Il Libro degli Spiriti

Allan Kardec

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Capitolo XI
I TRE REGNI

1. I minerali e le piante.
— 2. Gli animali e l'uomo. — 3. Metempsicosi.


I minerali e le piante.

585. Che pensate della divisione della Natura in tre regni, oppure in due classi: gli esseri organici e gli esseri inorganici? Alcuni fanno della specie umana un quarto regno. Quale di queste divisioni è preferitile?

«Sono tutte valide, dipende dal punto di vista. Sotto l'aspetto della materia ci sono solo degli esseri organici e degli esseri inorganici. Dal punto di vista morale ci sono evidentemente quattro gradi.»

Questi quattro gradi hanno in effetti caratteri distinti, per quanto i loro confini sembrino confondersi. La materia inerte, che costituisce il regno minerale, non ha in sé che una forza meccanica. Le piante, per quanto composte di materia inerte, sono dotate di vitalità. Gli animali, composti di materia inerte e dotati di vitalità, hanno in più una sorta d'intelligenza istintiva limitata e hanno coscienza della loro esistenza e della loro individualità. L'uomo, avendo tutto ciò che c’è nelle piante e negli animali, domina tutte le altre classi con un'intelligenza particolare, indefinita, che gli dà la coscienza del suo avvenire, la percezione delle cose extra materiali e la conoscenza di Dio.

586. Le piante hanno coscienza della loro esistenza?

«No. Esse non pensano e hanno solo la vita organica.»

587. Le piante provano delle sensazioni? Soffrono quando vengono mutilate?

«Le piante ricevono delle impressioni fisiche che agiscono sulla materia, ma non hanno delle percezioni. Di conseguenza, non provano la sensazione del dolore.»

588. La forza che attrae le piante le une verso le altre è indipendente dalla loro volontà?

«Sì, dal momento che non pensano. Si tratta di una forza meccanica che agisce sulla materia ed esse non potrebbero opporvisi.»

589. Certe piante, come la sensitiva e la dionea, per esempio, hanno movimenti che rivelano una grande sensibilità e in certi casi una sorta di volontà, come la dionea i cui lobi imbrigliano la mosca, che va a posarsi sopra per succhiarne il nettare e alla quale la pianta sembra tendere una trappola per farla in seguito morire. Queste piante sono dotate della facoltà di pensare? Hanno una volontà? Formano una classe intermedia fra la natura vegetale e la natura animale? Sono cioè una classe di transizione dall'una all'altra?

«Tutto e transizione nella natura, per il fatto stesso che niente è simile, e pertanto tutto e concatenato. Le piante non pensano e di conseguenza non hanno una volontà. L'ostrica che si apre e tutti gli zoofiti non hanno affatto il pensiero: non v'e in loro che un istinto cieco e naturale.»

L'organismo umano ci offre esempi di movimenti analoghi senza la partecipazione della volontà, come nelle funzioni digestive e circolatorie. Il piloro si rinserra a contatto di certi corpi per impedirne il passaggio. Lo stesso e per la sensitiva i cui movimenti non implicano affatto la necessita di una percezione e, ancor meno, di una volontà.

590. Non c’è forse nelle piante, come negli animali, un istinto di conservazione che li porta a cercare ciò che può essere loro utile e a fuggire ciò che può loro nuocere?

«È, se si vuole, una sorta d'istinto; dipende dal significato che si dà a questo termine, ma si tratta di un istinto puramente meccanico. Quando, negli esperimenti di chimica, osservate due corpi aggregarsi, è perché l'uno si addice all'altro, vale a dire che fra loro c’è affinità. E questo voi non lo chiamate istinto

591. Nei mondi superiori le piante sono, come gli altri esseri, di una natura più perfetta?

«Tutto là e più perfetto. Ma le piante sono pur sempre delle piante, come gli animali sono sempre degli animali e gli uomini sempre degli uomini.»

Gli animali e l'uomo.

592. Se confrontiamo l'uomo e gli animali sotto il profilo dell'intelligenza, la linea di demarcazione sembra difficile da stabilire perché certi animali hanno, sotto questo aspetto, una notoria superiorità su certi uomini. Questa linea di demarcazione può essere stabilita in modo preciso?

«Su questo punto i vostri filosofi non sono quasi mai d'accordo. Alcuni vogliono che l'uomo sia un animale e altri che l'animale sia un uomo: hanno tutti torto. L'uomo è un essere a parte che a volte scende molto in basso o che può elevarsi molto in alto. Fisicamente, l'uomo e come gli animali e a volte assai meno dotato di molti di lo ro. La natura ha dato agli animali tutto ciò che l'uomo è obbligato a trovare con l'intelligenza per provvedere alle proprie necessità e alla sua conservazione. Il suo corpo deperisce come quello degli animali, e vero, mail suo Spirito ha un destino che solo lui può comprendere, perché solo lui e libero. Poveri uomini, che vi abbassate aldi sotto del bruto! Non sapete distinguervi? Riconoscete l'uomo dalla facoltà ch'egli ha di pensare a Dio!»

593. Si può dire che gli animali agiscono solo per istinto?

«È ancora una congettura. È pur vero che l'istinto domina la maggior parte degli animali, ma non vedete forse che molti agiscono con una volontà determinata? Si tratta di intelligenza, ma di una intelligenza limitata.»

Oltre a possedere l'istinto, non sarebbe possibile negare che certi animali compiono degli atti congiunti, che denotano una volontà di agire in un determinato senso e secondo le circostanze. C’è dunque in loro una specie di intelligenza il cui esercizio e pero più esclusivamente concentrato sui modi di soddisfare le loro necessita fisiche e di provvedere alla loro conservazione. In loro, nessuna creatività, nessun miglioramento. Qualunque sia il talento che noi ammiriamo nei loro esercizi, notiamo che quello che facevano una volta, lo fanno oggi, né meglio né peggio, secondo modi ed equilibri costanti e invariabili. L'uccellino, isolato da quelli della sua specie, costruisce il suo nido esattamente sul medesimo modello, senza avere ricevuto alcun insegnamento. Se alcuni sono suscettibili di una certa educazione, il loro sviluppo intellettuale, sempre contenuto in limiti ristretti, è dovuto all'azione dell'uomo su una natura duttile, poiché non esiste alcun progresso che sia ascrivibile a loro stessi. Ma anche questo progresso e effimero e puramente individuale, perché l'animale, se lasciato nuovamente a sé stesso, non tarda a rientrare nei limiti assegnatigli dalla natura.

594. Gli animali hanno un linguaggio?

«Se intendete un linguaggio formato da parole e da sillabe, no. Ma se intendete un modo per comunicare fra loro, sì. Essi si dicono più cose di quanto voi crediate. Mail loro linguaggio, come d'altronde le loro idee, è limitato alle loro necessita.»

594a. Ci sono degli animali che non hanno voce e pertanto sembrano non avere un linguaggio.

«Essi si comprendono con altri mezzi. Voialtri uomini avete forse solo la parola per comunicare? E che dire allora dei muti? Gli animali, avendo una vita di relazione, hanno dei mezzi per avvertirsi e per esprimere le sensazioni che provano. Credete forse che i pesci non s'intendano fra di loro? L'uomo non ha dunque affatto il privilegio esclusivo del linguaggio. Però quello degli animali e istintivo e limitato all'ambito delle loro necessita e delle loro idee, mentre quello dell'uomo e perfettibile e si presta a tutte le concezioni della sua intelligenza.»

In effetti i pesci che, come le rondini, emigrano in massa e che obbediscono alla guida che li conduce, devono avere dei mezzi per informarsi, per intendersi e per mettersi d'accordo. Forse ciò avviene per via di una vista più acuta, che permette loro di distinguere i segnali che si fanno. Forse anche l'acqua può essere un veicolo che trasmette loro determinate vibrazioni. Comunque sia, è incontestabile che abbiano un mezzo per intendersi, come tutti gli animali privi di voce, e che fanno dei lavori in comune. Ci si deve pertanto stupire, in base a ciò, che gli Spiriti possano comunicare fra loro senza ricorrere alla parola articolata? (Vedere n. 282.)

595. Gli animali posseggono ii libero arbitrio dei loro atti?

«Non sono, come si crede, delle semplici macchine. Tuttavia la loro libertà di azione e limitata alle loro necessita né può essere paragonata a quella dell'uomo. Essendo di molto inferiori a lui, non hanno gli stessi doveri. La loro libertà è circoscritta agli atti della vita materiale.»

596. Da dove viene l'attitudine di certi animali a imitare ii linguaggio dell'uomo? E perché questa attitudine si trova negli uccelli piuttosto che nella scimmia, per esempio, la cui conformazione ha più analogie con quella umana?

«Una particolare conformazione degli organi vocali è assecondata dall'istinto di imitazione. Avviene così che la scimmia imiti i gesti e che certi uccelli imitino la voce.»

597. Poiché gli animali hanno un'intelligenza che da loro una certa libertà d'azione, esiste in loro un principio indipendente dalla materia?

«Sì. E sopravvive al corpo.»

597a. Questo principio è un'anima simile a quella dell'uomo?

«È anch'essa un'anima, se si vuole; dipende dal senso che si dà a questa parola; ma è inferiore a quella dell'uomo. C’è, fra l'anima degli animali e quella dell'uomo, la stessa distanza che c’è fra l'anima dell'uomo e Dio.»

598. L'anima degli animali conserva, dopo la morte, la sua individualità e la coscienza di sé stessa?

«La sua individualità, sì. Ma la coscienza del suo io, no. La vita intelligente resta allo stato latente.»

599. L'anima degli animali può scegliere di incarnarsi in un animale piuttosto che in un altro?

«No. Essa non ha il libero arbitrio.»

600. L'anima dell'animale, la quale sopravvive al colpo, dopo la morte si trova in uno stato errante come quella dell'uomo?

«Si tratta di una specie di erraticità poiché non è unita a un corpo, ma non è uno Spirito errante. Lo Spirito errante è un essere che pensa e agisce di sua volontà. L'anima degli animali non ha la medesima facoltà. È la coscienza di sé stesso ciò che costituisce l'attributo principale dello Spirito. Lo Spirito dell'animale viene classificato, subito dopo la morte, dagli Spiriti cui questo compito compete, e quasi subito utilizzato senza che abbia il tempo di mettersi in contatto con altre creature.»

601. Gli animali seguono una legge evolutiva come quella degli uomini?

«Sì, perché nei mondi superiori, dove gli uomini sono più avanzati, anche gli animali lo sono avendo dei mezzi di comunicazione più sviluppati. Ma sono sempre inferiori e sottomessi all'uomo. Essi sono per lui dei servitori intelligenti.»

Non c’è niente di straordinario in ciò. Prendiamo i nostri animali più intelligenti, il cane, l'elefante, il cavallo che hanno una conformazione idonea ai lavori manuali. Che cosa potrebbero fare senza la guida dell'uomo?

602. Gli animali progrediscono, come l'uomo, in virtù della loro volontà o per forza di cose?

«Per forza di cose, ed e per questo che per loro non c’è affatto espiazione.»

603. Nei mondi superiori gli animali conoscono Dio?

«No. L'uomo è un dio per loro, come un tempo gli Spiriti sono stati degli dei per gli uomini.»

604. Essendo gli animali, anche quelli più perfetti dei mondi superiori, sempre inferiori all'uomo, ne deriverebbe che Dio avrebbe creato degli esseri intellettivamente votati a una perenne inferiorità, cosa che pare non accordarsi con la unità di vedute e di progresso che si può osservare in tutte le Sue opere.

«Tutto si concatena nella natura con dei legami che voi non potete ancora conoscere. Le cose in apparenza più disparate hanno dei punti di contatto che l'uomo non arriverà mai a comprendere allo stato attuale. Può intravederle con uno sforzo della sua intelligenza. Ma sarà solo quando questa intelligenza avrà raggiunto tutto il suo sviluppo e sarà affrancata dai pregiudizi dell'orgoglio e dell'ignoranza che potrà vedere chiaramente nell'opera di Dio. Fino ad allora le sue idee limitate gli fanno vedere le cose da un punto di vista meschino e ristretto. Sappiate che Dio non può contraddirsi e che tutto, nella natura, si armonizza con leggi generali che non si allontanano mai dalla sublime saggezza del Creatore.»

604a. L'intelligenza è pertanto una proprietà comune, un punto di contatto fra l'anima degli animali e quella dell'uomo?

«Sì. Ma gli animali hanno solo l'intelligenza della vita fisica. Nell'uomo l'intelligenza dà la possibilità della vita morale.»

605. Se si considerano tutti i punti di contatto esistenti fra l'uomo e gli animali, non si potrebbe pensare che l'uomo possiede due anime: l'anima animale e l'anima spiritista? E che, se non avesse quest'ultima, potrebbe sì vivere, ma come il bruto? In altre parole, l'animale è un essere simile all'uomo, ma senza l'anima spiritista? Ne risulterebbe che i buoni e i cattivi istinti dell'uomo sarebbero l'effetto della predominanza di una di queste due anime.

«No. L'uomo non ha due anime, mail corpo ha i suoi istinti, che sono il risultato della sensazione degli organi. In lui c’è solo una doppia natura: la natura animale e la natura spirituale. Con il corpo partecipa della natura degli animali e dei loro istinti, con l'anima partecipa della natura degli Spiriti.»

605a. Così, oltre alle proprie imperfezioni, di cui lo Spirito deve spogliarsi, l'uomo deve anche lottare contro l'influenza della materia?

«Sì. Quanto più egli e inferiore, tanto più i legami fra Spirito e materia sono stretti. Non lo vedete? No, l'uomo non ha due anime; l'anima e sempre unica in un solo corpo. L'anima dell'animale e quella dell'uomo sono distinte l'una dall'altra, in modo tale che l'anima dell'uno non può animare il corpo creato per l'altro. Ma se l'uomo non ha anima animale che lo ponga, con le sue passioni, al livello degli animali, ha pero il corpo che lo abbassa a volte fino a loro. Infatti il suo corpo e un essere dotato di vitalità che ha degli istinti, inintelligenti e limitati al solo interesse della conservazione.»

Lo Spirito, incarnandosi nel corpo dell'uomo, gli conferisce il principio intellettivo e morale che lo rende superiore agli animali. Le due nature esistenti nell'uomo danno alle sue passioni due origini differenti: passioni provenienti dagli istinti della natura animale, e passioni provenienti dalle impurità dello Spirito di cui è l'incarnazione e che simpatizza più o meno con la grossolanità degli appetiti animali. Lo Spirito, purificandosi, si libera a poco a poco dell'influenza della materia (è sotto questa influenza che si avvicina al bruto). Libero da questa influenza, s'innalza verso la sua vera meta.

606. Dove gli animali attingono il principio intelligente che costituisce la specie particolare di anima della quale sono dotati?

«Nell'intelligenza universale.

606a. L'intelligenza dell'uomo e quella degli animali emanano dunque da un principio unico?

«Senza alcun dubbio. Ma nell'uomo esso ha ricevuto un'elaborazione che lo eleva al di sopra del principio che anima il bruto.»

607. È stato detto che l'anima dell'uomo, alla sua origine, e come lo stato dell'infanzia nella vita corporea, che la sua intelligenza sboccia a fatica e che si avventura nella vita. (Vedere n. 190) Dove lo Spirito compie questa prima fase.?

«In una serie di esistenze che precedono il periodo che voi chiamate l'umanità

607a. L'anima sembrerebbe così essere stata il principio intelligente degli esseri inferiori della Creazione?

«Non abbiamo forse detto che tutto in natura si concatena e tende all'unita? e in questi esseri — che voi siete lontani dal conoscere nella loro totalità — che il principio intelligente si elabora, si individualizza a poco a poco e si cimenta nella vita, come abbiamo già detto. È in un certo senso un lavoro preparatorio, come quello della germinazione, a seguito del quale il principio intelligente subisce una trasformazione e diventa Spirito. È allora che incomincia per lui il periodo dell'umanizzazione e con esso la coscienza del futuro, la distinzione fra il bene e il male e la responsabilità dei propri atti. Così come dopo il periodo dell'infanzia viene quello dell'adolescenza, poi della giovinezza e infine dell'età matura. Non c’è niente del resto, in questa origine, che possa umiliare l'uomo. I grandi geni si sentono forse umiliati per essere stati informi feti nel seno della loro madre? Se qualcosa deve umiliarlo e la sua inferiorità davanti a Dio, e la sua impotenza a sondare la profondità dei Suoi disegni e la saggezza delle leggi che regolano l'armonia dell'universo. Riconoscete la grandezza di Dio in questa mirabile armonia, che fa sì che tutto in natura sia correlato. Credere che Dio abbia potuto fare qualcosa senza scopo e creato degli esseri intelligenti senza futuro, sarebbe offendere la Sua bontà, che si estende su tutte le Sue creature.»

607b. Questo periodo dell'umanizzazione comincia sulla nostra Terra?

«La Terra non è il punto di partenza della prima incarnazione umana. Il periodo dell'umanizzazione incomincia generalmente nei mondi ancora meno evoluti. Questa comunque non è una regola assoluta e potrebbe accadere che un qualche Spirito, fin dall'inizio della sua umanizzazione, sia adatto a vivere sulla Terra. Non è un caso frequente e sarebbe piuttosto un'eccezione.»

608. Lo Spirito dell'uomo, dopo la morte, ha coscienza delle esistenze che hanno preceduto per lui il periodo dell'umanizzazione?

«No, perché è solo da questo periodo che incomincia per lui la sua vita di Spirito. A fatica ricorda le sue prime esistenze come uomo, esattamente come l'uomo non ricorda più i primi tempi della sua infanzia e ancor meno il tempo che ha passato nel grembo materno. È per questo che gli Spiriti vi dicono che non sanno come hanno cominciato.» (Vedere n. 78.)

609. Lo Spirito, una volta entrato nel periodo dell'umanizzazione, conserva tracce di ciò che era precedentemente, ossia dello stato in cui si trovava nel periodo che si potrebbe chiamare preumano?

«Dipende dalla distanza che separa i due periodi e dal progresso compiuto. Durante alcune generazioni può esserci un riflesso più o meno pronunciato dello stato primitivo, perché niente in natura avviene con una brusca transizione. Ci sono sempre degli anelli che collegano le estremità della catena degli esseri e degli avvenimenti. Ma queste tracce si cancellano con lo sviluppo del libero arbitrio. I primi progressi si compiono lentamente perché non sono ancora sostenuti dalla volontà, ma seguono una progressione più rapida nella misura in cui lo Spirito acquisisce una coscienza più completa di sé stesso.»

610. Gli Spiriti che hanno detto che l'uomo e un essere a parte nell'ordine della Creazione sono dunque caduti in errore?

«No. Ma la questione non era stata sviluppata e, d'altra parte, ci sono cose che non possono venire chiarite se non a tempo debito. L'uomo è effettivamente un essere a parte perché ha delle facoltà che lo distinguono da tutti gli altri esseri e ha un altro destino. La specie umana e quella che Dio ha scelto per l'incarnazione degli esseri che possono conoscer Lo

Metempsicosi.

611. Il fatto che vi sia un'origine comune riguardo al principio intelligente non è forse la consacrazione della dottrina della metempsicosi?

«Due cose possono avere la medesima origine e, in seguito, non assomigliarsi affatto. Chi riconoscerebbe l'albero, le sue foglie, i suoi fiori e i suoi frutti nel germe informe contenuto nel seme da dove e uscito? Nel momento in cui il principio intelligente raggiunge il livello necessario per essere Spirito ed entrare nel periodo dell'umanizzazione, non ha più alcun rapporto con il suo stato primitivo en on è l'anima della bestia più di quanto l'albero non sia il seme. Nell'uomo, dell'animale ci sono solo il corpo e le passioni, che nascono dall'influenza del corpo e dall'istinto di conservazione inerente alla materia. Non si può dunque dire che il tale uomo sia l'incarnazione dello Spirito del tale animale, e di conseguenza la metempsicosi, così come la si intende, e in errore.»

612. Lo Spirito che ha animato il corpo di un uomo potrebbe incarnarsi in un animale?

«Sarebbe un retrocedere e lo Spirito non retrocede. Il fiume non rimonta alla sorgente.» (Vedere n. 118)

613. Per errata che sia l'idea attribuita alla metempsicosi, non potrebbe essere il risultato del sentimento intuitivo delle diverse esistenze dell'uomo?

«Questo sentimento intuitivo si trova in questa credenza come in molte altre. Ma, come ha fatto per la maggior parte delle sue idee intuitive, l'uomo l'ha snaturata.»

L'idea attribuita alla metempsicosi sarebbe vera se con questo termine si intendesse la progressione dell'anima da uno stato inferiore a uno stato superiore, dove essa raggiungesse sviluppi tali da trasformare la sua natura. Ma tale idea e errata riguardo a una trasmigrazione diretta dall'animale all'uomo e viceversa, cosa che implicherebbe l'idea di una regressione o di una fusione. Ora, non potendo questa fusione aver luogo fra gli esseri corporei di due specie, è segno che esse si trovano a livelli non assimila bili e che lo stesso deve essere degli Spiriti che li animano. Se lo stesso Spirito potesse animarli alternativamente, ne conseguirebbe un'identità di natura che si tradurrebbe nella possibilità della riproduzione fisica. La reincarnazione insegnata dagli Spiriti e fondata invece sul cammino ascendente della natura e sulla progressione dell'uomo nella sua propria specie, la qual cosa non toglie nulla alla sua dignità. La abbassa invece il cattivo uso ch'egli fa delle facoltà che Dio gli ha dato perii suo avanzamento. Comunque sia, l'antichità e l'universalità della dottrina della metempsicosi, nonché gli uomini eminenti che l'hanno professata, provano che il principio della reincarnazione ha le sue radici nella natura stessa. Sono dunque ben più gli argomenti a suo favore di quanti gliene siano contrari.

Il punto di partenza dello Spirito e una di quelle questioni che attengono al principio delle cose e che sono nel segreto di Dio. Non è dato all'uomo conoscerle in modo assoluto, e si possono fare, a questo proposito, solo delle supposizioni e costruire dei sistemi più o meno probabili. Gli Spiriti, essi stessi, sono lontani dal conoscere tutto. Su ciò che non sanno, possono anche avere delle opinioni personali più o meno sensate.

È per questo, per esempio, che non tutti la pensano allo stesso modo a proposito dei rapporti che esistono fra l'uomo e gli animali. Secondo alcuni, lo Spirito non arriva al periodo dell'umanizzazione se non dopo essersi elaborato e individualizzato nei differenti stadi degli esseri inferiori della creazione. Secondo altri, lo Spirito dell'uomo sarebbe sempre appartenuto alla razza umana senza percorrere l'iter animale. Il primo di questi sistemi ha il vantaggio di dare uno scopo al futuro degli animali, che formerebbero così i primi anelli della catena degli esseri pensanti. Il secondo e più conforme alla dignità dell'uomo e può essere riassunto come è illustrato qui di seguito.

Le differenti specie di animali non procedono affatto intellettivamente le une dalle altre per progressione. Così lo spirito dell'ostrica non diventa affatto successivamente quello del pesce, dell'uccello, del quadrupede e della scimmia. Ogni specie è un tipo assoluto, fisicamente e moralmente, e ogni individuo attinge alla fonte universale la quantità del principio intelligente che gli è necessaria, secondo il grado di perfezione dei suoi organi e l'opera che deve compiere nei fenomeni della natura, quantità che alla sua morte restituisce alla fonte universale. Gli animali dei mondi più avanzati del nostro (vedere n. 188) sono egualmente delle razze speciali, adatte alle necessita di quei mondi e al grado d'avanzamento di quegli uomini — di cui sono gli ausiliari — ma che non procedono affatto da quelli della Terra, spiritualmente parlando. Non è lo stesso per l'uomo. Dal punto di vista fisico, egli forma evidentemente un anello della catena degli esseri viventi. Ma, dal punto di vista morale, fra l'animale e l'uomo c’è soluzione di continuità. L'uomo possiede una propria anima, o Spirito, scintilla divina che gli dona il senso morale e una portata intellettiva che mancano agli animali. C’è in lui l'essere principale, preesistente e sopravvivente al corpo conservandone la individualità. Qual è l'origine dello Spirito? Dov’è il suo punto di partenza? Si forma egli dal principio intelligente individuato? Questo e un mistero che sarebbe inutile cercare di penetrare, e sul quale, come abbiamo già detto, non si possono che costruire dei sistemi. La costante che emerge, allo stesso tempo, dal ragionamento e dall'esperienza, e la sopravvivenza dello Spirito, la conservazione della sua individualità dopo la morte, la sua facoltà progressiva, il suo stato felice o infelice, proporzionato al suo avanzamento sulla via del bene, e tutte le verità morali che sono la conseguenza di questo principio. Quanto ai rapporti misteriosi che esistono fra l'uomo e gli animali, là si trova, lo ripetiamo, il segreto di Dio, come molte altre cose la cui conoscenza
attuale non ha affatto importanza per il nostro avanzamento e sulle quali sarebbe inutile insistere.