IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Capitolo IX - I DEMONI
Origine della credenza nei demoni - I demoni secondo la Chiesa –
I demoni secondo lo Spiritismo


Origine della credenza nei demoni


1. I demoni hanno, in tutte le epoche, giocato un grande ruolo nelle diverse teogonie; benché considerevolmente decaduti nell'opinione generale, l'importanza che viene ancora loro attribuita ai nostri giorni dà a tale questione una certa gravità, poiché arriva al fondo stesso delle credenze religiose: è per questo che è utile esaminarla con gli sviluppi che essa comporta.

La credenza in una potenza superiore è istintiva presso gli uomini; così la si ritrova, sotto diverse forme, in tutte le epoche del mondo. Ma se gli uomini, al grado di progresso intellettivo cui sono oggi arrivati, ancora discutono sulla natura e sugli attributi di questa potenza, quanto più imperfette devono essere state le loro nozioni su questo soggetto, nell'infanzia dell'Umanità!

2. Il quadro che ci viene presentato sull'innocenza dei popoli primitivi in contemplazione davanti alle bellezze della Natura, nella quale essi ammirano la bontà del Creatore, è senza dubbio molto poetica, ma manca di realtà.

Di fatto, più l'uomo si avvicina allo stato primitivo, più in lui domina l'istinto, come ancora si può vedere presso i popoli selvaggi e barbari dei nostri giorni; ciò che lo preoccupa maggiormente o, meglio, ciò che lo occupa esclusivamente è la soddisfazione dei bisogni materiali, dal momento che non ne ha altri. L'unico senso che può renderlo disponibile alle gioie puramente morali si sviluppa soltanto col tempo e gradualmente; l'anima ha la sua infanzia, la sua adolescenza e la sua maturità, come il corpo umano. Ma per raggiungere la maturità che la rende capace di comprendere le cose astratte, quali evoluzioni deve essa attraversare nell'Umanità! Per quante esistenze deve essa passare!

Ma, senza risalire alle ere primitive, osserviamo attorno a noi gli abitanti delle nostre campagne e domandiamoci quali sentimenti d'ammirazione risvegliano in loro lo splendore del Sole che si leva, la volta stellata, il cinguettio degli uccelli, il mormorio delle onde chiare, i prati smaltati di fiori! Per loro, il Sole si leva perché ne ha l'abitudine e, purché esso dia calore abbastanza da maturare i raccolti e tale da non bruciarli, questo è tutto ciò che essi chiedono. Se guardano il cielo è solo per sapere se l'indomani farà cattivo o bel tempo. Che gli uccelli cantino o no per loro è perfettamente uguale, purché non mangino il loro grano; alle melodie dell'usignolo preferiscono il chiocciare dei polli e il grugnito dei loro porci. Ciò che domandano ai ruscelli, limpidi o fangosi che siano, è di non prosciugarsi e di non Mondarli. Ai prati domandano di dare buona erba, con o senza fiori. Questo è tutto ciò che desiderano gli abitanti delle nostre campagne; diciamo di più, tutto ciò che essi comprendono della natura. E, tuttavia, sono già lontani dagli uomini primitivi!

3. Ritornando a questi ultimi, noi li vediamo ancora più esclusivamente preoccupati della soddisfazione dei bisogni materiali; ciò che serve a provvedervi e ciò che può a tali bisogni nuocere riassumono per loro il bene e il male del mondo. Ma siccome quanto arrechi loro un pregiudizio materiale è ciò che li tocca di più, essi lo attribuiscono a questa potenza, di cui, per altro, si fanno un'idea molto vaga. Non potendo essi ancora concepire nulla al di fuori del mondo visibile e tangibile, suppongono che tale potenza sovrumana risieda negli esseri e nelle cose che sono a loro nocive. Gli animali pericolosi ne sono, per loro, i rappresentanti naturali e diretti. Per la stessa ragione, essi hanno visto la personificazione del bene nelle cose utili: da qui il culto reso a certi animali, a certe piante e anche a oggetti inanimati. Ma l'uomo è generalmente più sensibile al male che al bene; il bene gli sembra naturale, mentre il male lo colpisce maggiormente. È per questo che, in tutti i culti primitivi, le cerimonie in onore della potenza malefica sono le più numerose. La paura prevale sulla riconoscenza.

Per lungo tempo, l'uomo non comprese altro che il bene e il male fisico; il sentimento del bene morale e del male morale segnò un progresso nell'intelligenza umana; soltanto allora l'uomo intravide la spiritualità e comprese che la potenza sovrumana è al di fuori del mondo visibile, e non nelle cose materiali. Questa fu l'opera di alcune menti elette, le quali non poterono tuttavia oltrepassare certi limiti.

4. Siccome si osservava esserci una lotta incessante tra il bene e il male, e quest'ultimo sovrastare spesso il bene; siccome, d'altro canto, non si poteva razionalmente ammettere che il male fosse l'opera di una potenza benefica, se ne concluse che c'erano due potenze rivali a governare il mondo. Da qui nacque la dottrina dei due principi: quello del bene e quello del male, dottrina logica per quell'epoca, poiché l'uomo era ancora incapace di concepirne un'altra e di penetrare l'essenza dell'Essere supremo. Come avrebbe egli potuto comprendere che il male non è che uno stato momentaneo da cui può nascere il bene, e che i mali che lo affliggono devono condurlo alla felicità, aiutandolo nel suo avanzamento? I limiti del suo orizzonte non gli permettevano di vedere niente al di fuori della vita presente, né avanti né indietro; egli non poteva comprendere né che aveva progredito, né che avrebbe progredito ancora individualmente, e ancor meno poteva comprendere che le vicissitudini della vita sono il risultato dell'imperfezione e dell'essere spirituale che è in lui, il quale preesiste e sopravvive al corpo, e si purifica attraverso una serie di esistenze, finché non abbia raggiunto la perfezione. Per comprendere il bene che può nascere dal male, non bisogna considerare soltanto un'esistenza; bisogna abbracciare l'insieme: solo allora appariranno le vere cause e i loro effetti.

5. Il doppio principio del bene e del male fu, per lunghi secoli e sotto diversi nomi, la base di tutte le credenze religiose. Esso fu personificato sotto i nomi di Ohrmazd e di Arimane presso i Persiani, di Geova e di Satana presso gli Ebrei. Ma, poiché ogni sovrano deve avere dei ministri, tutte le religioni ammettono delle potenze secondarie, geni buoni o malvagi. I pagani li personificavano sotto un innumerevole moltitudine di individualità, ognuna delle quali aveva delle attribuzioni speciali per il bene e per il male, per i vizi e per le virtù, e alle quali essi avevano dato il nome generico di dei. I cristiani e i musulmani ricevettero dagli Ebrei gli angeli e i demoni.

6. La dottrina dei demoni trae dunque la sua origine dall'antica credenza nei due principi del bene e del male. Noi non dobbiamo esaminarla che dal punto di vista cristiano, e vedere se essa è in rapporto con la conoscenza più esatta che oggi abbiamo degli attributi della Divinità.

Questi attributi sono il punto di partenza, la base di tutte le dottrine religiose; i dogmi, il culto, le cerimonie, le usanze, la morale, tutto è in rapporto con l'idea più o meno giusta, più o meno elevata che ci si fa di Dio, dal feticismo fino al Cristianesimo. Se l'essenza intima di Dio è ancora un mistero per la nostra intelligenza, noi tuttavia comprendiamo questo mistero meglio di quanto lo sia mai stato, grazie agli insegnamenti del Cristo. Il Cristianesimo, in accordo riguardo a ciò con la ragione, ci insegna che:

Dio è unico, eterno, immutabile, immateriale, onnipotente sovranamente giusto e buono, in tutte le sue perfezioni.

Così come è detto altrove (cap. VI, "La dottrina delle pene eterne"): "Se si togliesse la più piccola parte di uno solo degli attributi di Dio, non si avrebbe più Dio, poiché potrebbe esistere un essere più perfetto". Questi attributi, nella loro più assoluta pienezza, sono dunque il criterio di tutte le religioni, la misura della verità di ciascuno dei principi che esse insegnano. Perché uno di questi principi sia vero, è necessario che non colpisca nessuna delle perfezioni di Dio. Vediamo se accade così anche per la comune dottrina dei demoni.


I demoni secondo la Chiesa


7. Secondo la Chiesa, Satana, il capo o re dei demoni, non è una personificazione allegorica del male, bensì un'entità reale, che pratica esclusivamente il male, mentre Dio fa esclusivamente il bene. Prendiamolo, dunque, tal quale ci viene presentato.

Satana esiste da tutta l'eternità, come Dio, o è posteriore a Dio? Se esiste da tutta l'eternità, è increato e, di conseguenza è l'eguale di Dio. Dio, allora, non è più unico; c'è il Dio del bene e il Dio del male.

È egli posteriore a Dio? Allora è una creatura di Dio. Poiché non pratica che il male, poiché è incapace di fare il bene e di pentirsi, Dio ha creato un essere votato al male in perpetuo. Se il male non è opera di Dio, ma quella di una delle sue creature predestinate a farlo, Dio ne è pur sempre il primo autore, e allora Egli non è infinitamente buono. Dicasi la stessa cosa di tutti gli esseri malvagi chiamati demoni.

8. Tale è stata per lungo tempo la credenza su questo punto. Oggi si dice: [1]

«Dio, che, per essenza, è la bontà e la santità, non li aveva creati malvagi e malefici. La Sua mano paterna, che si compiace di diffondere su tutte le Sue opere un riflesso delle Sue infinite perfezioni, li aveva colmati dei Suoi più magnifici doni. Alle qualità eccellentissime della loro natura, Egli aveva aggiunto le elargizioni della Sua grazia; li aveva resi del tutto simili agli Spiriti sublimi che sono nella gloria e nella felicità; ripartiti in tutti i loro ordini e mescolati fra tutti i loro ranghi, essi avevano il medesimo fine e i medesimi destini; il loro capo è stato il più bello degli arcangeli. Avrebbero potuto anch'essi meritare di essere confermati per sempre nella giustizia e ammessi a godere eternamente della felicità dei cieli. Quest'ultimo favore sarebbe stato in cima a tutti gli altri favori di cui era oggetto; ma doveva essere il premio della loro docilità, ed essi se ne sono resi indegni; l'hanno perduto per una rivolta sconsiderata e insensata.

Qual è stato lo scoglio della loro perseveranza? Quale verità hanno disconosciuto? Quale atto di fede e di adorazione hanno rifiutato a Dio? La Chiesa e gli annali delle Sacre Scritture non lo dicono in maniera evidente, ma sembra certo che non abbiano accettato né la mediazione del Figlio di Dio, né l'esaltazione della natura umana in Gesù Cristo.

Il Verbo divino, creatore di tutte le cose è anche l'unico mediatore e salvatore in Cielo e in Terra. Il fine soprannaturale è stato dato agli angeli e agli uomini soltanto in previsione della sua incarnazione e dei suoi meriti, poiché non c'è alcuna proporzione tra le opere degli Spiriti anche più eminenti e questa ricompensa, che altro non è che Dio stesso; nessuna creatura sarebbe potuta pervenirvi senza questo intervento meraviglioso e sublime di carità. Ora, per colmare la distanza infinita che separa l'essenza divina dalle opere delle Sue mani, bisognava ch'Egli riunisse nella Sua persona i due estremi e che associasse alla Sua divinità la natura dell'angelo o quella dell'uomo. Egli fece la scelta della natura umana.

Questo disegno, concepito da tutta l'eternità, fu manifestato agli angeli molto prima della sua esecuzione. L'Uomo-Dio fu loro mostrato nell'avvenire come Colui che avrebbe dovuto confermarli nella grazia e introdurli nelle gloria, a condizione ch'essi Lo adorassero durante la Sua missione sulla Terra, e in cielo nei secoli dei secoli. Rivelazione in sperata, visione sublime per i cuori generosi e riconoscenti, ma mistero profondo, impressionante per gli Spiriti superbi! Questo fine soprannaturale, questo immenso peso di gloria che veniva loro proposto non sarebbe dunque stato unicamente la ricompensa dei loro meriti personali! Mai avrebbero potuto attribuirne a sé stessi i titoli e il possesso! Un mediatore tra loro e Dio! Quale ingiuria era stata arrecata alla loro dignità! La preferenza immotivata accordata alla natura umana! Quale ingiustizia! Quale oltraggio scagliato contro i loro diritti! Questa Umanità, che è a loro così inferiore, la vedranno, un giorno, deificata attraverso la sua unione con il Verbo, e assisa alla destra di Dio, su un trono risplendente? Accetteranno infine che essa offra a Dio eternamente l'omaggio della sua adorazione?

Lucifero e la terza parte degli angeli soggiacquero a questi pensieri di orgoglio e di gelosia. San Michele e, con lui, la maggior parte degli angeli esclamarono: "Chi è simile a Dio? Egli è il padrone dei sui doni e il Signore sovrano di tutte le cose. Gloria a Dio e all'Agnello che sarà immolato per la salvezza del mondo!" Ma il capo dei ribelli, dimenticando che era debitore verso il suo Creatore della propria nobiltà e delle proprie prerogative, dando retta solo alla sua sconsideratezza, disse: "Sono io quello che salirà in cielo. Stabilirò la mia dimora al di sopra degli astri. Mi siederò sul monte dell'Alleanza, a fianco dell'Aquilone. Dominerò le nubi più elevate e sarò simile all'Altissimo". Coloro che condividevano le sue idee ne accolsero le parole con un mormorio d'approvazione; e se ne trovavano di tutti gli ordini della gerarchia; ma la loro moltitudine non li mise al riparo dal castigo.»

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[1] Le seguenti citazioni sono tratte dalla lettera pastorale di Monsignor il cardinale Gousset, cardinale-arcivescovo di Reims, per la Quaresima del 1865. Per i meriti personali e per la posizione dell'Autore, tali citazioni possono essere considerate come l'ultima espressione della Chiesa sulla dottrina dei demoni.
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9. Questa dottrina suscita varie obiezioni.

1°. Se Satana e i demoni erano degli angeli, ciò significa che erano perfetti. Come, essendo perfetti, hanno potuto fallire e disconoscere a tal punto l'autorità di Dio, alla cui presenza essi si trovavano? Si potrebbe ancora comprendere che, se fossero arrivati a questo eccelso grado soltanto gradualmente e dopo essere passati attraverso la trafila dell'imperfezione, avrebbero potuto avere un'incresciosa ricaduta; ma ciò che rende la cosa più incomprensibile è che ci siano stati presentati come esseri che erano stati creati perfetti.

La conseguenza di tale teoria è questa: Dio aveva voluto creare in loro degli esseri perfetti, poiché li aveva colmati di tutti i doni. E si è sbagliato. Dunque, secondo la Chiesa, Dio non è infallibile. [2]

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[2] Questa mostruosa dottrina è affermata da Noè quando dice (Genesi 6:6-7): Al Signore si pentì d'aver fatto l'uomo sulla Terra, e se ne addolorò in cuor suo. E il Signore disse: "Io sterminerò dalla faccia della Terra l'uomo che ho creato: dall'uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti"».

Un Dio che si pente di ciò che ha fatto non è né perfetto né infallibile: dunque non è Dio. Queste sono, tuttavia, le parole che la Chiesa proclama come verità sante. E neppure si comprende troppo che cosa ci sia di comune tra gli animali e la perversità degli uomini, per meritare gli animali il loro sterminio.
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2°. Poiché né la Chiesa né gli Annali delle Sacre Scritture spiegano alcunché sulla causa della rivolta degli angeli contro Dio — sembra soltanto certo ch'essa fosse da ricercarsi nel loro rifiuto di riconoscere la missione futura del Cristo — quale valore può mai avere il quadro così preciso e dettagliato della scena che ebbe luogo in tale circostanza? A quale fonte si sono attinte parole così chiare, riportate come se fossero state pronunciate, e fino ai semplici mormorii? Delle due cose, l'una: o la scena è vera, o non lo è. Se è vera, non vi è alcuna incertezza; e allora perché la Chiesa non tronca la questione? Se la Chiesa e la Storia tacciono, se la causa sembra soltanto certa, allora non si tratta che di una supposizione, e la descrizione della scena è frutto dell'immaginazione. [3]

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[3] Si trova in Isaia, cap. XIV, v. 11 e ss.: "Il tuo fasto e il suono dei tuoi salteri sono stati fatti scendere nel soggiorno dei morti; sotto di te sta un letto di vermi, e i vermi sono la tua coperta. Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell'aurora? Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo: 'Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio, mi siederò sul monte dell'assemblea, nella parte estrema del settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all'Altissimo'. Invece ti hanno fatto discendere nel soggiorno dei morti, nelle profondità della fossa! Coloro che ti vedono fissano in te lo sguardo, ti esaminano attentamente e dicono: 'È questo l'uomo che faceva tremare la Terra, che agitava i regni, che riconduceva il mondo in un deserto, ne distruggeva le città e non rimandava mai liberi a casa i suoi prigionieri?'"

Queste parole del profeta non si riferiscono alla rivolta degli angeli, ma sono un'allusione all'orgoglio e alla caduta del re di Babilonia, il quale teneva gli Ebrei in cattività, come attestano gli ultimi versetti. Il re di Babilonia è designato, per allegoria, con il nome di Lucifero, ma non vi è fatta alcuna menzione della scena sopra descritta. Le parole sono quelle che il re diceva in cuor suo; egli si poneva, per orgoglio, al di sopra di Dio, il cui popolo egli teneva prigioniero. La profezia, circa la liberazione del popolo ebreo, la rovina di Babilonia e la sconfitta degli Assiri è, d'altra parte, l'esclusivo argomento di questo capitolo.
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3°. Le parole attribuite a Lucifero rivelano una ignoranza stupefacente in un arcangelo che, per sua natura e grado raggiunto, non deve essere partecipe — riguardo all'organizzazione dell'Universo — degli errori e dei pregiudizi, che gli uomini hanno commesso, finché non siano stati dalla Scienza chiariti. Come, allora, poteva dire che avrebbe fissato la sua dimora al di sopra degli astri, dominando le nubi più alte?

Si tratta sempre dell'antica credenza che immagina la Terra come centro dell'Universo, il cielo come se fosse formato da nubi, estendendosi fino alle stelle, e che immagina limitata la regione di queste, che l'Astronomia invece ci mostra disseminata all'infinito nell'infinito Spazio! Sapendo, come oggi si sa, che le nubi non si innalzano per più di due leghe dalla superficie terracquea, e dicendo che le avrebbe dominate da più in alto, riferendosi alle montagne, sarebbe stato necessario che l'osservazione partisse dalla Terra, e che questa fosse, di fatto, la dimora degli angeli. Dato, però, che questa si trova in una regione superiore, inutile sarebbe stato innalzarsi al di sopra delle nubi. Imprestare, però, agli angeli un linguaggio intriso di ignoranza significa confessare che gli uomini contemporanei sono più eruditi degli angeli. La Chiesa ha sempre sbagliato strada, non tenendo mai conto dei progressi della Scienza.

10. La risposta alla prima obiezione si incontra nel primo brano che qui di seguito riportiamo.

"Le Scritture e la Tradizione denominano cielo il luogo in cui erano stati collocati gli angeli al momento della loro creazione. Ma questo non era il cielo dei cieli, il cielo della visione beatificante, dove Dio si mostra di fronte ai suoi eletti, che Lo contemplano chiaramente e senza sforzi. Infatti, lì non c'è mai né possibilità né pericolo di peccato; la tentazione e il dubbio sono lì sconosciuti; la giustizia, la pace e la gioia vi regnano immutabili; la santità e la gloria sono imperiture. Era, dunque, un'altra regione celeste, una sfera luminosa e fortunata, questa in cui sostavano tanto nobili creature, favorite dalle divine comunicazioni che esse avrebbero dovuto ricevere con fede e umiltà, finché fossero ammesse nella conoscenza della Sua realtà, essenza stessa di Dio."

Da quanto precede si deduce che gli angeli decaduti appartenevano a una categoria meno elevata e perfetta, non avendo ancora raggiunto il luogo supremo, nel quale l'errore è impossibile. E sia pure. Ma allora c'è un'evidente contraddizione in questa affermazione: "Dio li aveva creati in tutto simili agli Spiriti sublimi; suddivisi in tutti gli ordini e distribuiti in tutte le classi, avevano il medesimo fine e identici destini; e il loro capo era il più bello degli arcangeli". Ora, in tutto simili agli altri, non potevano essere loro inferiori in natura; identici nelle categorie, non potevano stare in un luogo particolare. Quindi l'obiezione sussiste intatta.

11. E ce n'è anche un'altra che è, certamente, la più seria e la più grave.

Dicono: "Questo piano (l'intervento del Cristo), concepito fin da tutta l'eternità, fu manifestato agli angeli molto prima della sua esecuzione". Dio quindi sapeva, e da tutta l'eternità, che gli angeli, tanto quanto gli uomini, avrebbero avuto bisogno di questo intervento. Anche di più: il Dio onnisciente sapeva, dunque, che alcuni tra questi angeli avrebbero fallito, affrontando così l'eterna condanna e trascinando a egual sorte una parte dell'Umanità. E così, di proposito, condannava previamente il genere umano, cioè la sua stessa creazione. A questo ragionamento non è possibile sfuggire, poiché in altro modo dovremmo ammettere l'incoscienza divina, proclamando la non prescienza di Dio. Da parte nostra è impossibile identificare una tale creazione con la sovrana bontà. In entrambi i casi, vediamo la negazione di attributi, senza la cui assoluta pienezza Dio non sarebbe Dio.

12. Ammettendo la fallibilità degli angeli, così come quella degli uomini, la punizione è, d'altra parte, conseguenza giusta e naturale dell'errore. Ma se ammettessimo nello stesso tempo, la possibilità del riscatto, la rigenerazione e la grazia, dopo il pentimento e l'espiazione, tutto si chiarirebbe e si conformerebbe con la bontà di Dio. Egli sapeva che essi avrebbero sbagliato, che sarebbero stati puniti, ma sapeva egualmente che un tale castigo temporaneo sarebbe stato un mezzo per far loro comprendere l'errore, che sarebbe infine tornato a loro vantaggio. Ecco come si spiegano le parole del profeta Ezechiele: "Dio non vuole la morte, ma la salvezza del peccatore". [4]

L'inutilità del pentimento e l'impossibilità della rigenerazione, queste cose sì comporterebbero la negazione della bontà divina. Ammessa tale ipotesi, si potrebbe anche dire, rigorosamente ed esattamente, che "questi angeli fin dalla loro creazione, visto che Dio non poteva ignorarlo, erano votati in perpetuo al male e predestinati a diventare demoni, per trascinare gli uomini al male".

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[4] Vedere al cap. VI, n. 25, citazione di Ezechiele.
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13. Vediamo ora qual è la sorte di questi tali angeli e che cosa fanno.

«Non appena la rivolta si manifestò nel linguaggio degli Spiriti, cioè nell'arroganza dei loro pensieri, essi furono banditi dalla dimora celeste e precipitati nell'abisso. Con queste parole noi intendiamo dire che furono gettati in un luogo di supplizi nel quale soffrono la pena del fuoco, secondo il testo del Vangelo, che è la parola stessa del Salvatore: "Andatevene, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il demonio e i suoi angeli". San Pietro espressamente dice: "Dio li mandò in catene e li avviò alle torture infernali, senza, tuttavia, che dovessero stare là perpetuamente, visto che solo alla fine del mondo sarebbero stati imprigionati per sempre con i reprobi". Al presente, Dio permette anzi che essi occupino un posto nella Creazione alla quale essi appartengono, nell'ordine delle cose identiche alla loro esistenza, nelle loro relazioni infine che dovevano avere con gli uomini, e delle quali fanno abuso nel modo più pernicioso.

Mentre alcuni stanno nella loro tenebrosa dimora, servendo da strumento alla giustizia divina, contro le disgraziate anime ch'essi hanno sedotto, altri, in numero infinito, formano legioni che risiedono negli strati inferiori dell'atmosfera e percorrono tutto il globo. Si intromettono in tutto ciò che accade sulla Terra, prendendo anche parte molto attiva ai nostri avvenimenti terreni.»

Per ciò che concerne le parole del Cristo sul supplizio del fuoco eterno, tale questione è trattata nel capitolo IV, intitolato "L'Inferno".

14. Secondo questa dottrina, solo una parte dei demoni si trova nell'inferno; l'altra erra in libertà, mescolandosi a tutto ciò che succede sulla Terra, offrendosi il piacere di fare il male, e questo fino alla fine del mondo, la cui epoca indeterminata non sarà poi tanto vicina. Perché dunque questa differenza tra le due parti? Si tratta forse dei demoni meno colpevoli? Certamente no. A meno che non ne escano, ciascuno al suo turno, cosa che sembrerebbe risultare da questo brano: "Mentre alcuni stanno nella loro tenebrosa dimora, servendo da strumento alla giustizia divina contro le disgraziate anime che essi hanno sedotto".

Le loro funzioni consistono dunque nel tormentare le anime che hanno sedotto. Così essi non sono incaricati di punire quelle che sono colpevoli di peccati liberamente e volontariamente commessi, ma quelle che essi hanno provocato. Contemporaneamente, essi sono la causa della colpa e lo strumento del castigo. E, cosa che la giustizia umana per quanto imperfetta non ammetterebbe, la vittima — la quale per fragilità soccombe all'occasione che si fa nascere per tentarla — è punita tanto severamente quanto l'agente provocatore che usa la malignità e l'astuzia. Anzi, ancor più severamente, poiché essa va all'inferno, lasciando la Terra, per non uscirne mai più e per soffrirvi senza né tregua né pietà per l'eternità, mentre quello che è la causa prima della sua colpa gode della sosta e della libertà fino alla fine del mondo! La giustizia di Dio non dovrebbe dunque essere più perfetta di quella degli uomini?

15. Ma ciò non è tutto. "Dio permette ch'essi occupino ancora un posto in questa creazione, nelle relazioni ch'essi dovevano avere con l'uomo e delle quali essi fanno il più pernicioso abuso." Poteva Dio ignorare l'abuso ch'essi avrebbero fatto della libertà a loro da Lui accordata? Allora perché l'accordò loro? È dunque con cognizione di causa ch'Egli abbandona le Sue creature alla mercé di sé stesse, ben sapendo, in virtù della Sua onniscienza, ch'esse soccomberanno e avranno la sorte dei demoni. Non avevano forse esse già sufficiente fragilità per proprio conto, senza che si permettesse che fossero incitate al male da un nemico tanto più subdolo perché invisibile?

Almeno il castigo fosse solo temporaneo e il colpevole potesse riscattarsi con la riparazione! E invece no! Il colpevole è condannato per l'eternità. Il suo pentimento, il suo ritorno al bene, i suoi rimorsi sono superflui.

I demoni sono, così, gli agenti provocatori predestinati a reclutare anime per l'inferno, e ciò con il permesso di Dio, il quale sapeva, mentre creava quelle anime, la sorte che era loro riservata. Che cosa si direbbe, sulla Terra, di un giudice che ricorresse a tale espediente per popolare le prigioni? Strana l'idea che ci viene data della Divinità, di un Dio i cui attributi essenziali sono la suprema giustizia e la suprema bontà! Ed è nel nome di Gesù Cristo, di colui che non ha predicato che l'amore, la carità e il perdono, che si insegnano simili dottrine! Ci fu un tempo in cui tali anomalie passavano inosservate: non si comprendevano, non si ascoltavano neppure. L'uomo, curvo sotto il giogo del dispotismo, sottometteva ciecamente la sua ragione o, piuttosto, abdicava alla sua ragione. Ma oggi l'ora dell'emancipazione è scoccata: l'uomo comprende la giustizia, la esige durante la sua vita e dopo la sua morte. È per questo ch'egli dice:

"Questo non è e non può esser tale, oppure Dio non sarebbe Dio!"

16. «Il castigo segue dappertutto questi esseri decaduti e maledetti, dappertutto essi portano il loro inferno con sé: non hanno più né pace né riposo; le dolcezze stesse della speranza si sono tramutate per loro in amarezza: la speranza è per loro odiosa. La mano di Dio li ha colpiti nell'atto stesso del peccato, e la loro volontà si è ostinata nel male. Divenuti perversi, essi non vogliono cessare d'esserlo, e lo sono per sempre.

Essi sono, dopo il peccato, ciò che l'uomo è dopo la morte. La riabilitazione di costoro, che sono caduti, è dunque impossibile; la loro perdita è d'ora in poi senza ritorno, ed essi perseverano nel loro orgoglio di fronte a Dio, nel loro odio contro il Suo Cristo, nella loro gelosia contro l'Umanità.

Non avendo potuto appropriarsi della gloria del cielo, con l'irruenza della loro ambizione, essi si sforzano di stabilire il loro dominio sulla Terra e di bandirne il regno di Dio. Il Verbo, fattosi carne, ha realizzato, nonostante costoro, i Suoi disegni per la salvezza e la gloria dell'Umanità. Tutti i loro mezzi d'azione sono convogliati per strapparGli le anime che Egli ha riscattato; l'astuzia e il tormento, la menzogna e la seduzione, tutto essi mettono in opera per condurle al male e perpetrarne la rovina.

Con simili nemici, la vita dell'uomo, dalla culla alla tomba, non può essere, ahimè, che una lotta perpetua, poiché quelli sono potenti e instancabili.

Questi nemici, in effetti, sono gli stessi che, dopo aver introdotto il male nel mondo, sono arrivati a coprire la Terra con le fitte tenebre dell'errore e del vizio; sono coloro che per lunghi secoli si sono fatti adorare come degli dei e che hanno regnato da padroni sui popoli dell'Antichità; sono coloro, infine, che esercitano ancora il loro tirannico dominio sulle regioni idolatre e che fomentano il disordine e lo scandalo fino in seno alle società cristiane.

Per comprendere di quante risorse disponga la loro malvagità, è sufficiente osservare che essi non hanno nulla delle prodigiose facoltàche sono appannaggio della natura angelica. Senza dubbio, l'avvenire e soprattutto l'ordine soprannaturale hanno dei misteri che Dio ha riservato a Sé stesso, e che essi non possono scoprire; ma la loro intelligenza è ben superiore alla nostra, perché essi con un colpo d'occhio intravedono gli effetti nelle cause, e le cause negli effetti. Questa penetrazione permette loro di annunciare in anticipo eventi futuri che sfuggono alle nostre congetture. La distanza e la diversità dei luoghi si cancellano davanti alla loro agilità. Più veloci del lampo, più rapidi del pensiero, essi si trovano quasi nello stesso tempo su diversi punti del globo, e possono descrivere a distanza gli eventi di cui sono testimoni nell'ora stessa in cui avvengono.

Le leggi generali attraverso le quali Dio regge e governa questo Universo non sono di loro dominio. Essi non possono contravvenirvi, né di conseguenza predire né operare veri miracoli; possiedono, però, l'arte di imitare e contraffare, entro certi limiti, le opere divine; sanno quali fenomeni risultano dalla combinazione degli elementi e predicono con certezza quelli che avvengono naturalmente così come quelli che hanno il potere di causare essi stessi. Da qui, quei numerosi oracoli, quei prodigi straordinari di cui i libri sacri e profani ci hanno tramandato memoria, e che sono serviti di base e di alimento a tutte le superstizioni.

La loro sostanza semplice e immateriale li sottrae ai nostri sguardi; essi sono al nostro fianco senza che noi ci se ne accorga; colpiscono la nostra anima senza colpire le nostre orecchie; noi crediamo di obbedire al nostro stesso pensiero, mentre subiamo le loro tentazioni e la loro funesta influenza. Le nostre disposizioni, al contrario, sono da loro conosciute attraverso le impressioni che ne proviamo, ed essi ci attaccano, generalmente, dal nostro lato debole. Per sedurci più facilmente, è loro abitudine presentarci attrattive e suggestioni conformi alle nostre inclinazioni. Modificano le loro azioni a seconda delle circostanze e dei tratti caratteristici di ogni temperamento. Ma le loro armi preferite sono la menzogna e l'ipocrisia.»

17. Si dice che il castigo li segua dappertutto e che non abbiano più né pace né riposo. Questa osservazione non annulla in alcun modo l'osservazione fatta riguardo al privilegio di cui godono quelli che non stanno all'inferno, privilegio tanto meno giustificato in quanto, standosene fuori, commettono maggior male. Senza alcun dubbio, essi non sono felici come i buoni angeli, ma non si tiene conto per nulla della libertà di cui godono? Se non hanno la felicità morale che la virtù procura, essi sono incontestabilmente meno infelici dei loro complici che si trovano fra le fiamme. Inoltre, per il malvagio, c'è una sorta di piacere nel commettere il male in tutta libertà. Domandate a un criminale se per lui è uguale essere in prigione o correre per i campi e commettere i suoi misfatti a suo pieno agio. Il caso è esattamente il medesimo.

Si dice che il rimorso li perseguiti senza né tregua né pietà. Ma si dimentica che il rimorso è il precursore immediato del pentimento, se non è già il pentimento stesso. Si dice anche: "Divenuti perversi, essi non vogliono cessare d'esserlo, e lo sono per sempre". Dal momento che non vogliono cessare d'essere perversi, significa che non hanno rimorsi; se avessero il minimo rincrescimento, cesserebbero di commettere il male e chiederebbero perdono. Perciò, per loro, il rimorso non è un castigo.

18. "Essi sono, dopo il peccato, ciò che l'uomo è dopo la morte. La riabilitazione di coloro che sono caduti è perciò impossibile." Da dove viene questa impossibilità? Non si comprende come essa possa essere la conseguenza della loro somiglianza con l'uomo dopo la morte, affermazione che, del resto, non è affatto chiara. Questa impossibilità viene dalla loro stessa volontà o da quella di Dio? Se è conseguenza della loro volontà, ciò denota una estrema perversità, un'assoluta protervia nel male; non si comprende, perciò, come degli esseri così profondamente perversi abbiano mai potuto essere angeli di virtù, e come, durante il tempo indefinito ch'essi hanno trascorso tra questi ultimi, non abbiano lasciato trasparire alcuna traccia della loro malvagia natura. Se è questa la volontà di Dio, ancor meno si comprende che Egli infligga, come castigo, l'impossibilità del ritorno al bene, dopo una prima colpa. Il Vangelo non dice nulla di simile.

19. "La loro dannazione, si aggiunge, è ormai senza ritorno, ed essi perseverano nel loro orgoglio di fronte a Dio." A che cosa servirebbe loro non perseverare, dal momento che ogni pentimento è inutile? Se avessero la speranza di una riabilitazione — qualunque fosse il prezzo — il bene avrebbe per loro uno scopo, mentre invece non è così. Se perseverano nel male, è dunque perché la porta della speranza per loro è chiusa. E perché Dio l'ha sbarrata davanti a loro? Per vendicarsi dell'offesa ch'Egli ha ricevuto dalla loro mancanza di sottomissione. Così, per appagare il Suo risentimento contro alcuni colpevoli, Egli preferisce vederli non solo soffrire, ma anche fare il male piuttosto che il bene. Indurre al male e spingere alla perdizione eterna tutte le Sue creature del genere umano, quando sarebbe stato sufficiente un semplice atto di clemenza per evitare un così grande disastro, e un disastro previsto da tutta l'eternità!

Nel caso di un atto di clemenza, si sarebbe trattato di una grazia pura e semplice che avrebbe forse potuto essere un incoraggiamento al male? No. Si sarebbe trattato di un perdono condizionale, subordinato a un sincero ritorno al bene. Al posto di una parola di speranza e di misericordia, si fa dire a Dio: Perisca tutta la razza umana, piuttosto che la mia vendetta! E ci si stupisce che, con una simile dottrina, ci siano atei e miscredenti! È forse così che Gesù ci rappresenta il Padre Suo? Lui che ci ha dato un'esplicita legge dell'oblio e del perdono delle offese, che ci ha detto di rendere bene per male, che ha posto l'amore verso i nemici al primo posto delle virtù che ci faranno meritare il cielo, vorrebbe dunque che gli uomini fossero migliori, più giusti, più misericordiosi dello stesso Dio?


I demoni secondo lo Spiritismo


20. Secondo lo Spiritismo, né gli angeli né i demoni sono degli esseridistinti; la creazione degli esseri intelligenti è una. Uniti a corpi materiali, essi costituiscono l'umanità che popola la Terra e le altre sfere abitate; liberati da quel corpo, costituiscono il mondo spirituale o degli Spiriti che popolano gli Spazi. Dio li ha creati perfettibili. Ha dato loro la perfezione come scopo, e la felicità che ne è la conseguenza, ma non ha dato loro la perfezione, Egli ha voluto ch'essi la ottenessero con il loro personale lavoro, affinché ne avessero il merito. Fin dall'istante della loro formazione, essi progrediscono sia nello stato d'incarnazione, sia nello stato spirituale; giunti all'apogeo, essi sono puri Spiriti, o angeli secondo l'appellativo comune; di modo che dall'embrione dell'essere intelligente fino all'angelo vi è una catena ininterrotta, di cui ciascun anello indica un grado di progresso.

Ne risulta che esistono Spiriti a tutti i gradi di avanzamento morale e intellettivo, a seconda che si trovino in alto, in basso o a metà della scala. Ce ne sono, di conseguenza, a tutti i livelli di sapere e d'ignoranza, di bontà e di cattiveria. Nei posti inferiori stanno quelli che sono ancora profondamente inclini al male e che se ne compiacciono. Volendo, li si può chiamare demoni, poiché sono capaci di tutte le nefandezze attribuite a questi ultimi. Se lo Spiritismo non li cita con questo nome, è perché vi si connette l'idea d'esseri distinti dal genere umano, di natura essenzialmente perversa, votati al male per l'eternità e incapaci di progredire nel bene.

21. Secondo la dottrina della Chiesa, i demoni sono stati creati buoni e sono divenuti malvagi a causa della loro disobbedienza: sono angeli decaduti; erano stati posti da Dio in cima alla scala e ne sono precipitati. Secondo lo Spiritismo, si tratta di Spiriti imperfetti, che però si miglioreranno; si trovano ancora nella parte inferiore della scala, e si eleveranno.

Coloro che, per la loro apatia, negligenza, ostinazione e cattiva volontà restano più a lungo nei ranghi inferiori ne sopportano la pena, e l'abitudine al male fa sì che per loro sia più difficile uscirne. Ma arriva il tempo in cui si stancano di questa esistenza e delle sofferenze che ne sono la conseguenza; ed è a questo punto che, confrontando la loro situazione con quella dei buoni Spiriti, comprendono che il loro interesse è nel bene, e cercano di migliorarsi, ma lo fanno di loro spontanea volontà e senza esservi costretti. Sono sottoposti alla legge del progresso per la loro inclinazione a progredire, ma non progrediscono contro la loro volontà. Dio ne fornisce loro incessantemente i mezzi, ma essi sono liberi di approfittarne o no. Se il progresso fosse obbligatorio, essi non avrebbero alcun merito, e Dio vuole invece ch'essi abbiano il merito delle loro opere. Egli non colloca nessuno al primo posto per privilegio, ma il primo posto è aperto a tutti, e vi arrivano solo con i loro sforzi. Gli angeli più elevati hanno conquistato il loro grado come gli altri, passando per la stessa strada comune.

22. Arrivati a un certo grado di purificazione, gli Spiriti hanno delle missioni da compiere in rapporto con il loro avanzamento; ed essi compiono tutte quelle missioni che sono attribuite agli angeli dei differenti ordini. Siccome Dio ha creato da tutta l'eternità, da tutta l'eternità ci sono stati angeli sufficienti a soddisfare tutte le esigenze del governo dell'Universo. Una sola specie di esseri intelligenti, sottoposti alla legge del progresso, sopperisce dunque a tutto. Questa unità nella Creazione, con l'idea che tutti hanno il medesimo punto di partenza, la medesima strada da percorrere, e che tutti si innalzano per loro proprio merito, corrisponde molto meglio alla giustizia di Dio, di quanto non possa fare l'idea di una Creazione di specie differenti più o meno favorite da doni naturali, che sarebbero altrettanti privilegi.

23. La dottrina popolare sulla natura degli angeli, dei demoni e delle anime umane, non ammettendo la legge del progresso e, nondimeno, vedendo esseri di diversi gradi, ne ha concluso che essi fossero il prodotto di altrettante creazioni speciali. Tale dottrina giunge perfino a fare di Dio un padre parziale, il quale ad alcuni dei suoi figli dà tutto, mentre ad altri impone la più dura fatica. Non c'è perciò da meravigliarsi che per lungo tempo gli uomini non abbiano trovato niente di sconveniente in queste preferenze, dal momento che essi stessi ne usavano di eguali nei riguardi dei propri figli, attraverso i diritti di primogenitura e i privilegi della nascita; potevano forse credere di agire peggio di Dio? Ma oggi il cerchio delle idee si è allargato; gli uomini vedono più chiaramente e hanno nozioni più precise sulla giustizia. Desiderandola per sé e non sempre incontrandola sulla Terra, sperano almeno di trovarla più perfetta in Cielo. È per questo che ogni dottrina, in cui la giustizia divina non appaia nella sua più grande purezza, ripugna alla loro ragione.