IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Capitolo IV - SPIRITI SOFFERENTI

Il castigo


Esposizione generale dello stato dei colpevoli, al loro ingresso nel mondo degli Spiriti, dettata alla Società Spiritista di Parigi nell'ottobre del 1860

Gli Spiriti malvagi, egoisti e duri sono, subito dopo la morte, presi da un dubbio crudele riguardo al loro destino presente e futuro. Essi si guardano intorno; e dapprima non vedono alcun soggetto sul quale possa esercitarsi la loro malvagia personalità, poi la disperazione s'impadronisce di loro, poiché l'isolamento e l'inattività sono intollerabili per gli Spiriti malvagi. Essi non levano mai lo sguardo sui luoghi abitati dai puri Spiriti; considerano soltanto ciò che li circonda. E ben presto, colpiti dall'avvilimento degli Spiriti fragili e in punizione, si avventano su di loro come su di una preda, servendosi del ricordo delle passate colpe di costoro, colpe che essi continuamente mettono in campo per le loro gesta derisorie. Non essendo questo ludibrio a loro sufficiente, si precipitano sulla Terra come avvoltoi affamati; cercano fra gli uomini l'anima che aprirà un più facile accesso alle loro tentazioni; se ne impossessano, eccitano le sue bramosie e cercano di spegnere la sua fede in Dio. Quando, infine, padroni di una coscienza, vedono assicurata la loro preda, estendono il loro fatale contagio a tutto ciò che è vicino alla loro vittima.

Lo Spirito malvagio nel manifestare la sua rabbia è quasi felice; soffre soltanto nei momenti in cui non agisce e anche in quelli in cui il bene ha ragione del male.

Tuttavia i secoli passano. Il cattivo Spirito sente tutt'a un tratto le tenebre invaderlo. Il suo cerchio d'azione si restringe. La sua coscienza, muta fino ad allora, gli fa sentire le fitte acute del pentimento. Inattivo, trascinato dal turbine, egli erra, sentendo, come dicono le Scritture, i peli della sua carne rizzarsi per il terrore. Ben presto un grande vuoto si fa in lui e attorno a lui. Il momento è giunto: deve espiare. La reincarnazione è là, minacciosa; egli vede, come in un miraggio, le prove terribili che lo attendono; vorrebbe indietreggiare e invece avanza. Precipitato nell'abisso spalancato della vita, rotea atterrito finché il velo dell'ignoranza ripiomba sui suoi occhi. Vive, agisce, è ancora colpevole; avverte in sé un indefinito ricordo inquieto, presentimenti che lo fanno tremare, ma non allontanare dalla via del male. Al termine delle sue forze e delle sue colpe, egli è sul punto di morire. Disteso su di un giaciglio o sul suo letto — che importa! — l'uomo colpevole sente, sotto la sua apparente immobilità, muoversi e vivere dentro di sé un mondo di sensazioni dimenticate. Sotto le palpebre chiuse vede balenare un chiarore, e sente anche strani suoni; la sua anima che sta per lasciare il corpo si agita impaziente, mentre le sue mani raggrinzite tentano di aggrapparsi ai drappi. Vorrebbe parlare, vorrebbe gridare a coloro che lo attorniano: "Trattenetemi! Io vedo il castigo!" Ma non può. La morte si fissa sulle sue labbra illividite, e gli astanti dicono: "Eccolo in pace!"

Tuttavia egli ode tutto; fluttua attorno al suo corpo che non vorrebbe abbandonare; una forza segreta lo attira; vede, riconosce ciò che ha già visto. Terrorizzato, si lancia nello Spazio dove vorrebbe nascondersi. Niente riparo! Niente riposo! Altri Spiriti gli rendono il male che ha fatto. A sua volta castigato, deriso e confuso, erra ed errerà finché la luce divina penetrerà nella sua durezza e lo rischiarerà per mostrargli il Dio che riscatta, il Dio che trionfa su tutti i mali, e che egli potrà placare solo a forza di gemiti ed espiazioni.

Georges


Mai quadro più eloquente, più terribile e più vero è stato tracciato sulla sorte del malvagio. È dunque necessario far ricorso alla fantasmagoria delle fiamme e delle torture fisiche?


Novel


(Lo Spirito si rivolge al medium, che l'aveva conosciuto da vivo)

"Sto per raccontarti ciò che ho sofferto quando sono morto. Il mio Spirito, attaccato al mio corpo dai legami materiali, ha avuto una grande difficoltà a liberarsene, la qual cosa è stata una prima e dura angoscia. La vita che avevo lasciata a ventiquattro anni era ancora così forte in me, che non potevo credere alla sua perdita. Cercavo il mio corpo, ed ero stupito e spaventato di vedermi sperduto in mezzo a questa folla di ombre. Alla fine, la coscienza del mio stato e la rivelazione degli errori, che avevo commesso in tutte le mie incarnazioni, mi colpirono tutt'a un tratto. Una luce implacabile illuminò le pieghe più recondite della mia anima, che si sentì nuda, schiacciata da una vergogna insopportabile. Cercavo di eluderla interessandomi agli oggetti nuovi, e tuttavia conosciuti, che mi circondavano. Gli Spiriti radiosi, che fluttuavano nell'etere, mi davano l'idea di una felicità alla quale io non potevo aspirare. Forme oscure e desolate, alcune piombate in una cupa disperazione, altre ironiche o furiose, aleggiavano intorno a me e sulla Terra a cui continuavo a restare attaccato. Vedevo gli umani, di cui invidiavo l'ignoranza, agitarsi; tutta una serie di sensazioni sconosciute, o ritrovate, m'invase tutt'a un tratto. Come trascinato da una forza irresistibile, cercando di sfuggire a quel dolore esasperato, superavo le distanze, gli elementi, gli ostacoli, senza che le bellezze della natura e gli splendori celesti potessero calmare per un istante né il tormento della mia coscienza né la paura che la rivelazione dell'eternità mi procurava. Un mortale può avere presentimenti sulle torture materiali attraverso i brividi della carne, ma i vostri fragili dolori, addolciti dalla speranza, temperati dalle distrazioni, uccisi dall'oblio, non potranno mai farvi comprendere le angosce di un'anima che soffre senza tregua, senza speranza, senza pentimento. Ho passato un certo tempo, di cui non posso valutare la durata, individuando gli eletti di cui intravedevo lo splendore, detestando i cattivi Spiriti che mi perseguitavano con i loro motteggi, disprezzando gli umani di cui vedevo le turpitudini, passando da un profondo avvilimento a una rivolta insensata. Alla fine tu mi hai chiamato e, per la prima volta un sentimento dolce e tenero mi ha calmato. Ho ascoltato gli insegnamenti che ti danno le tue guide; la verità mi ha pervaso, e io ho pregato. Dio mi ha ascoltato; Egli si è rivelato a me nella Sua clemenza, così come mi si era rivelato nella Sua giustizia."

Novel


August Michel


(Le Havre, marzo del 1863)

Era un giovane ricco e gaudente, che amava largamente ed esclusivamente la vita materiale. Benché intelligente, l'indifferenza per le cose serie era il tratto saliente del suo carattere. Senza vistose malignità, più buono che cattivo, era apprezzato dai suoi compagni di piacere e molto ricercato nell'alta società per le sue qualità d'uomo di mondo; senza aver fatto del male, non aveva neppur fatto del bene. È morto per una caduta dalla carrozza durante una passeggiata. Evocato, qualche giorno dopo la sua morte, da un medium che lo conosceva indirettamente, egli dà successivamente le comunicazioni che qui di seguito riportiamo.

8 marzo 1863 — "Misono appena distaccato dal mio corpo; così, riesco a parlarvi, anche se con una certa difficoltà. La terribile caduta che fece morire il mio corpo mette il mio Spirito in un grande turbamento. Sono inquieto perché non so che cosa sto per diventare, e questa incertezza è crudele. L'orrenda sofferenza che il mio corpo ha provato è nulla in confronto al turbamento in cui ora mi trovo. Oh, quale dolore! Grazie, mio Dio! Quale dolore! Addio."

18 marzo — "Mi sono già presentato a voi, ma non ho potuto parlarvi che con estrema difficoltà. E anche in questo momento, a fatica posso comunicare con voi. Siete il solo medium a cui io possa chiedere delle preghiere affinché la bontà di Dio mi sottragga al turbamento in cui mi trovo. Perché soffrire ancora quando il mio corpo non soffre più? Perché questo orrendo dolore, questa orribile angoscia sono sempre presenti? Pregate! Oh, pregate perché Dio mi conceda riposo...Oh, quale crudele incertezza! Io sono ancora attaccato al mio corpo. Soltanto a stento riesco a vedere dove posso essere; il mio corpo è là, e perché io rimango sempre là? Venite a pregare su di lui perché io sia liberato da questa morsa crudele. Dio vorrà pur perdonarmi, spero! Vedo gli Spiriti che sono accanto a voi: è grazie a loro che io posso parlarvi. Pregate per me."

6 aprile — "Sono io e vengo a voi per chiedervi di pregare per me. Bisognava andare sul luogo dove giace il mio colpo e pregare l'Onnipotente di placare le mie sofferenze. Io soffro! Oh, io soffro! Andate in quel luogo — è necessario — e rivolgete al Signore una preghiera perché mi conceda il perdono. Vedo che potrei essere più sereno, ma ritorno senza tregua verso il luogo dove hanno deposto ciò che era di mia pertinenza."

Il medium, non essendosi reso conto dell'insistenza dello Spirito che lo sollecitava ad andare a pregare sulla sua tomba, aveva dimenticato di farlo. Vi andò, tuttavia, più tardi e ricevette la comunicazione che segue.

11 maggio — "Vi attendevo. Con speranza attendevo il momento in cui voi sareste venuto, nel luogo dove il mio Spirito sembra fissato al suo involucro, per implorare il Dio di misericordia, affinché la Sua bontà calmi le mie sofferenze. Voi potete farmi del bene con le vostre preghiere. Non fermatevi, ve ne supplico. Vedo bene come la mia vita sia stata all'opposto di ciò che avrebbe dovuto essere; vedo bene gli errori che ho commesso. Sono stato tra gli esseri più inutili al mondo; non ho fatto nessun buono impiego delle mie facoltà; la mia fortuna ad altro non è servita che a soddisfare le mie passioni, i miei capricci di lusso, la mia vanità; non ho pensato che alle gioie del corpo e non alla mia anima. La misericordia di Dio scenderà mai su di me, povero Spirito che ancora soffre delle colpe terrene? Pregate perché Egli mi perdoni, e perché io sia liberato dai dolori di cui ancora risento. Vi ringrazio per essere venuto qui a pregare per me."

8 giugno — "Posso parlarvi e ringrazio Dio di permettere ciò. Ho visto i miei errori e spero che Dio mi perdonerà. Seguite sempre nella vostra vita la fede che vi anima, poiché essa vi riserva, più tardi, una pace che io ancora non possiedo. Grazie delle vostre preghiere. Arrivederci."

L'insistenza dello Spirito perché si vada a pregare sulla sua tomba è una particolarità degna di nota, ma che ha la sua ragion d'essere, se si considera quanto fossero tenaci i legami che lo trattenevano al suo corpo, e quanto la separazione fosse difficile e si protraesse nel tempo, in seguito alla materialità della sua esistenza. Ben si comprende come, avvicinandosi al corpo, la preghiera avrebbe potuto esercitare una sorta d'azione magnetica più potente, atta a facilitare il distacco. L'usanza quasi generale cli pregare presso i corpi dei defunti, non potrebbe provenire dall'intuizione inconscia che si avrebbe di questo effetto? L'efficacia della preghiera, in tal caso, avrebbe un risultato nello stesso tempo morale e materiale.


I rimorsi di un gaudente


(Bordeaux, 19 aprile 1862)

30 luglio — "Ora sono meno infelice, perché non sento più la catena che mi legava al mio corpo. Alfine sono libero, ma non ho ancora del tutto espiato. È necessario che io recuperi il tempo perduto, se non voglio veder prolungare le mie sofferenze. Dio — io lo spero — vedrà il mio pentimento sincero e vorrà accordarmi il Suo perdono. Pregate ancora per me, ve ne supplico.

Uomini, fratelli miei, io ho vissuto soltanto per me stesso, e oggi io espio ciò e soffro! Che Dio conceda a voi la grazia di evitare le spine che ora lacerano me. Proseguite il vostro cammino sulla larga strada del Signore e pregate per me, poiché io ho abusato dei beni che Dio presta alle Sue creature!

Colui che sacrifica agli istinti brutali l'intelligenza e i buoni sentimenti, che Dio ha collocato in lui, assomiglia all'animale ch'egli spesso maltratta. L'uomo deve usare con sobrietà i beni di cui è depositario; deve abituarsi a vivere soltanto in vista dell'eternità che l'attende e, di conseguenza, distaccarsi dai piaceri materiali. La sua alimentazione non deve avere altro scopo che la sua vigoria; il suo lusso deve essere subordinato alle strette esigenze della sua posizione; i suoi gusti e anche le sue naturali passioni devono essere rette dalla più forte delle ragioni, poiché senza tutto ciò egli si materializzerà sempre di più, anziché purificarsi. Le passioni umane sono catene che penetrano strettamente a spirale nella carne: non rinserratele in essa, dunque. Vivete, ma non siate dei gaudenti. Voi non sapete quanto ciò costi, quando si torna in patria! Le passioni terrene vi spogliano prima ancora di lasciarvi, e voi giungete al cospetto del Signore nudi, completamente nudi. Oh! Ricopritevi di opere buone. Esse vi aiuteranno a superare lo spazio che vi separa dall'Eternità. Manto splendente, esse nasconderanno le vostre umane turpitudini. Avvolgetevi di carità e d'amore, vesti divine che durano eternamente."

Istruzioni della guida del medium. Questo Spirito è sulla buona strada, poiché al pentimento aggiunge dei consigli per mettere in guardia contro i pericoli della via ch'egli ha seguito. Riconoscere i propri torti è già un merito è, di fatto, un passo verso il bene; per questo la sua situazione, senza essere felice, non è più quella d'uno Spirito sofferente. Egli si pente. Gli resta la riparazione che compirà in un'altra esistenza di prova. Ma prima di arrivare a ciò, sapete voi qual è la situazione di questi uomini dalla vita completamente sensuale, che non hanno dato al loro Spirito altra attività che quella d'inventare senza tregua nuovi piaceri? L'influenza della materia li segue nell'oltretomba, né la morte pone fine a quegli appetiti. La loro vista, limitata quanto lo era sulla Terra, cerca invano i mezzi per soddisfarli. Non avendo mai ricercato il nutrimento spirituale, la loro anima erra nello Spazio, senza scopo, senza speranza, in preda all'ansia dell'uomo che non ha davanti a sé che la prospettiva di uno sconfinato deserto. La nullità dei loro impegni intellettuali, durante la vita corporea, causa naturalmente la nullità del lavoro dello Spirito dopo la morte. Non potendo più soddisfare il corpo, non resta loro nulla per soddisfare lo Spirito. Da qui, una noia mortale di cui non presagiscono il termine e a cui preferirebbero il nulla. Ma il nulla non esiste. Hanno potuto uccidere il corpo, ma non possono uccidere lo Spirito. Dovranno vivere in queste torture morali finché, vinti dalla stanchezza, si decideranno a levare uno sguardo verso Dio.


Lisbeth


(Bordeaux, 13 febbraio 1862)

Uno Spirito sofferente si firma con il nome di Lisbeth.

1. Volete darmi qualche particolare sulla vostra situazione e dirmi la causa delle vostre sofferenze?

«Sii umile di cuore, sottomessa alla volontà di Dio, paziente nelle difficoltà, caritatevole verso il povero, rassicurante verso il debole, sensibile a tutte le sofferenze, e non subirai le torture che io sopporto.»

2. Se gli errori vi hanno portata a individuarne le opposte qualità, voi sembrate così dolervi di quegli errori. Non dovrebbe, il vostro pentimento, consolarvi?

«No. Il pentimento è sterile quando è solo la conseguenza della sofferenza. Il pentimento fecondo è quello che ha alla base il dolore, per aver offeso Dio, e l'ardente desiderio di riparare a ciò. Io, sfortunatamente, non sono ancora a questo punto. Raccomandatemi alle preghiere di tutti coloro che si consacrano alle sofferenze. Ne ho bisogno.»

Questa è una grande verità. La sofferenza strappa a volta un grido di pentimento, che non è, però, l'espressione sincera del dispiacere d'aver agito male. Infatti, se lo Spirito non soffrisse più, sarebbe pronto a ricominciare. Ecco perché non sempre il pentimento determina l'immediata liberazione dello Spirito. Vi si dispone, ecco tutto. Ma egli deve dimostrare la sincerità e la solidità delle sue risoluzioni attraverso nuove prove, che sono la riparazione del male che ha commesso. Se si esaminano con attenzione tutti gli esempi che noi citiamo, si troveranno nelle parole, anche in quelle degli Spiriti più infimi, seri argomenti d'istruzione, perché esse ci iniziano ai dettagli più profondi della vita spirituale. Mentre l'uomo superficiale non vedrà in questi esempi null'altro che dei racconti più o meno pittoreschi, l'uomo serio e riflessivo vi troverà una ricca sorgente di studi.

3. Farò ciò che voi desiderate. Mi dareste qualche dettaglio sulla vostra ultima esistenza? Per noi potrebbe risultarne un utile insegnamento, e voi rendereste in tal modo il vostro pentimento proficuo.

(Lo Spirito è fortemente indeciso nel rispondere a questa domanda e ad alcune altre di quelle che seguono.)

«Ho avuto natali di elevata condizione. Possedevo tutto ciò che gli uomini considerano fonte di felicità. Ricca, sono stata egoista; bella, sono stata civetta, noncurante e ingannatrice; nobile, sono stata ambiziosa. Ho schiacciato con il mio potere coloro che non si prosternavano abbastanza davanti a me, e schiacciavo ancor di più coloro che già si trovavano sotto i miei piedi, senza pensare che la collera del Signore schiaccia anche, presto o tardi, le fronti più altere.»

4. In quale epoca siete vissuta?

«Centocinquant'anni fa, in Prussia.»

5. Dopo questo tempo, non avete fatto alcun progresso come Spirito?

«No. La materia si ribellava sempre. Tu non puoi comprendere l'influenza che essa ancora esercita, nonostante la separazione del corpo e dello Spirito. L'orgoglio, vedi, vi stringe nelle sue bronzee catene, i cui anelli si rinserrano sempre di più attorno allo sventurato che gli consegna il suo cuore. L'orgoglio! Questa idra dalle cento teste che sempre rinascono, che sa modulare i suoi sibili velenosi in modo tale che uno li prende per musica celeste! L'orgoglio! Questo demone dai mille aspetti che si piega a tutte le aberrazioni del vostro Spirito, che si nasconde nei più intimi recessi del vostro cuore, penetra nelle vostre vene, vi avviluppa, vi consuma e vi trascina nelle tenebre della geenna eterna!... Sì, eterna!»

Lo Spirito sostiene che non ha fatto alcun progresso, senza dubbio perché la sua situazione è sempre penosa; ma la maniera con cui descrive l'orgoglio, deplorandone le conseguenze, è incontestabilmente un progresso. Certamente, infatti, non avrebbe potuto ragionare così né da vivo né poco dopo la sua morte. Egli ora comprende il male, ed è già qualcosa. Il coraggio e la volontà di evitarlo gli verranno in seguito.

6. Dio è troppo buono per condannare le Sue creature a delle pene eterne. Confidate nella Sua misericordia.

«A ciò può esserci un termine. Così si dice. Ma dove? Da lungo tempo io lo cerco questo termine, ma non vedo altro che sofferenza. Sempre! Sempre! Sempre!»

7. Come siete venuta qui oggi?

«Uno Spirito, che mi segue spesso, mi ha qui condotta.»

— Da quanto vedete questo Spirito?

«Non è da molto.»

— Da quando vi siete resa conto degli errori che avete commesso? (Dopo una lunga riflessione.) «Sì, hai ragione; è da allora che lo vedo.»

8. Non comprendete ora il rapporto che c'è tra il vostro pentimento e l'aiuto manifesto che vi offre il vostro Spirito protettore? Ravvisate in ciò, quale origine di questo appoggio — l'amore di Dio — e quale scopo, il Suo perdono e la Sua infinita misericordia.

«Oh, come lo vorrei!»

— Io credo di potervelo promettere nel nome sacro di Colui che non è stato mai sordo alla voce dei Suoi figli in disgrazia. InvocateLo dal profondo del vostro pentimento. Egli vi ascolterà.

«Non posso. Ho paura.»

9. Preghiamo insieme. Egli ci ascolterà. (Dopo la preghiera.) Siete ancora lì?

«Sì, grazie! Non dimenticherò.»

10. Venite qui, inseritevi ogni giorno.

«Sì, sì, verrò sempre.»

La guida del medium. " Non dimenticare mai gli insegnamenti che ricavi dalle sofferenze dei tuoi protetti e, soprattutto, dalle cause di queste sofferenze. Che esse servano a voi tutti d'insegnamento per preservarvi dai medesimi pericoli e dai medesimi castighi. Purificate i vostri cuori, siate umili, amatevi e aiutatevi l'un l'altro, e che il vostro cuore riconoscente non dimentichi mai la fonte di tutte le grazie, la fonte inesauribile dove ciascuno di voi può attingere in abbondanza, la fonte d'acqua viva che disseta e nello stesso tempo nutre, la fonte di vita e di felicità eterna. Andateci, miei amatissimi; attingete lì con fede; gettate lì le vostre reti, ed esse usciranno da quelle onde cariche di benedizioni. Fatene partecipi i vostri fratelli, avvertendoli dei pericoli che possono incontrare. Diffondete le benedizioni del Signore; esse rinascono di continuo; più voi le diffonderete intorno a voi, più esse si moltiplicheranno. Voi le avete nelle vostre mani, perché dicendo ai vostri fratelli: 'Là sono i pericoli, là sono gli scogli; seguiteci per evitarli; imitate noi, noi che diamo l'esempio', voi diffondete le benedizioni del Signore su coloro che vi ascoltano.

Benedetti siano i vostri sforzi, miei amatissimi. Il Signore ama i cuori puri. Meritate il Suo amore."

Saint Paulin


Il principe Ouran

(Bordeaux, 1862)

Uno Spirito che soffre si presenta sotto il nome di Ouran, un tempo principe russo.

— Vorreste darci qualche dettaglio sulla vostra situazione?

Oh, beati gli umili di cuore, a essi appartiene il regno dei cieli! Pregate per me. Beati sono , coloro che, umili di cuore, scelgono una posizione modesta per superare le prove! Voi, voi tutti che l'invidia divora, non sapete in quale stato è ridotto uno di quelli che voi chiamate i felici della Terra. Voi non sapete nulla dei carboni ardenti che si ammassano sulle loro teste. E nulla sapete dei sacrifici che la ricchezza impone, quando da essa si vuole ottenere la salvezza eterna! Che il Signore permetta a me, a me orgoglioso despota, di venire a espiare — tra coloro che io ho schiacciato con la mia tirannia — i delitti che l'orgoglio mi ha fatto commettere! Orgoglio! Ripetete di continuo questa parola, così da non dimenticare mai che l'orgoglio è la fonte di tutte le sofferenze che ci prostrano. Sì, io ho abusato del potere e del favore di cui ho goduto. Sono stato duro e crudele verso i miei sottoposti, i quali dovevano piegarsi a tutti i miei capricci, e soddisfare tutte le mie depravazioni. Avevo voluto per me i titoli nobiliari, gli onori, la ricchezza e sono caduto sotto il peso che io stesso avevo scelto al di sopra delle mie forze.»

Gli Spiriti che soccombono sono generalmente portati a dire che essi avevano un peso al di sopra delle loro forze. È un modo per scusarsi davanti ai loro stessi occhi; è ancora un gesto di orgoglio: essi non vogliono aver fallito per loro stessa colpa. Dio non dà a nessuno al di là di quanto si può sopportare. A nessuno Egli chiede più di quanto Gli si può dare. Egli non esige che l'albero che sta crescendo porti i frutti di quello che è del tutto cresciuto. Dio dà agli Spiriti la libertà; ciò che loro manca è la volontà, e la volontà dipende solo da essi. Con la forza della volontà, non ci sono inclinazioni viziose che non si possano vincere. Ma, allorché di una inclinazione ci si compiace, è naturale che non si facciano sforzi per superarla. Non si deve quindi prendersela che con sé stessi per le conseguenze che ne risultano.

— Avete consapevolezza dei vostri errori. E questo è un primo passo verso il miglioramento.

«Questa consapevolezza è anche una sofferenza. Per molti Spiriti, la sofferenza è un effetto quasi materiale, perché, essendo ancora attaccati all'umanità della loro ultima esistenza, non percepiscono le sensazioni morali. Il mio Spirito si è liberato dalla materia, e il sentimento morale ha aumentato di tutto quanto avevano di orribile le sensazioni credute fisiche.»

— Intravedete un termine alle vostre sofferenze?

«Io so che esse non saranno eterne; ma il termine ancora non lo intravedo. Bisogna che prima ricominci la prova.»

— Sperate di ricominciarla presto?

«Ancora non lo so.»

— Avete memoria delle vostre precedenti esistenze? Ve lo chiedo con intento istruttivo.

«Sì. Le tue guide, le quali sanno ciò di cui hai bisogno, sono qui. Io ho vissuto sotto Marco Aurelio. Là, ancora potente, avevo già ceduto all'orgoglio, causa di tutte le cadute. Dopo aver errato per secoli, ho voluto sperimentare una vita oscura. Povero studente, ho mendicato il mio pane, ma l'orgoglio mi possedeva sempre. Lo Spirito aveva guadagnato in scienza, ma non in virtù. Dotto e ambizioso, ho venduto la mia anima ai maggiori offerenti, servendo tutte le vendette e tutti gli odii. Mi sentivo colpevole, ma la sete di onori e ricchezze soffocava il grido della mia coscienza. L'espiazione è stata finora lunga e crudele. Infine, nella mia ultima incarnazione, ho voluto ricominciare una vita di lusso e di potere. Pensando di riuscire a superare le difficoltà, non ho voluto ascoltare gli avvertimenti. Era l'orgoglio che mi portava ancora una volta a confidare nel mio stesso giudizio, piuttosto che in quello dei miei amici protettori, i quali non cessano mai di vegliare su di noi. Il risultato di questo mio ultimo tentativo tu lo conosci. Oggi, finalmente, ho compreso e spero nella misericordia del Signore. Metto ai Suoi piedi il mio orgoglio sconfitto e Gli chiedo di caricare le mie spalle del più pesante dei Suoi fardelli d'umiltà. Aiutato dalla Sua grazia, il fardello mi sembrerà leggero. Pregate con me e per me; pregate anche perché questo demone di fuoco non divori in voi gli istinti che vi elevano verso Dio. Fratelli nella sofferenza, che il mio esempio vi serva, e non dimenticate mai che l'orgoglio è il nemico della felicità, perché da esso derivano tutti i mali che affliggono l'Umanità e la perseguitano fin nelle regioni celesti.»

La guida del medium. Tu hai concepito dei dubbi su questo Spirito, perché il suo linguaggio non ti è sembrato in accordo con il suo stato di sofferenza, il che prova la sua inferiorità. Vai senza paura: tu hai ricevuta un'istruzione seria. Per quanto questo Spirito possa essere sofferente, egli è abbastanza elevato intellettualmente, per parlare come ha parlato. Mancava solo di quella umiltà senza la quale nessuno Spirito può assurgere fino a Dio. Questa umiltà egli l'ha conquistata ora, e noi speriamo che, con la perseveranza, egli uscirà trionfante da una nuova prova.

Il nostro Padre celeste è pieno di giustizia nella Sua saggezza; Egli tiene conto degli sforzi che l'uomo fa per domare i suoi cattivi istinti. Ogni vittoria riportata su voi stessi è un gradino superato di quella scala, un'estremità della quale poggia sulla vostra Terra, e l'altra estremità si arresta ai piedi del Giudice supremo. Salite dunque con coraggio: leggeri da superare sono quei gradini per coloro che hanno una volontà tenace. Guardate sempre in alto per darvi coraggio, perché disgrazia incoglie a colui che si ferma e volge indietro la testa! Egli viene allora colpito da capogiro; il vuoto che lo circonda lo spaventa; si ritrova senza forze e dice: "A che pro voler avanzare ancora? Ho fatto così poco cammino!" No, amici miei, non volgete mai indietro la testa. L'orgoglio è insito nell'uomo. Ebbene, impiegate questo orgoglio per darvi forza e coraggio per terminare la vostra ascensione. Impiegatelo per debellare le vostre debolezze e salite fino alla sommità della montagna eterna.


Pascal Lavic


(Le Havre, 9 agosto 1863)

Questo Spirito comunica spontaneamente con il medium, senza che questi l'abbia conosciuto da vivo, neppure di nome.

"Io credo nella bontà di Dio che vorrà aver misericordia del mio povero Spirito. Io ho sofferto, ho molto sofferto, e il mio corpo è perito in mare. Il mio Spirito era sempre attaccato al mio corpo, e per lungo tempo è andato errando nei flutti. Dio..."

(La comunicazione viene interrotta; il giorno dopo, lo Spirito continua.)

"... Dio ha voluto permettere che le preghiere di coloro che ho lasciato in Terra mi traessero dallo stato di turbamento e d'incertezza in cui il mio Spirito era piombato. Per lungo tempo essi mi hanno atteso, poi hanno potuto ritrovare il mio corpo. Ora esso riposa, e il mio Spirito, a fatica liberatosi, vede gli errori commessi. A prova consumata, Dio giudica con giustizia, e la Sua bontà si estende su tutti i pentiti. Se per lungo tempo il mio Spirito ha errato con il mio corpo, è per il fatto che dovevo espiare. Seguite la retta via, se volete che Dio prontamente ritiri il vostro Spirito dal suo involucro. Vivete nel Suo amore, pregate, e la morte, così terribile per certuni, sarà dolce per voi, perché voi sapete la vita che vi attende. Io sono perito in mare, e per lungo tempo sono stato atteso. Non potermi distaccare dal mio corpo era per me una terribile prova. È per questo che ho bisogno delle vostre preghiere, di voi che avete fatto il vostro ingresso nel credo che salva, di voi che potete pregare per me il Dio di giustizia Io mi pento e spero ch'Egli vorrà perdonarmi. Il mio corpo è stato rinvenuto il 6 agosto. Ero un povero marinaio e sono morto molto tempo fa. Pregate per me!"

Pascal Lavic


— Dove siete stato ritrovato?

«Non molto lontano da voi.»

Il Journal du Havre dell'il agosto 1863 conteneva l'articolo che qui di seguito riportiamo e di cui il medium non poteva essere a conoscenza.

"Abbiamo già dato notizia che, il giorno 6 di questo mese, è stato rinvenuto il tronco mutilato di un cadavere, arenatosi tra Bléville e La Hève. Esso mancava della testa, delle braccia e del busto. Cionondimeno si è potuta costatare la sua identità attraverso le calzature ancora ai piedi. È stato così riconosciuto che quello era il corpo del pescatore Lavic, il quale era morto 1'11 dicembre, scaraventato in mare da un'ondata, davanti a Tronville, mentre si trovava a bordo del peschereccio l'Alerte. Lavic aveva quarantanove anni ed era nato a Calais. Ne ha costatata l'identità la vedova del defunto."

Il 12 agosto, mentre si discuteva di tale avvenimento, nel circolo dove questo Spirito si era manifestato la prima volta, questi diede di nuovo e spontaneamente la seguente comunicazione:

"Sono in realtà Pascal Lavic e ho bisogno delle vostre preghiere.

Voi potete farmi del bene, perché la prova che ho subito è stata terribile. La separazione del mio Spirito dal mio corpo è avvenuta solo allorché ho riconosciuto le mie colpe. Oltre a ciò, non ancora totalmente distaccato, il mio Spirito continuava a seguire il mio corpo sul mare che lo aveva inghiottito. Pregate dunque Dio di perdonarmi. Pregate perché mi dia la pace. Pregate ve ne supplico. Che questa terribile fine di una esistenza terrena disgraziata sia per voi un ben grande insegnamento! Voi dovete pensare alla vita futura e non dovete mancare di chiedere a Dio la Sua misericordia. Pregate per me.

Ho bisogno che Dio abbia pietà di me."

Pascal Lavic


Ferdinand Bertin


Un medium, che abitava a Le Havre, stava evocando lo Spirito di una persona che era a lui nota. Questo Spirito risponde: "Io voglio comunicare, ma non riesco a superare l'ostacolo che c'è tra di noi. Sono perciò costretto a lasciare che questi sventurati che soffrono si avvicinino a voi". Ed egli riceve pertanto la seguente comunicazione spontanea:

"Mitrovo in un abisso spaventoso! Aiutatemi… O mio Dio! Chi mi trarrà fuori da questo gorgo?... Chi tenderà una mano soccorritrice al disgraziato che il mare inghiotte?... La notte è così nera che io ho paura... Dappertutto il mugghiare dei marosi, e nessuna parola amica per consolarmi e aiutarmi in questo momento supremo; perché questa notte profonda è la morte in tutto il suo orrore, e io non voglio morire!... O mio Dio! Questa non è la morte futura, questa è la morte passata!... Sono separato per sempre da coloro che amo... Vedo il mio corpo, e ciò che provavo poco fa altro non è che il ricordo della spaventosa angoscia della separazione... Abbiate pietà di me, voi che conoscete le mie sofferenze. Pregate per me, perché non voglio provare di nuovo, come mi è accaduto dopo quella notte fatale, tutte le lacerazioni dell'agonia!... Questa, tuttavia, è la mia punizione; lo presagisco... Pregate, ve ne scongiuro!... Oh il mare!... il freddo... sto per essere inghiottito!... Aiuto!... Abbiate pietà! Non respingetemi!... Ci salveremo in due su quel relitto!... Oh, affogo!... Le onde stanno per inghiottirmi, e i miei cari non avranno neppure la triste consolazione di rivedermi!... Ma non è così! Vedo che il mio corpo non è più sballottato dalle onde... Le preghiere di mia madre saranno ascoltate... La mia povera madre! Se potesse immaginare come in realtà sia sventurato suo figlio, pregherebbe di più. Ma ella crede che la causa della mia morte abbia santificato il mio passato. Mi piange come un martire e non come un disgraziato punito!... Oh! voi che sapete, sarete voi senza pietà? No! Voi pregherete."

François Bertin


Questo nome, completamente sconosciuto, non suggeriva al medium alcun ricordo. Egli pensò allora che, senza dubbio, era lo Spirito di qualche sventurato naufrago che veniva a manifestarsi spontaneamente a lui, come già gli era accaduto parecchie volte. Poco più tardi seppe che quello era il nome d'una delle vittime di un grande disastro marittimo, che era accaduto nei paraggi il 2 dicembre 1863. La comunicazione era stata data il giorno 8 dello stesso mese, cioè sei giorni dopo la catastrofe. L'uomo era perito mentre faceva inauditi tentativi per salvare l'equipaggio e nel momento stesso in cui credeva d'essersi assicurata la salvezza.

Questo individuo non era legato al medium da nessun vincolo, né di parentela né di conoscenza. Perché allora si è manifestato a lui piuttosto che a qualche membro della sua famiglia? Il fatto è che gli Spiriti non in tutti trovano le condizioni fluidiche necessarie alla manifestazione. Nel turbamento in cui si trovava, egli non aveva d'altra parte alcuna libertà di scelta. Istintivamente e attrattivamente era stato portato verso questo medium, dotato, a quanto pareva, di una speciale attitudine per le comunicazioni spontanee di quel genere. Senza dubbio presentiva anche che avrebbe trovata in lui una particolare simpatia, come l'avevano trovata altri in circostanze simili. La sua famiglia, estranea allo Spiritismo, forse contraria a questa credenza, non avrebbe accolto la sua rivelazione, come invece poteva fare questo medium.

Benché la morte risalisse a qualche giorno addietro, lo Spirito ne subiva ancora tutte le angosce. È evidente che non si rendeva assolutamente conto della sua situazione. Egli si credeva ancora vivo, mentre lottava contro i flutti. Tuttavia parla del suo corpo come se ne fosse separato. Grida al soccorso, dice che non vuole morire e un istante dopo parla della causa della sua morte, ch'egli riconosce essere un castigo. Tutto ciò denota la confusione di idee che quasi sempre fa seguito alle morti violente.

Due mesi più tardi, il 2 febbraio 1864, egli comunica di nuovo spontaneamente col medesimo medium e gli detta ciò che segue: "La pietà che voi avete dimostrato per le mie sofferenze così orribili mi ha confortato. Comprendo la speranza; intravedo il perdono, ma dopo il castigo per la colpa commessa. Io soffro sempre, e se Dio permette che, per alcuni istanti, io intraveda la fine della mia disgrazia, è solo alle preghiere delle anime caritatevoli, impietosite dalla mia situazione, che io devo questo addolcimento. O speranza, raggio del Cielo, che tu sia benedetta quando ti sento nascere nella mia anima!... Ma, ohimè, l'abisso si squarcia! Il terrore e la sofferenza cancellano quel ricordo di misericordia... La notte. Sempre la notte!... L'acqua, il fragore delle onde che hanno inghiottito il mio corpo non sono che una fragile immagine dell'orrore che circonda il mio povero Spirito... Io sono più calmo quando posso stare accanto a voi; perché allo stesso modo che un terribile segreto, allorché venga deposto nel cuore di un amico, dà sollievo a colui che ne era oppresso, così la vostra pietà, mossa dalla rivelazione delle mie miserie, placa il mio male e dà tregua al mio Spirito... Le vostre preghiere mi fanno bene; non negatemele. Non voglio ripiombare in quell'orribile incubo che diventa realtà quando lo vedo... Prendete più spesso quella matita. Mi fa tanto bene comunicare con voi!"

A qualche giorno di distanza, a questo stesso Spirito, evocato in una riunione spiritista di Parigi, furono rivolte le domande sottoelencate, alle quali egli rispose, con una sola e stessa comunicazione, per mezzo di un altro medium.

— Che cosa vi ha spinto a manifestarvi spontaneamente al primo medium col quale avete comunicato? — Quanto tempo era trascorso da quando eravate morto a quando vi siete manifestato? — Quando avete comunicato, sembravate incerto se foste ancora vivo o già morto, e provavate tutte le angosce d'una morte terribile. Vi rendete più chiaramente conto, ora, della vostra situazione? — Avete detto, in modo assoluto, che la vostra morte era una espiazione. Vorreste dircene la causa? Ciò sarà per noi un insegnamento, e per voi un sollievo. Attraverso questa confessione sincera voi vi attirerete la misericordia di Dio, che noi solleciteremo con le nostre preghiere.

«Sembra impossibile, di primo acchito, che una creatura possa soffrire così crudelmente. Dio! Com'è angoscioso vedersi costantemente in mezzo alla furia delle onde, e sentire senza tregua questa amarezza, questo freddo glaciale che sale, che afferra lo stomaco! Ma a che serve intrattenervi sempre su questo spettacolo? Non dovrei forse — per obbedire alle leggi della riconoscenza — incominciare col ringraziare voi tutti, che mostrate un così grande interesse per i miei tormenti? Voi mi domandate se io mi sia manifestato molto tempo dopo la mia morte. Non mi è possibile rispondere tanto facilmente. Pensate e giudicate in quale orribile situazione io ancora mi trovo! Tuttavia, sono stato condotto accanto al medium, io credo, da una volontà estranea alla mia. Inoltre — cosa che non mi è possibile comprendere — io mi servivo del suo braccio con la medesima facilità con cui mi servo del vostro in questo momento, convinto ch'esso mi appartenesse. Al momento io sento, perfino, che questa è una gioia ben grande, come un particolare sollievo che, ahimè, ben presto finirà. Ma, Dio mio, dovrei fare una confessione; ne avrò la forza?»

Dopo molti incoraggiamenti, lo Spirito aggiunge: «Io sono molto colpevole! Ciò che soprattutto mi addolora è il fatto che si creda che io sia un martire; niente affatto... In una precedente esistenza, io ho fatto mettere in un sacco parecchie vittime e le ho fatte gettare in mare... Pregate per me!»

Istruzione di san Luigi su questa comunicazione. Questa confessione sarà, per questo Spirito, causa di grande consolazione. Sì, egli è stato grandemente colpevole! Ma l'esistenza che ha appena lasciato è stata onorevole. Egli era amato e stimato dai suoi capi. E questo è il frutto del suo pentimento e delle buone risoluzioni che aveva preso prima di ritornare sulla Terra, dove ha voluto essere tanto umano quanto era stato crudele nella precedente esistenza. L'abnegazione di cui ha dato prova era già una riparazione, ma era necessario ch'egli riscattasse le passate colpe con un'ultima espiazione, quella della morte crudele ch'egli ha subito. Ha voluto lui stesso purificarsi subendo le torture che aveva fatto patire agli altri. Osservate, poi, che un'idea lo perseguita: il dolore di costatare che si guardi a lui come a un martire. Credetemi, si terrà conto di questo suo sentimento d'umiltà. Ormai egli ha lasciato la via dell'espiazione per entrare in quella della riabilitazione. Con le vostre preghiere voi potete sostenerlo in ciò, e farlo procedere con passo più fermo e più sicuro.


François Riquier


François Riquier era un comunissimo uomo, un vecchio avaro e un vecchio scapolo, morto a C... nel 1857, lasciando un patrimonio abbastanza considerevole ai parenti collaterali. Egli era stato un tempo il padrone di casa di una signora, la quale in seguito l'aveva completamente dimenticato e non sapeva neppure se egli fosse ancora di questo mondo. Nel 1862, la figlia di questa signora, che è soggetta a crisi di catalessi, seguite da un sonno magnetico spontaneo, e che è inoltre un'ottima medium scrivente, vide, in uno di questi sonni, il signor Riquier il quale, disse, voleva rivolgersi a sua madre. Dopo alcuni giorni, poiché si era manifestato spontaneamente e aveva espresso il desiderio di parlare con quella signora, avvenne con lui la seguente conversazione:

— Che cosa volete da noi?

I miei averi! Mi hanno preso tutto, quei miserabili, per dividerselo tra loro! Hanno venduto le mie fattorie, le mie case, tutto, per dividerselo. Hanno dilapidato i miei beni, come se non appartenessero a me. Fate che mi sia resa giustizia, perché a me loro non danno retta, e io non voglio tollerare tali infamie. Che ero un usuraio, dicono, e intanto si trattengono il mio denaro! Perché non vogliono rendermelo, dal momento che ritengono che sia stato mal guadagnato?»

— Ma voi siete morto, caro il mio buonuomo. Non avete più bisogno di denaro. Chiedete piuttosto a Dio di darvi una nuova esistenza del tutto povera, così da espiare l'avarizia dell'ultima.

«No. Io non potrei vivere da povero. Ci vuole il mio denaro per farmi vivere. D'altronde io non ho bisogno di vivere un'altra vita, dal momento che attualmente sono vivo.»

(La domanda che segue è formulata con lo scopo di ricondurlo alla realtà.)

— Soffrite?

«Oh sì! Soffro torture peggiori della malattia più crudele, perché è la mia anima che patisce queste torture. Ho sempre davanti alla mente l'iniquità della mia vita, che è stata oggetto di scandalo per molti. So bene d'essere stato un miserabile indegno di pietà; ma soffro tanto che bisogna aiutarmi a uscire da questo miserabile stato.»

— Noi pregheremo per voi.

«Grazie! Pregate perché io possa dimenticare le mie ricchezze terrene. Senza di ciò io non potrò mai pentirmi. Addio e grazie.»

François Riquier
Rue de la Charité, n. 14


È abbastanza curioso vedere questo Spirito dare il suo indirizzo, come se fosse ancora vivo. La signora, che tale indirizzo ignorava, si premurò di andare a verificarlo; e fu molto sorpresa nel costatare che la casa indicata era proprio l'ultima in cui il signor Riquier aveva abitato. Così, dopo cinque anni, egli non si credeva morto e si trovava ancora nell'angoscia, terribile per un avaro, di vedere i suoi beni spartiti tra gli eredi. L'evocazione, senza dubbio provocata da qualche buono Spirito, ha avuto per effetto di fargli comprendere la sua posizione e di disporlo al pentimento.


Claire

(Società Spiritista di Parigi, 1861)

Lo Spirito che ha dettato le comunicazioni, che riportiamo qui sotto, è quello di una donna che il medium aveva conosciuto da viva, e la cui condotta e il cui carattere giustificano anche troppo i tormenti ch'ella patisce. La donna era soprattutto dominata da un esasperato sentimento d'egoismo e di orgoglio personale, che si riflette nella terza comunicazione, con la pretesa di volere che il medium si occupi soltanto di lei. Queste comunicazioni sono state ottenute in epoche diverse; le ultime tre denotano un sensibile progresso nelle predisposizioni dello Spirito, grazie alle cure del medium, il quale aveva intrapreso la sua educazione morale.

I. "Eccomi qui, sono io, la sventurata Claire. Che cosa vuoi che ti dica? La rassegnazione e la speranza sono soltanto delle parole per chi sa che, innumerevoli come i ciottoli del greto di un fiume, le sue sofferenze dureranno per tutto l'interminabile susseguirsi dei secoli. Che ne dici? Posso addolcirle? Quali vaghe parole! Dove trovare il coraggio, la speranza per tutto questo? Cerca dunque, cervello limitato, di comprendere che questo è un giorno che non finisce mai. È un giorno, un anno, un secolo? Che ne so io? Le ore non lo dividono, le stagioni non lo variano. Eterno e lento come l'acqua che stilla da una roccia, questo giorno esecrato, questo giorno maledetto pesa su di me come una cassa di piombo...Io soffro!... Non vedo attorno a me che ombre silenziose e indifferenti...Io soffro!

Eppure lo so. Al di sopra di questa miseria regna Dio, il Padre, il Maestro, Colui verso il quale tendono tutte le cose. Voglio pensare a Lui. Voglio implorarLo.

Io mi dibatto e mi trascino come uno storpio che si inerpica lungo il cammino. Io non so quale potere mi attiri verso di te. Sei tu forse la salvezza? Ti lascio e mi sento un po' quietata, un po' riscaldata. Come un vecchio tremante è rianimato da un raggio di sole, così la mia anima ghiacciata attinge nuova vita avvicinandosi a te."

II. "La mia sventura aumenta di giorno in giorno; aumenta nella misura in cui la consapevolezza dell'eternità si sviluppa in me. O meschinità, quanto vi maledico ore colpevoli, ore d'egoismo e d'oblio, in cui, disconoscendo ogni carità e ogni dedizione, io non pensavo che al mio benessere! Siate maledetti umani interessi e vane preoccupazioni materiali! Siate maledetti, voi che mi avete accecata e perduta! Io sono rosa dal continuo rimpianto del tempo passato. Che cosa dirò a te che mi ascolti? Veglia di continuo su te stesso; ama gli altri più di te stesso; non attardarti sulla via del benessere; non ingrassare il tuo corpo a spese della tua anima; stai attento, come diceva il Salvatore ai suoi discepoli. Non ringraziarmi per questi consigli, il mio Spirito li comprende, ma il mio cuore non li ha mai ascoltati. Come un cane frustato, la paura mi fa rabbrividire, ma io non conosco ancora l'amore spontaneo. Tarda molto a levarsi la sua divina aurora! Prega per la mia anima arida e così miserabile!"

III. "Vengo a cercarti fin qui, poiché tu mi stai dimenticando. Credi dunque che delle preghiere isolate, pronunciate a mio nome, saranno sufficienti all'appagamento della mia pena? No. Cento volte no. Io fremo di dolore. Erro senza tregua, senza asilo, senza speranza, sentendo l'eterno aculeo del castigo affondare nella mia anima che si ribella. Rido quando sento i vostri lamenti, quando vi vedo abbattuti. Che cosa sono le vostre effimere miserie, che cosa le vostre lacrime, che cosa i vostri tormenti che il sonno interrompe? E io, dormo forse io? Io voglio — capisci? — io voglio che tu ti occupi di me! Lascia stare le tue dissertazioni filosofiche! Lascia che se ne occupino gli altri. Io non trovo espressioni atte a dipingere l'angoscia di questo tempo che scorre, senza che le ore ne scandiscano i periodi. A stento vedo un flebile raggio di speranza, e questa speranza sei stato tu a darmela. Non abbandonarmi, dunque."

IV. Lo Spirito di san Luigi. Questo quadro è anche troppo vero. Non è affatto esagerato. Forse, ci si domanderà che cosa ha potuto mai fare questa donna per essere così sventurata. Ha, forse, ella commesso qualche orribile crimine? Ha ella rubato, ucciso? No. Ella non ha commesso nulla che potesse meritare la giustizia degli uomini. Godeva, al contrario, di ciò che voi chiamate le felicità terrene. Bellezza, ricchezza, piaceri, adulazioni, tutto le sorrideva, nulla le mancava, e, vedendola, di lei si diceva: "Che donna fortunata!" e si invidiava la sua sorte. Che cosa ha fatto? È stata egoista. Aveva tutto, eccetto il buon cuore. Se essa non ha violato la legge degli uomini, ha violato la legge di Dio, perché ha disconosciuto la carità, la prima delle virtù. Essa non ha amato che sé stessa, ora non è amata da nessuno. Nulla ha dato, nulla le si dà. È isolata, abbandonata, trascurata, perduta nello Spazio dove nessuno pensa a lei, nessuno si occupa di lei. È questo che rende il suo castigo un supplizio. Siccome non ha ricercato che le gioie mondane — e oggi queste gioie non esistono più per lei — le si è fatto il vuoto intorno. Essa non vede che il nulla, e il nulla le sembra l'eternità. Non patisce torture fisiche: i diavoli non vanno a tormentarla; ma ciò non è necessario: è lei a tormentare sé stessa. Così soffre ben di più, perché questi diavoli sarebbero pur sempre degli esseri che penserebbero a lei. L'egoismo ha determinato la sua gioia sulla Terra: ora, esso la perseguita. Questo è ora il verme che le rode il cuore, questo il suo vero demone.

San Luigi


V. "Vi parlerò, ora, dell'importante differenza che esiste tra la morale divina e la morale umana. La prima assiste la donna adultera nel suo abbandono, e dice ai peccatori: "Pentitevi, e il regno dei cieli vi sarà aperto". La morale divina, infine, accetta tutti i pentimenti e tutte le colpe confessate, mentre la morale umana li respinge e ammette, sorridendo, i peccati nascosti che, dice, sono per metà perdonati. All'una la grazia del perdono, all'altra l'ipocrisia. Scegliete, Spiriti avidi di verità! Scegliete, tra i cieli aperti al pentimento e la tolleranza che ammette il male quando non disturbi l'egoismo e le sue false convenzioni, ma che respinge la passione e i singhiozzi di colpe confessate alla luce del sole. Pentitevi, voi tutti che peccate! Rinunciate al male, ma rinunciate soprattutto all'ipocrisia, che nasconde l'abiezione con la maschera ridente e ingannatrice delle mutue convenzioni.

VI. Io sono ora calma e sono rassegnata alla espiazione delle colpe che ho commesso. Il male è in me e non fuori di me. È dunque me stessa che devo cambiare e non le cose esterne. Noi portiamo dentro di noi il nostro Cielo e il nostro inferno. Le nostre colpe, impresse nella coscienza, sono correntemente lette nel giorno della resurrezione e siamo noi allora i giudici di noi stessi, poiché lo stato della nostra anima ci innalza o ci precipita. E mi spiego: uno Spirito impuro e sovraccarico di colpe non può né concepire né desiderare una elevazione che non saprebbe sopportare. Davvero, credete: come le differenti specie di esseri vivono ciascuna nella sfera che le è propria, così gli Spiriti, a seconda del loro grado di avanzamento, si muovono nell'ambiente adeguato alle loro facoltà. Essi non concepiscono altro fin quando il progresso, strumento della lenta trasformazione delle anime, non li sottrae alle loro basse tendenze; li fa dispogliare della crisalide del peccato, affinché essi possano svolazzare, prima di lanciarsi, rapidi come frecce, verso Dio divenuto loro unico e desiderato fine. Ahimè, io neppure ancora mi trascino, ma non odio più e comprendo l'ineffabile felicità dell'amore divino. Prega dunque sempre per me, che spero e attendo."

Nella comunicazione che segue, Claire parla di suo marito — dal quale molto ella aveva avuto a soffrire da viva — e della posizione in cui egli si trova oggi nel mondo degli Spiriti. Questo quadro, che non ha potuto completare da sé stessa, è stato completato dalla guida spirituale del medium.

VII. "Vengo da te, da te che da lungo tempo mi tieni nell'oblio. Ma io ho conquistato la rassegnazione e non sono più disperata. Tu vuoi sapere qual è la situazione del povero Felix. Egli era nelle tenebre, in preda a un profondo denudamento dell'anima. Il suo essere superficiale e leggero, avvilito dal sensualismo, ha sempre ignorato l'amore e l'amicizia. Neppure la passione, coi suoi cupi bagliori, l'ha illuminato. Io paragono il suo stato presente a quello di un bambino inabile alle funzioni della vita e privato dell'aiuto da parte di coloro che lo assistono. Felix erra con terrore in questo mondo a lui estraneo, in cui tutto risplende della luce di quel Dio, che egli ha negato..."

VIII. La guida del medium. Claire non può continuare l'analisi delle sofferenze di suo marito senza risentirne lei stessa. Perciò parlerò io per lei.

Felix, che era superficiale intellettivamente quanto sentimentalmente, violento perché era debole, debosciato perché era freddo, è entrato nel mondo degli Spiriti nudo moralmente come nudo era stato fisicamente. Entrando nella vita terrena, nulla egli ha acquisito e, di conseguenza, tutto egli deve ricominciare. Quale uomo che si svegli da un lungo sogno e riconosca quanto inutile sia stata l'agitazione dei suoi nervi, questo povero essere, uscendo dal perturbamento, riconoscerà che è vissuto di chimere che hanno ingannato la sua vita. Maledirà il materialismo che l'ha indotto ad abbracciare il nulla, quando credeva di stringere la realtà. Maledirà il positivismo che gli faceva definire come chimere le idee di una vita futura, come follie le aspirazioni, e come debolezza la fede in Dio. Lo sventurato, svegliandosi, vedrà che quei nomi da lui scherniti sono la formula della verità, e che, al contrario della favola, la caccia alla preda è stata meno proficua di quella all’ombra.

Georges


Studi sulle comunicazioni di Claire


Queste comunicazioni sono istruttive soprattutto in quanto ci mostrano uno dei lati più volgari della vita: quello dell'egoismo. Non si tratta qui di quei gravi crimini che fanno inorridire tutti — anche gli uomini perversi —, ma si tratta della condizione di una folla di persone le quali vivono in questo mondo onorate e venerate, sia perché hanno una certa vernice, sia perché le loro azioni non cadono sotto la pena delle leggi sociali. Neppure nel mondo degli Spiriti ci sono punizioni eccezionali, il cui quadro potrebbe far rabbrividire, ma v'è una situazione semplice e naturale, conseguenza del loro modo di vivere e dello stato della loro anima. L'isolamento, l'abbandono, ecco la punizione di colui che ha vissuto solo per sé stesso. Claire, era come abbiamo visto, uno Spirito molto intelligente, ma anche un cuore arido. Sulla Terra, la sua posizione sociale, le sue ricchezze, le sue prerogative fisiche le procuravano omaggi che appagavano la sua vanità, e ciò le era sufficiente. Qui ella non incontra altro che indifferenza, e intorno a lei si fa il vuoto. Punizione questa ancora più cocente del dolore, poiché è mortificante. Il dolore, infatti, ispira pietà, compassione: è ancora un modo per attirare gli sguardi, per far sì che ci si occupi di noi, che ci si interessi alla nostra sorte.

La sesta comunicazione racchiude un'idea perfettamente vera, in quanto spiega l'ostinazione di certi Spiriti nel commettere il male. Ci si stupisce nel vedere che alcuni di essi sono insensibili all'idea e anche allo spettacolo della felicità di cui godono i buoni Spiriti. Essi si trovano esattamente nella posizione di quegli uomini degradati che, nel fango, godono dei volgari piaceri sensuali. Qui, questi uomini sono in qualche modo nel loro ambiente; essi non concepiscono la delicatezza di certe gioie. Preferiscono i loro luridi cenci a un abbigliamento dignitoso e decente — perché vi si trovano più a loro agio —, le loro feste orgiastiche ai piaceri della buona compagnia. Si sono talmente identificati con questo genere di vita da diventare essa quasi una loro seconda natura; inoltre si ritengono incapaci di elevarsi al di sopra della loro sfera — ed è per questo che vi restano —, finché una trasformazione del loro essere non abbia dischiuso la loro intelligenza, sviluppando in essi il senso morale e rendendoli aperti a sensazioni più sottili.

Questi Spiriti, allorché sono disincarnati, non possono istantaneamente acquisire delicatezza dei sentimenti, cosicché durante un periodo di tempo più o meno lungo, essi occuperanno i bassifondi del mondo spirituale, così come hanno occupato i bassifondi del mondo corporale; e vi resteranno fintantoché saranno ribelli al progresso. Ma con il passar del tempo, con l'esperienza, le tribolazioni, le miserie delle incarnazioni successive, arriva il momento in cui essi concepiscono che esiste qualcosa di meglio di ciò che hanno, e le loro aspirazioni s'innalzano. Incominciano a comprendere che cos'è ciò che loro manca ed è allora che fanno degli sforzi per ottenerlo e per elevarsi. Una volta imboccata questa strada, la percorrono con rapidità, perché hanno assaporato una soddisfazione che appare loro ben superiore e al cui confronto le altre, essendo solo delle grossolane sensazioni, finiscono per ispirar loro della ripugnanza.

— (Domanda rivolta a san Luigi) Che cosa bisogna intendere per tenebre, quelle cioè in cui sono immerse certe anime sofferenti? Si tratta delle tenebre di cui tanto spesso si parla nelle Scritture?

«Le tenebre in questione sono realmente quelle designate da Gesù e dai profeti, quando parlano del castigo riservato ai malvagi. Ma questo altro non è, anche qui, che un'allegoria destinata a colpire i sensi materiali dei contemporanei, che non avrebbero potuto concepire una punizione di carattere spirituale. Certi Spiriti sono immersi nelle tenebre, ma con questo si deve intendere una vera e propria notte dell'anima paragonabile all'oscurità da cui viene colpita l'intelligenza dell'idiota. Non si tratta di una follia dell'anima, ma di una inconsapevolezza di sé stessa e di ciò che la circonda, che avviene sia in presenza sia in assenza della luce materiale. È, soprattutto, la punizione di coloro che hanno dubitato della destinazione del loro essere. Essi hanno creduto nel nulla, e l'apparenza di questo nulla diventerà il loro supplizio, finché l'anima, ritornata in sé stessa, non lacererà con energia la rete di prostrazione morale che l'ha fino ad allora catturata. Allo stesso modo, un uomo, oppresso da un sogno angoscioso, lotta a un dato momento, con tutta la forza delle sue facoltà, contro i terrori da cui all'inizio si è lasciato dominare. Questa momentanea riduzione dell'anima a un nulla fittizio, con la consapevolezza della sua esistenza, è una sofferenza più crudele di quanto si possa immaginare, a causa di questa quiete apparente da cui essa è colpita; è questo riposo forzato, questa nullità del suo essere, questa incertezza che costituiscono il suo supplizio. Ma è la noia da cui è oppressa il suo più terribile castigo, poiché nulla essa percepisce attorno a sé, né cose né esseri. In tutto ciò consistono le sue vere tenebre.»

San Luigi


(Claire) "Eccomi! Anch'io posso rispondere alla domanda riguardo alle tenebre, poiché ho errato e sofferto per lungo tempo in questi limbi, dove tutto è pianto e miserie. Sì, le tenebre visibili di cui parlano le Scritture esistono. I disgraziati che, terminate le loro prove terrene, lasciano la vita, ignoranti o colpevoli, vengono sprofondati nella gelida regione, inconsapevoli di sé stessi e dei loro destini. Essi credono che quella loro situazione sia eterna, balbettano ancora quelle parole della vita dalle quali sono stati sedotti, e si stupiscono e si spaventano di quella loro grande solitudine. Quel luogo vuoto eppur popolato, quello spazio in cui, trascinati via pallidi e gementi, gli Spiriti errano senza consolazione, senza affetti, senza soccorso di sorta, sono le tenebre. A chi rivolgersi?... Essi sentono là l'eternità pesare su di loro. Tremano e rimpiangono i meschini interessi che scandivano le loro ore; rimpiangono la notte che, succedendo al giorno, traduceva spesso i loro affanni in un sogno felice. Pertanto le tenebre sono per gli Spiriti: l'ignoranza, il vuoto e l'orrore dell’ignoto... Non posso continuare..."

Claire


Di questa oscurità è stata data anche la seguente spiegazione:

"Il perispirito possiede, per sua natura, una proprietà luminosa che si sviluppa sotto il dominio dell'attività e delle qualità dell'anima. Si potrebbe dire che queste qualità stanno al fluido del perispirito come il frizionamento sta al fosforo. L'intensità della luce è in ragione della purezza dello Spirito; le più piccole imperfezioni morali la oscurano e la indeboliscono. La luce che s'irradia da uno Spirito è perciò tanto più vivida quanto questi è più avanzato. Essendo, in qualche modo, ogni Spirito portatore della sua stessa luce, egli vedrà proporzionalmente alla intensità della luce che produce. Da ciò risulta che coloro i quali non ne producono affatto si trovano nell'oscurità più assoluta."

Questa teoria è perfettamente esatta riguardo all'irraggiamento del fluido luminoso da parte degli Spiriti superiori, ed è confermata dall'osservazione. Ma questa non pare essere la vera causa o, almeno, l'unica del fenomeno di cui stiamo parlando, considerato che: 1°) non tutti gli Spiriti inferiori sono nelle tenebre; 2°) il medesimo Spirito non può trovarsi alternativamente nella luce e nella oscurità; 3°) la luce può essere un castigo per certi Spiriti molto molto imperfetti. Se l'oscurità in cui sono immersi certi Spiriti fosse inerente alla loro personalità, essa sarebbe permanente e generale per tutti gli Spiriti malvagi — cosa che non è affatto —, poiché Spiriti di estrema perversità vedono perfettamente, mentre altri, che non potremmo definire perversi, si trovano temporaneamente in tenebre profonde. Tutto prova dunque che, oltre quella che è loro propria, gli Spiriti ricevono egualmente una luce esterna, che viene loro a mancare a seconda delle circostanze. Da tutto ciò bisogna concludere che questa oscurità dipende da una causa o da una volontà estranea, e che essa costituisce una punizione speciale per dei casi stabiliti dalla sovrana giustizia.

(Domanda rivolta a san Luigi.) Qual è la causa per cui l'educazione morale degli Spiriti disincarnati è più facile di quella degli incarnati? 4 rapporti stabiliti dallo Spiritismo tra gli uomini e gli Spiriti dimostrano come questi ultimi si correggano più rapidamente — sotto l'influenza di salutari consigli — di coloro che sono incarnati, come si può ben vedere attraverso le cure delle ossessioni.»

(Società di Parigi.) «L'incarnato, per sua stessa natura, si trova in uno stato di lotta senza tregua per via degli elementi contrari di cui è composto, e che devono condurlo alla sua fine provvidenziale, reagendo l'uno sull'altro. La materia subisce facilmente il predominio di un fluido esterno; se l'anima non reagirà, con tutta la forza morale di cui è capace, si lascerà dominare dall'intermediario del suo corpo. Non solo, ma seguirà l'impulso delle influenze perverse da cui è circondata, e con una facilità ben più grande, in quanto gli invisibili che la assediano attaccano di preferenza i punti più vulnerabili, le tendenze verso la passione dominante.

Per lo Spirito disincarnato, è tutt'altra cosa. Egli, è vero, è ancora sotto un'influenza semi materiale, ma questo stato non ha nulla di paragonabile con quello dell'incarnato. Il rispetto umano, così preponderante tra gli uomini, è inesistente per lo Spirito disincarnato, e questo solo pensiero è sufficiente per indurlo a non resistere a lungo alle ragioni che il suo proprio interesse gli presenta come buone. Può lottare, e in genere lotta, con maggiore violenza dell'incarnato — perché è più libero —, ma nessuna meschina visione d'interesse materiale o di posizione sociale ostacolerà il suo giudizio. Egli lotta per amore del male, ma ben presto acquisisce il senso della propria impotenza di fronte alla superiorità morale che lo domina. La prospettiva di un avvenire migliore gli è più accessibile, perché si trova nella stessa vita in cui questo avvenire deve completarsi, e anche perché questa visione non è oscurata dal turbinio dei piaceri umani. In poche parole, non essendo più sotto l'influenza della carne, tutto ciò rende più facile la sua conversione, soprattutto da quando egli ha raggiunto un certo progresso, grazie alle prove che ha compiuto. Uno Spirito completamente primitivo sarebbe poco incline al raziocinio, diversamente avviene, invece, per colui che ha già sperimentato la vita. D'altra parte, presso l'incarnato come presso il disincarnato, è sull'anima — attraverso il sentimento — che bisogna agire. Ogni azione materiale può sospendere momentaneamente le sofferenze dell'uomo vizioso, ma la medesima azione non può distruggere il principio morboso che è nell'anima. Ogni atto che non tenda a migliorare l'anima non può allontanarla dal male.»

San Luigi