IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

Torna al menu
Capitolo IV NESSUNO PUÒ VEDERE IL REGNO DI DIO SE NON NASCE DI NUOVO
Resurrezione e reincarnazione —
I legami familiari rafforzati dalla reincarnazione e infranti dall'unicità dell'esistenza —
Istruzioni Degli Spiriti: Limiti dell'incarnazione — Necessità dell'incarnazione


1. Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo? Essi risposero: Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: E voi, chi dite che io sia? Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù, replicando, disse: «Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli». (Matteo 16:13-17; Marco 8:27-29)

2. Erode, il tetrarca, udì parlare di tutti quei fatti; ne era perplesso, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risuscitato dai morti»; altri dicevano: «È apparso Elia»; e altri. «È risuscitato uno degli antichi profeti». Ma Erode disse: «Giovanni l'ho fatto decapitare; chi è dunque costui del quale sento dire queste cose?» E cercava di vederlo. (Luca 9:7-9; Marco 6:14-15)

3. E i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia? Egli rispose: «Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell'uomo deve soffrire da parte loro». Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista. (Matteo 17:10-13; Marco 9:10-12)


Resurrezione e reincarnazione


4. La reincarnazione faceva parte dei dogmi giudaici sotto la denominazione di resurrezione. Solo i Sadducei, che pensavano che tuttofinisse con la morte, non ci credevano. Le idee dei Giudei su questo punto, come su molti altri, non erano chiaramente definite, perché avevano solo delle nozioni vaghe e incomplete sull'anima e i suoi legami con il corpo. Essi credevano che un uomo che aveva vissuto potesse rivivere, senza rendersi esattamente conto del modo in cui le cose avrebbero potuto avere luogo. Essi designavano con la parola resurrezione ciò che lo Spiritismo chiama più coerentemente reincarnazione. In effetti, la resurrezione presuppone il ritorno alla vita del corpo che è morto, cosa che la scienza dimostra essere materialmente impossibile, soprattutto quando gli elementi di questo corpo sono da lungo tempo decomposti e assorbiti. La reincarnazione è il ritorno dell'anima, o Spirito, alla vita fisica, ma in un altro corpo nuovamente formato per questa anima e che niente ha in comune con il vecchio. La parola resurrezione poteva anche applicarsi a Lazzaro, ma non a Elia né agli altri profeti. Se dunque, secondo quanto essi credevano, Giovanni Battista era Elia, il corpo di Giovanni non poteva essere quello di Elia, in quanto Giovanni era stato visto bambino e se ne conoscevano il padre e la madre. Giovanni poteva dunque essere Elia reincarnato, ma non risuscitato.

5. C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Egli venne di notte da Gesù, e gli disse: «Rabbi, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu, fai, se Dio non è con lui». Gesù gli rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». Nicodemo gli disse: «Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?» Gesù rispose: «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne; e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: "Bisogna che nasciate di nuovo". Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito». Nicodemo replicò e gli disse: «Come possono avvenire queste cose?» Gesù gli rispose: «Tu sei maestro d'Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle cose celesti?» (Giovanni 3:1-12)

6. L'idea che Giovanni Battista fosse Elia e che i profeti potessero rivivere sulla Terra si trova in numerosi passaggi dei Vangeli e, in particolare, in quelli riferiti qui sopra (nn. 1, 2, 3). Se questa credenza non fosse stata vera, Gesù non avrebbe mancato di combatterla, come ne ha combattute tante altre. Lungi da ciò, l'ha confermata con la Sua autorità, e ne ha fatto un principio e una condizione necessaria quando dice: «Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio, e insiste aggiungendo: «Non ti meravigliare se ti ho detto: "Bisogna che nasciate di nuovo"».

7. Queste parole: «Se uno non è nato d'acqua e di Spirito», sono state interpretate nel senso della rigenerazione per mezzo dell'acqua del battesimo. Ma il testo originale portava semplicemente: «non rinasce dall'acqua e dallo Spirito», mentre, in alcune traduzioni, le parole dallo Spirito sono state sostituite con le parole dallo Spirito Santo, la qual cosa non corrisponde più allo stesso concetto. Questo punto capitale emerge dai primi commentari fatti sul Vangelo, così come un giorno ciò verrà costatato senza possibilità di equivoco.[1]

-------------------------
[1] La traduzione di Osterwald è conforme al testo originale. Essa riporta «non si rinasce dall'acqua e dallo Spirito». Quella di Sacy dice: «dal Santo Spirito». Quella di Lamennais: «dallo Spirito Santo».
--------------------------

8. Per comprendere il vero senso di queste parole, bisogna anche riferirsi al significato della parola acqua che non è affatto impiegata secondo l'accezione corrente.

Le conoscenze degli Antichi sulle scienze fisiche erano approssimative. Essi credevano che la Terra fosse uscita dalle acque e per questo consideravano l'acqua come l'elemento generatore in assoluto. Infatti nella Genesi si dice: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque» — «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque» — «Dio chiamò la distesa "cielo"» — «Dio fece pure le stelle e le mise nella distesa dei cieli» — «Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia Pasciuto» — «Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo».

In seguito a questa credenza l'acqua era diventata il simbolo della natura materiale, come lo Spirito era diventato quello della natura intelligente. Queste parole: «Se uno non è nato d'acqua e di Spirito», oppure «nell'acqua e nello Spirito» significano dunque: «Se l'uomo non rinasce con il suo corpo e la sua anima». È in questo senso che le parole sono state comprese all'inizio.

Questa interpretazione è d'altra parte suffragata da queste altre parole: «Quello che è nato dalla carne è carne; e quello che è nato dallo Spirito è Spirito». Gesù fa qui una precisa distinzione fra lo Spirito e il corpo. «Quello che è nato dalla carne è carne» indica chiaramente che solo il corpo procede dal corpo, e che lo Spirito è indipendente dal corpo.

9. «Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove vo, si può intendere come lo Spirito di Dio che dà la vita a chi vuole oppure come l'anima dell'uomo. In quest'ultima accezione, «Tu non sai né da dove viene né dove va», significa che non si conosce né quello che è stato né quello che lo Spirito sarà. Se lo Spirito, o anima, fosse stato creato contemporaneamente al corpo, si saprebbe da dove viene, in quanto se ne conoscerebbe l'inizio. Comunque, questo passaggio è la consacrazione del principio della preesistenza dell'anima e, di conseguenza, della pluralità delle esistenze.

10. Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora, il regno dei cieli è preso a forza, e i violenti se ne impadroniscono. Poiché tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni. Se lo volete accettare, egli è l'Elia che doveva venire. Chi ha orecchi per udire oda. (Matteo 11:12-15)

11. Se il principio della reincarnazione espresso in san Giovanni poteva, a rigore, venire interpretato in senso puramente mistico, non lo è ugualmente in questo passaggio di san Matteo dove non c'è alcuna possibilità di equivoco: «Egli è l'Elia che doveva venire». Non vi è né retorica né allegoria: è un'affermazione positiva. «Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora il Regno dei Cieli è preso a forza».

Che cosa significano le parole " Dai giorni di Giovanni il battista fino a ora"? Dal momento che Giovanni Battista viveva ancora a quel tempo? Gesù lo spiega dicendo: «Se lo volete accettare, egli è l'Elia doveva venire». Ora, non essendo Giovanni altri che Elia, Gesù fa allusione ai tempi in cui Giovanni viveva sotto il nome di Elia. «Fino a ora il Regno dei Cieli è preso a forza» è un'altra allusione alla violenza della legge mosaica, che ordinava lo sterminio degli infedeli per guadagnare la Terra Promessa, il Paradiso degli Ebrei, mentre, secondo la nuova legge, il Cielo si guadagna con la carità e la dolcezza.

Pertanto aggiunge: «Chi ha orecchi per udire oda». Queste parole, così frequentemente ripetute da Gesù, dicono chiaramente che non tutti erano in grado di comprendere certe verità.

12. Quelli della vostra gente che sono stati fatti morire rivivano; quelli che erano morti fra me saranno risuscitati. Risvegliati dal tuo sonno e canta inni a Dio, tu che abiti nella polvere; perché la rugiada che cade su di te è una rugiada di luce e perché rovinerai la Terra e il regno dei giganti. (Isaia 26:19)

13. Questo passaggio di Isaia è così spiegato: «Quelli della vostra gente che sono stati fatti morire rivivano». Se il profeta avesse inteso parlare della vita spirituale, se avesse voluto dire che quelli che erano stati fatti morire non erano morti nello Spirito, avrebbe detto: vivranno ancora, e non: rivivano.

In senso spirituale queste parole sarebbero un nonsenso, perché comporterebbero un'interruzione nella vita dell'anima. Nel senso di rigenerazione morale, sarebbero la negazione delle pene eterne, in quanto stabilirebbero come principio che tutti quelli che sono morti rivivranno.

14. Ma quando l'uomo è morto una volta e il suo corpo, separato dal suo Spirito, è consumato, che cosa diventa? L'uomo, essendo morto una volta, potrebbe rivivere di nuovo? In questa guerra in cui mi trovo tutti i giorni della mia vita, attendo che giunga il mio cambiamento (Giobbe 14:10, 14. Traduzione di Le Maistre de Sacy).

Quando l'uomo muore perde ogni forza; il mortale spira, e dov'è egli? Se l'uomo muore, può egli tornare in vita? Aspetterei fiducioso tutti i giorni della mia sofferenza, finché cambiasse la mia condizione? (Id., traduzione protestante di Osterwald).

Quando l'uomo è morto, vive sempre; finendo i giorni della mia esistenza terrena, attenderò, perché io ritornerò un'altra volta (Id., versione della Chiesa greca).

15. Il principio della pluralità delle esistenze è chiaramente espresso nelle tre versioni. Non si può supporre che Giobbe abbia voluto parlare della rigenerazione per mezzo dell'acqua del battesimo, che certamente non conosceva. «L'uomo, essendo morto una volta, potrebbe rivivere di nuovo?» L'idea di morire una volta e di rivivere, implica quella di morire e di rivivere molte volte. La versione della Chiesa greca è ancora più esplicita, se possibile: «Finendo i giorni della mia esistenza terrena, attenderò, perché io ritornerò un'altra volta», ossia ritornerò all'esistenza terrena. Ciò è chiaro come se qualcuno dicesse: «Esco dalla mia casa, ma ci ritornerò».

«In questa guerra in cui io mi trovo tutti i giorni della mia vita, attendo che giunga il mio cambiamento». Giobbe vuole evidentemente parlare della lotta che sostiene contro le miserie della vita. Attende il suo cambiamento, ossia si rassegna. Nella versione greca, attenderò sembra piuttosto riferirsi alla nuova esistenza: «Finendo i giorni della mia esistenza terrena, attenderò, perché io ritornerò». Giobbe sembra collocarsi, dopo la morte, in un intervallo che separa un'esistenza dall'altra, e dire che là attenderà il suo ritorno.

16. Non vi è dubbio dunque che sotto il termine di resurrezione, il principio della reincarnazione era una delle credenze fondamentali dei Giudei; e ciò è confermato da Gesù e dai profeti in modo formale. Ne deriva, quindi, che negare la reincarnazione è rinnegare le parole di Cristo. Le Sue parole, un giorno, saranno accettate e rispettate su questo punto, come su molti altri, quando saranno state analizzate senza preconcetti.

17. Ma a questa autorevolezza, dal punto di vista religioso, si deve aggiungere, dal punto di vista filosofico, quella delle prove che risultano dall'osservazione dei fatti. Quando dagli effetti si vuole risalire alle cause, la reincarnazione appare come una necessità assoluta, come una condizione inerente all'umanità, in una parola, come una legge di natura. Essa si rivela attraverso i suoi risultati in maniera, per così dire, materiale, come il motore nascosto si rivela attraverso il movimento. Solamente la reincarnazione può dire all'uomo da dove viene, dove va, perché è sulla Terra, e giustificare tutte le incongruenze e tutte le ingiustizie apparenti della vita presente.[2]

-------------------------
[2] Per lo sviluppo del principio della reincarnazione, vedere di Allan Kardec Il libro degli Spiriti, cap. IV e V; Che cos'è lo Spiritismo, cap. II; e di Pezzani La pluralità delle esistenze.

Senza il principio della preesistenza dell'anima e della pluralità delle esistenze, la maggior parte delle massime del Vangelo sono inintelligibili. È perché non si è considerato questo principio che sono sorte interpretazioni tanto contraddittorie. Questo principio è la chiave che può restituirci il loro vero senso.


I legami familiari rafforzati dalla reincarnazione e infranti dall'unicità dell'esistenza


18. I legami familiari non vengono per niente distrutti dalla reincarnazione, come certuni pensano, al contrario vengono rafforzati e diventano più stretti. È il principio opposto che li distrugge.

Gli Spiriti formano nello spazio dei gruppi, o famiglie, uniti dall'affetto, dalla simpatia e dall'affinità delle inclinazioni. Questi Spiriti, felici di essere insieme, si cercano, e l'incarnazione li separa solo momentaneamente perché, dopo il loro rientro nello stato erratico, si ritrovano come degli amici al ritorno da un viaggio. Sovente si seguono persino nell'incarnazione, dove si trovano riuniti in una famiglia o in uno stesso ambiente e lavorano insieme per il loro reciproco avanzamento. Se gli uni sono incarnati e gli altri no, essi sono nondimeno uniti dal pensiero. Quelli che sono liberi vegliano su quelli che sono incarnati, prigionieri della carne, mentre i più avanzati cercano di far progredire i ritardatari. Dopo alcune esistenze, essi hanno fatto un passo avanti sul cammino della perfezione. Sempre meno attaccati alla materia, il loro affetto diviene più vivo, e proprio per questo più puro, non più turbato né dall'egoismo né dalle nubi della passione. Essi possono dunque percorrere così un numero illimitato di esistenze fisiche senza che nulla leda il loro reciproco affetto.

È chiaro che qui si tratta di un affetto reale da anima ad anima, il solo che sopravvivrà alla dissoluzione del corpo, perché gli esseri che in questo mondo si uniscono solo con i sensi non hanno alcun motivo di cercarsi nel mondo degli Spiriti. Di duraturo ci sono solo gli affetti spirituali. Gli affetti carnali si spengono insieme alla causa che li ha fatti nascere; ora, questa causa non esiste più nel mondo degli Spiriti, mentre l'anima esiste sempre. Quanto alle persone unite solo dall'interesse, esse non rappresentano veramente niente le une per le altre: la morte le separa in Terra e in Cielo.

19. L'unione e l'affetto esistenti fra parenti sono l'indice della simpatia precedente che li aveva uniti. Così, di una persona, per carattere, gusti e inclinazioni, diversa dai familiari, si dice che non è della famiglia. Dicendo ciò, si pronuncia una verità più grande di quanto si creda. Dio permette, nelle famiglie, queste incarnazioni di Spiriti antipatici o estranei, col duplice scopo di servire da prova per gli uni e come mezzo di avanzamento per gli altri. Infatti i cattivi migliorano a poco a poco a contatto con i buoni e per le cure che ne ricevono: il loro carattere si addolcisce, i loro costumi si purificano, le antipatie si cancellano. È così che si stabilisce la fusione fra le differenti categorie di Spiriti, come sulla Terra fra razze e popoli.

20. Il timore dell'aumento indefinito dei familiari, dovuto alla reincarnazione, è un timore egoistico che dimostra che non si sente un amore abbastanza grande da estenderlo a un grande numero di persone. Un padre che ha molti figli li ama forse meno di quanto succederebbe se ne avesse uno solo? Ma gli egoisti si rassicurino, poiché questo timore è infondato. Per il fatto che un individuo abbia avuto dieci incarnazioni, non ne consegue che ritroverà nel mondo degli Spiriti dieci padri, dieci madri, dieci mogli e un numero relativo di figli e di nuovi parenti. Egli troverà sempre gli stessi oggetti del suo affetto, gli stessi che erano stati legati a lui sulla Terra, a diverso titolo, e anche allo stesso titolo.

21. Vediamo ora le conseguenze della dottrina della non reincarnazione. Questa dottrina nega necessariamente la preesistenza dell'anima; tutte le anime vengono create al momento della creazione del corpo, senza che ci sia fra le varie anime nessun legame precedente. Sono completamente estranee le une alle altre; il padre è estraneo ai suoi figli, e la prole si trova così ridotta alla sola procreazione fisica, senza nessun legame spirituale. Non c'è dunque ragione di vantarsi d'avere avuto come antenati il tale o talaltro personaggio illustre. Con la reincarnazione, invece, antenati e discendenti possono essersi conosciuti, aver vissuto insieme, essere stati amici ed essersi ritrovati riuniti più tardi per rinforzare i loro legami di simpatia.

22. Questo per quanto riguarda il passato. Quanto all'avvenire, secondo uno dei principi fondamentali che decorrono dalla non reincarnazione, il destino delle anime è irrevocabilmente fissato dopo una sola esistenza. Il fatto di fissare definitivamente il destino implica la cessazione del progredire, poiché se si considera che c'è un qualsiasi progresso, non c'è più un destino definitivo. A seconda che si sia vissuto bene o male, le anime vanno immediatamente fra i beati o nell'eterno inferno. Esse vengono perciò immediatamente separate per sempre, e senza speranza di mai più riunirsi, in modo tale che padri, madri e figli, mariti e mogli, fratelli e sorelle, e amici non hanno la certezza di rivedersi: è la rottura assoluta dei legami familiari.

Con la reincarnazione e il conseguente progresso, tutti coloro che si sono amati si ritrovano sulla Terra e nello spazio e gravitano insieme per giungere a Dio. Se alcuni sbagliano durante il percorso, ritardano il loro avanzamento e la loro beatitudine. Ma non tutte le speranze sono perdute: aiutati, incoraggiati e sostenuti da coloro che li amano, usciranno un giorno dal pantano in cui si trovano invischiati. Con la reincarnazione, infine, c'è solidarietà perpetua fra gli incarnati e i disincarnati, da qui il rafforzarsi dei legami affettivi.

23. Riassumendo, quattro sono le alternative che si presentano all'uomo per il suo avvenire d'oltretomba: 1º) il nulla, secondo la Dottrina Materialistica; 2º) l'assorbimento nel tutto universale, secondo la Dottrina Panteistica; 3º) l'individualità con la fissazione definitiva del destino, secondo la Dottrina della Chiesa; 4º) l'individualità in progressione indefinita, secondo la Dottrina Spiritista. Secondo le prime due, i legami familiari si spezzano dopo la morte, e non c'è speranza alcuna di ritrovarsi. Con la terza, esiste la speranza di rivedersi, ammesso però che ci si trovi nello stesso luogo, e questo luogo può essere sia l'inferno sia il paradiso. Invece con la pluralità delle esistenze, che è inscindibile dal progresso graduale, vi è la certezza della continuità dei rapporti fra coloro che si sono amati, ed è questo che costituisce la vera famiglia.


ISTRUZIONI DEGLI SPIRITI
Limiti dell'incarnazione


24. Quali sono i limiti dell'incarnazione?

L'incarnazione non ha assolutamente, in senso proprio, dei limiti tracciati nettamente, se la si considera in base all'involucro costituito dal corpo dello Spirito, poiché la materialità di questo involucro diminuisce man mano che lo Spirito si purifica. In certi mondi, più avanzati di quanto non sia la Terra, esso è già meno denso, meno pesante, meno rozzo e, di conseguenza, soggetto a minori vicissitudini. Trovandosi a un grado più elevato, esso è diafano e quasi fluido; si smaterializza gradualmente e finisce col confondersi con il perispirito. A seconda del mondo sul quale lo Spirito è chiamato a vivere, esso prenderà l'involucro consono alla natura di questo mondo.

Lo stesso perispirito subisce, in progressione, successive trasformazioni. Si eterizza via via fino alla purificazione completa costituita dal puro Spirito. Se agli Spiriti molto progrediti vengono destinati, come stazioni, dei mondi speciali, essi non vi rimangono attaccati come nei mondi inferiori: lo stato di libertà in cui si trovano, permette loro di trasferirsi là dove la missione è stata loro assegnata.

Se si considera l'incarnazione dal punto di vista materiale, così come ha luogo sulla Terra, si può dire che essa è limitata ai mondi inferiori. Di conseguenza, dipende dallo Spirito affrancarsene più o meno prontamente lavorando per la propria purificazione.

Bisogna pure considerare che nello stato erratico, ossia nell'intervallo fra un'esistenza fisica e l'altra, la situazione dello Spirito è in rapporto alla natura del mondo ai quale è legato il suo grado di avanzamento. E così, nell'errare, è più o meno felice, libero e illuminato, a seconda che sia più o meno smaterializzato.

(San Luigi, Parigi, 1859)


Necessità dell'incarnazione


25. L’incarnazione è una punizione, e sono solo gli Spiriti colpevoli a esserne soggetti?

Il passaggio degli Spiriti attraverso la vita fisica è necessario per coloro che possono adempiere, per mezzo di azioni concrete, i disegni loro affidati da Dio. È necessario per loro stessi perché l'attività che sono obbligati a sviluppare aiuta a sviluppare la loro intelligenza. Essendo Dio sovranamente giusto, deve essere equanime con tutti i Suoi figli. È per questo che offre a tutti lo stesso punto di partenza, le stesse attitudini, gli stessi obblighi da assolvere e la stessa libertà di agire. Ogni privilegio sarebbe una preferenza, e ogni preferenza sarebbe un'ingiustizia. Ma per tutti gli Spiriti l'incarnazione non è che uno stato transitorio. È un compito che Dio impone al loro ingresso nella vita, come primo saggio dell'uso che essi faranno del libero arbitrio. Chi assolve questo compito con zelo supera più rapidamente e con minor fatica i primi gradini dell'iniziazione e gioisce prima del frutto del suo lavoro. Chi al contrario fa un cattivo uso della libertà, che Dio gli concede, ritarda il proprio avanzamento. Così, a causa della sua ostinazione, può prolungare indefinitamente la necessità di reincarnarsi, ed è allora che l'incarnazione diventa un castigo.

(San Luigi, Parigi, 1859)

26. Osservazione. Un esempio pratico farà meglio comprendere questa differenza. L'allievo arriva ai livelli della conoscenza solo dopo aver percorso tutto l'iter scolastico che lo conduce al sapere. La frequenza delle classi, qualunque sia la fatica che esse comportano, è un mezzo per raggiungere lo scopo, e non una punizione. Lo studente diligente abbrevia la strada e vi trova meno spine, ma non è lo stesso per lo studente la cui negligenza e pigrizia lo obbligano a ripetere alcune classi. La punizione non è, dunque, costituita dall'impegno che la frequenza di ogni classe comporta, bensì dall'obbligo di dover ricominciare lo stesso lavoro.

Così è per l'uomo sulla Terra. Per lo Spirito del primitivo che è pressoché all'esordio della vita spirituale, l'incarnazione è un mezzo per sviluppare la sua intelligenza. Ma per l'uomo illuminato, nel quale il senso morale è largamente sviluppato, e che è obbligato a ripetere le tappe di una vita materiale piena di angosce, mentre potrebbe già essere arrivato allo scopo, è un castigo, in quanto è costretto a prolungare la permanenza nei mondi inferiori e infelici. Chi, al contrario, si dedica attivamente al proprio progresso morale può non solo abbreviare la durata dell'incarnazione materiale, ma superare in una volta sola i livelli intermedi che lo separano dai mondi superiori.

Gli Spiriti potrebbero incarnarsi una volta sola nello stesso globo e compiere poi le loro altre esistenze in sfere differenti? Questa opinione sarebbe ammissibile soltanto se gli uomini fossero, sulla Terra, tutti esattamente allo stesso livello intellettuale e morale. Le differenze esistenti fra loro, dal primitivo all'uomo avanzato, mostrano i livelli che sono chiamati a superare. L'incarnazione, d'altra parte, deve avere uno scopo utile. Ora, che ne sarebbe dell'incarnazione effimera dei bambini che muoiono in tenera età? Avrebbero sofferto senza profitto per loro e per gli altri? Dio, le cui leggi sono tutte sovranamente sagge, non fa niente di inutile. Per mezzo della reincarnazione sullo stesso globo, ha voluto che gli stessi Spiriti si trovassero di nuovo in contatto e avessero l'occasione di riparare i loro torti reciprochi. Per via delle loro relazioni anteriori, Dio ha voluto, inoltre, fondare i legami familiari su una base spirituale e appoggiare su una legge di natura i principi di solidarietà, fraternità e uguaglianza.