IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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Chi non odia suo padre e sua madre

1. Or molta gente andava con lui; ed egli, rivolto verso la folla, disse:

«Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, e la moglie, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». (...) «Così dunque ognuno di voi che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo». (Luca 14:25-27, 33)

2. «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me.» (Matteo 10:37)

3. Certe parole, molto rare del resto, suonano così strane sulla bocca di Gesù, che istintivamente se ne rifiuta il senso letterale, ma la magnificenza della Sua dottrina non ne subisce alcun danno. Scritti dopo la morte — poiché nessuno dei Vangeli è stato scritto quando Gesù era in vita — possiamo credere che, in questo caso la sostanza del Suo pensiero non è stata ben resa o, cosa non meno probabile, il significato originario ha potuto subire delle alterazioni passando da un idioma all'altro. È sufficiente che un errore sia stato fatto all'inizio, perché esso si ripeta nelle edizioni successive, come si osserva molto spesso nei fatti riguardanti la Storia.

Il verbo odiare, nella frase di san Luca: «Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre», rientra in questo caso. Non c'è nessuno che abbia pensato di attribuirlo a Gesù. Sarebbe dunque superfluo discuterne e ancor meno cercare di giustificarlo. Bisognerebbe prima sapere se l'ha pronunciato e, in caso affermativo, sapere se, nella lingua in cui si esprimeva, questo termine avesse la stessa valenza che ha nella nostra. In questo passaggio di san Giovanni: «Chi odia la sua vita in questo mondo la conserva per la vita eterna», è certo che non esprime l'idea che noi le attribuiamo.

La lingua ebraica non era ricca e aveva molte parole con più significati. Tale è il caso, per esempio, della parola che nella Genesi designa le fasi della creazione e serviva allo stesso tempo per esprimere sia un periodo di tempo qualsiasi sia la rivoluzione diurna. Da ciò, più tardi, la sua traduzione con la parola giorno e la credenza che il mondo fosse stato creato in sei giorni, ossia sei volte ventiquattro ore. Tale è ancora il caso delle parole cammello e corda, perché le corde erano fatte con peli di cammello, e che è stata tradotta con cammello nell'allegoria della cruna dell'ago (vedere cap. XVI, n. 2 di quest'opera).[1]

D'altra parte bisogna considerare anche i costumi e il carattere di un popolo, che influiscono sulla natura particolare della sua lingua. Senza questa conoscenza, il senso vero di certe parole sfugge. Da una lingua all'altra, la stessa parola può avere una maggiore o minore efficacia, può essere ingiuriosa o blasfema nell'una e insignificante nell'altra, secondo l'idea che le si attribuisce. Nella stessa lingua, poi, certe parole perdono il loro valore a qualche secolo di distanza. Per questo una traduzione rigorosamente letterale non sempre rende perfettamente il pensiero e, affinché sia fedele, bisogna a volte impiegare non il termine corrispondente, ma delle parole equivalenti o delle perifrasi.

Queste osservazioni trovano un'applicazione speciale soprattutto nell'interpretazione delle Sacre Scritture e dei Vangeli in particolare. Se non si tiene conto del contesto nel quale viveva Gesù, si è esposti al fraintendimento del valore di certe espressioni e di certi fatti, a causa dell'abitudine che si ha di rapportare gli altri a se stessi. Stando così le cose, bisogna dunque privare la parola odiare dell'accezione moderna, essendo contraria allo spirito dell'insegnamento di Gesù (vedere anche cap. XIV, n. 5 e segg., di quest'opera).


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[1] Non odit in latino e Kaï o miseï in greco non vuol dire odia, ma ama meno. Ciò che esprime il verbo greco miseïn è espresso ancor meglio dal verbo ebraico, del quale dev'essersi servito Gesù. Non significa solamente odiare, ma amare meno, non amare tanto quanto, tanto come un altro. Nel dialetto siriano che, a quanto pare, Gesù usava più frequentemente, questo significato è ancora più accentuato. È in questo senso che è stato usato nella Genesi (29:30-31): «E Giacobbe amò Rachele più di Lea, (...) e il Signore vedendo che Lea era odiata...» È evidente che il vero significato è meno amata, ed è così che bisogna tradurre. In molti altri passaggi ebraici, e soprattutto siriani, lo stesso verbo viene impiegato nel senso di non amare tanto quanto un altro, e sarebbe un controsenso tradurre con odiare, che ha un'altra e ben precisa accezione. Il testo di san Matteo, d'altra parte, elimina ogni difficoltà. (Nota di M. A. Pezzani)