli schiavi per servirmi!... Non so: non pare che ci si occupi di me qui... tuttavia sono sempre io.»

6. Appartenevate alla religione musulmana o a una religione indù?

«Musulmana. Ma io ero troppo grande per occuparmi di Dio.»

— Quale differenza c'è, per voi, tra la religione che voi professate e la religione cristiana, dal punto di vista della felicità umana?

«La religione cristiana è assurda. Dice che tutti sono fratelli!»

— Qual è la vostra opinione su Maometto?

«Non era figlio di re.»

— Credete ch'egli ebbe una missione divina?

«Ma che m'importa questo?»

— Qual è la vostra opinione sul Cristo?

«Il figlio del falegname non è degno di occupare la mia mente.»

7. Che cosa pensate dell'usanza secondo la quale le donne musulmane si sottraggono agli sguardi degli uomini?

«Penso che le donne sono fatte per dominare: io ero una donna.»

— Avete qualche volta invidiata la libertà di cui godono le donne in Europa?

«No. Che m'importava della loro libertà? Vengono forse servite in ginocchio, loro?»

8. Vi ricordate di aver avuto altre esistenze sulla Terra prima di quella che avete appena lasciata?

«Dovrei esser sempre stata una regina.»

9. Come mai siete venuta così prontamente alla nostra chiamata?

«Non l'ho voluto io; mi ci hanno costretta... Pensi forse che mi sarei degnata di rispondere? Chi siete dunque voi in confronto a me?»

— Chi vi ha indotto a venire?

«Io non lo so... tuttavia non dev'essercene di più importanti di me.»

10. Sotto quale forma siete qui?

«Io sono sempre regina... pensi tu dunque che io abbia cessato di esserlo?... Siete poco rispettoso... Sappiate che ci si rivolge in altro modo alle regine.»

11. Se potessimo vedervi vi vedremmo con i vostri ornamenti, con i vostri gioielli?

«Certamente!»

— Come accade che, avendo lasciato tutto ciò, il vostro Spirito ne abbia conservato l'apparenza, soprattutto quella dei vostri ornamenti?

«Essi non mi hanno affatto lasciato... Io sono sempre bella come lo ero... non so che idea vi siate fatti di me! È vero, però, che non mi avete mai vista.»

12. Che impressione provate a trovarvi in mezzo a noi?

«Se lo potessi, non sarei qui. Voi mi trattate con così poco rispetto!»

San Luigi. Lasciatela stare. La poveretta è smarrita. Abbiate pietà del suo accecamento. Che lei vi serva di esempio. Voi non sapete quanto soffre il suo orgoglio.

Evocando questa grandezza decaduta — ora nella tomba — noi non speravamo in risposte di grande profondità, visto il genere di educazione delle donne di quel paese. Ma noi pensavamo di trovare in questo Spirito, se non proprio della filosofia, almeno una cognizione più vicina alla realtà, e delle idee più sensate relativamente alle vanità e alle grandezze terrene. Ben lungi da ciò, vediamo che in lei le idee terrene hanno mantenuta tutta la loro forza; che l'orgoglio niente ha perduto delle sue illusioni; ch'ella lotta contro la sua stessa fragilità; e che, in effetti, molto deve soffrire per la sua impotenza.


Xumène


(Bordeaux, 1862)

Sotto questo nome, uno Spirito si presenta spontaneamente alla medium, abituata a questo genere di manifestazioni, poiché la sua missione pare essere quella di assistere gli Spiriti inferiori, che la sua guida spirituale conduce a lei con un doppio scopo: l'istruzione stessa della medium e l'avanzamento degli Spiriti inferiori.

— Chi siete? Questo nome è quello di un uomo o di una donna?

«Di un uomo, che di più infelici non ce n'è. Io soffro tutti i tormenti dell'inferno.»

— Se l'inferno non esiste, come potete provarne i tormenti?

«È una domanda superflua.»

— Se io me ne rendo ben conto, altri però potrebbero aver bisogno di spiegazioni.

«Di questi altri io non mi preoccupo.»

— L'egoismo non è forse tra le cause delle vostre sofferenze?

«Torse.»

— Se volete sentirvi sollevato, cominciate col ripudiare le vostre malvagie inclinazioni.

«Non occuparti di questo; non è affar tuo. Comincia tu a pregare per me come per gli altri, poi si vedrà.»

— Se non mi aiutate col vostro pentimento, la preghiera sarà poco efficace.

«Se tu parli, invece di pregare, mi farai progredire ben poco.»

— Desiderate dunque avanzare?

«Forse. Non si sa mai. Vediamo se la preghiera allevia le mie sofferenze! L'essenziale è questo.»

— Allora unitevi a me con la ferma volontà di ottenerne giovamento.

«Va, pure.»

— (Dopo una preghiera della medium.) Siete soddisfatto?

«Non come avrei voluto.»

— Un rimedio applicato per la prima volta non può guarire immediatamente un vecchio malanno.

«È possibile.»

— Vorreste ritornare?

«Sì, se tu mi chiami.»

La guida della medium. Figlia mia, dovrai penare molto, con questo Spirito indurito, ma non ci sarebbe molto merito a salvare quelli che non si sono perduti. Coraggio! Persevera e trionferai. Non ce ne sono di così colpevoli da non poter essere corretti con la persuasione e con l'esempio, perché anche gli Spiriti più perversi alla lunga finiscono per emendarsi. Se non si riesce subito a riportarli ai buoni sentimenti — cosa che spesso è impossibile — la fatica che uno ha impiegato non è perduta. Le idee che sono state in essi gettate li agitano e li fanno riflettere, loro malgrado. Sono semi che presto o tardi daranno i loro frutti. Non si spezza una pietra al primo colpo di piccone.

Ciò che ti dico qui, figlia mia, si applica anche agli incarnati, e tu devi comprendere, poiché lo Spiritismo non rende immediatamente uomini perfetti neppure gli adepti più credenti. La credenza è un primo passo, la fede viene in seguito, e la trasformazione avrà anch'essa il suo turno. Ma molti dovranno venire a ritemprarsi nel mondo degli Spiriti.

Fra gli induriti non ci sono soltanto Spiriti perversi e malvagi. Grande è il numero di coloro che senza cercare di commettere il male, rimangono indietro per orgoglio, indifferenza o apatia. Essi non sono meno infelici, perché soffrono tanto più della loro inerzia in quanto non hanno, in compenso, le distrazioni del mondo. La prospettiva dell'infinito rende loro intollerabile la posizione in cui si trovano, e tuttavia non hanno né la forza né la volontà di uscirne. Sono, costoro, quelli che nell'incarnazione conducono quelle esistenze inoperose, inutili per sé e per gli altri, e che spesso finiscono col suicidarsi, senza seri motivi, per una sorta di ripugnanza verso la vita.

Questi Spiriti, generalmente, sono più difficili da ricondurre al bene di quanto lo siano coloro che sono decisamente malvagi, perché in loro vi è dell'energia. Una volta illuminati, costoro si votano al bene col medesimo ardore con cui si erano votati al male. Agli altri occorreranno, senza dubbio, molte esistenze per progredire sensibilmente. Ma a poco a poco, vinti dalla noia — come altri dalla sofferenza — essi cercheranno una distrazione in un'occupazione qualsiasi che, più tardi, diventerà per loro un bisogno.