IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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L'affabilità e la dolcezza

6. La benevolenza verso i simili, frutto dell'amore per il prossimo, induce all'affabilità e alla dolcezza che ne sono la manifestazione. Tuttavia non ci si deve sempre fidare delle apparenze. L'educazione e le consuetudini mondane possono far vedere solo la vernice di queste qualità. Quanti ce ne sono la cui finta bonomia non è che una maschera, un abito il cui taglio ben calcolato dissimula le deformità nascoste! Il mondo è popolato da gente del genere, che ha il sorriso sulle labbra e il veleno nel cuore; dolci finché niente li urta, ma che mordono alla minima contrarietà; la cui lingua, dorata quando parlano in faccia, cambia in dardo avvelenato quando parlano alle spalle.

A questa categoria appartengono anche uomini dal fare benevolo che, tiranni domestici in privato, fanno soffrire la loro famiglia e fanno pesare sui subalterni il loro orgoglio e il loro dispotismo. Sembra che vogliano rivalersi dei freni che sono stati loro imposti altrove e che, non osando comportarsi con autorità con gli estranei, che li metterebbero subito a posto, vogliano almeno sentirsi temuti da quelli che non possono rivoltarglisi. La loro vanità gioisce nel poter dire: «Qui comando io e sono obbedito», senza pensare che potrebbero aggiungere, a maggior ragione: «E sono detestato».

Non basta che del latte e del miele scorrano dalle labbra se il cuore non è per niente puro. È solo ipocrisia. Colui la cui affabilità e dolcezza non sono finte, non si smentisce mai. È la stessa persona in pubblico e in privato. D'altra parte si sa bene che, se si ingannano gli uomini con le apparenze, non si inganna Dio.

(Lazare, Parigi, 1861)