IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

Torna al menu
3. Supponiamo che, per una qualsiasi circostanza, un intero popolo acquisisca la certezza che in otto giorni, in un mese, o se vogliamo in un anno, esso sarà annientato, che non un solo individuo sopravviverà, che di esso non resterà più alcuna traccia dopo la morte. Che farà questo popolo durante questo tempo di attesa?

Si impegnerà per il suo miglioramento, per la sua istruzione? Si affaticherà per vivere? Rispetterà i diritti, i beni, la vita dei suoi simili? Si sottometterà alle leggi, a un'autorità, qual si voglia, anche la più legittima, cioè all'autorità paterna? Ci sarà per lui un qualsiasi dovere? Certamente no.

Ebbene, ciò che non accade in massa, viene realizzato dalla dottrina del nichilismo, ogni giorno, isolatamente, individualmente. E se le conseguenze non sono poi così disastrose come potrebbero esserlo, è in primo luogo perché, nella maggior parte dei non credenti, c'è più millanteria che vera e propria miscredenza, più dubbio che convinzione; e perché essi hanno paura del niente più di quanto non vogliano far sembrare: l'appellativo di spirito forte lusinga il loro amor proprio; in secondo luogo, perché i non credenti assoluti sono in grandissima minoranza; essi subiscono, loro malgrado, l'influenza dell'opinione contraria e sono sostenuti da una forza materiale. Ma qualora la miscredenza assoluta diventasse un giorno l'opinione della maggioranza, la società entrerebbe in dissoluzione. È a questo che tende la diffusione della dottrina del nichilismo. [1]

Quali che siano le conseguenze, qualora il nichilismo s'imponesse come una verità, bisognerebbe accettarlo. E né i sistemi contrari né il pensiero del male che ne conseguirebbe potrebbero ostacolarne l'esistenza. Ora, non bisogna nasconderci che lo scetticismo, il dubbio e l'indifferenza guadagnano terreno ogni giorno, nonostante gli sforzi della religione; ma questo è positivo. Se la religione si dimostra impotente nei confronti della miscredenza, è perché le manca qualcosa per combatterla, dimodoché se essa si condannasse all'immobilità, in un determinato momento si troverebbe infallibilmente sopraffatta. Ciò che le manca in questo secolo di positivismo, in cui si cerca di comprendere prima di credere, è senza dubbio la convalida delle sue dottrine attraverso fatti positivi; e così pure la concordanza di certe dottrine con i dati positivi della Scienza. Se essa dice bianco e se i fatti dicono nero, bisogna optare tra l'evidenza e la fede cieca.

-------------------------
[1] Un giovane di diciotto anni era affetto da una malattia cardiaca dichiarata incurabile. La Scienza aveva così sentenziato: "Egli potrebbe morire entro otto giorni, come entro due anni, ma non andrà oltre". Il giovane venne a conoscenza di ciò. Subito abbandona gli studi e si dà a eccessi d'ogni genere. Allorché gli si fa presente come una vita di disordini sia pericolosa nelle sue condizioni, egli risponde: "Che m'importa, dal momento che non ho che due anni da vivere? A che mi servirebbe affaticare l'animo con le rinunce? Godo del poco tempo che mi resta e cerco di divertirmi fino all'ultimo". Ecco la conseguenza del nichilismo.

Se questo giovane fosse stato spiritista, avrebbe detto: "La morte distruggerà solo il mio corpo, che io lascerò come un abito usato, ma il mio Spirito vivrà sempre. Io sarò, nella mia vita futura, ciò che avrei fatto di me stesso in questa vita. Niente di quello che in essa potrei acquisire riguardo a qualità morali e intellettuali andrà perduto, perché ciò sarà tanto di guadagnato per il mio avanzamento; ogni imperfezione di cui mi libererò sarà un passo in più verso la felicità. La mia felicità o infelici a venire dipendono dall'utilità o dall'inutilità della mia presente esistenza. È dunque mio interesse mettere a profitto il poco tempo che mi resta ed evitare tutto ciò che potrebbe diminuire le mie forze".

Quale di queste due dottrine è preferibile?
-------------------------