I demoni secondo la Chiesa
7. Secondo la Chiesa, Satana, il capo o re dei demoni, non è una personificazione allegorica del male, bensì un'entità reale, che pratica esclusivamente il male, mentre Dio fa esclusivamente il bene. Prendiamolo, dunque, tal quale ci viene presentato.
Satana esiste da tutta l'eternità, come Dio, o è posteriore a Dio? Se esiste da tutta l'eternità, è increato e, di conseguenza è l'eguale di Dio. Dio, allora, non è più unico; c'è il Dio del bene e il Dio del male.
È egli posteriore a Dio? Allora è una creatura di Dio. Poiché non
pratica che il male, poiché è incapace di fare il bene e di pentirsi,
Dio ha creato un essere votato al male in perpetuo. Se il male non è
opera di Dio, ma quella di una delle sue creature predestinate a farlo,
Dio ne è pur sempre il primo autore, e allora Egli non è infinitamente
buono. Dicasi la stessa cosa di tutti gli esseri malvagi chiamati
demoni.
8. Tale è stata per lungo tempo la credenza su questo punto. Oggi si dice: [1]
«Dio, che, per essenza, è la bontà e la santità, non li aveva creati
malvagi e malefici. La Sua mano paterna, che si compiace di diffondere
su tutte le Sue opere un riflesso delle Sue infinite perfezioni, li
aveva colmati dei Suoi più magnifici doni. Alle qualità eccellentissime
della loro natura, Egli aveva aggiunto le elargizioni della Sua grazia;
li aveva resi del tutto simili agli Spiriti sublimi che sono nella
gloria e nella felicità; ripartiti in tutti i loro ordini e mescolati
fra tutti i loro ranghi, essi avevano il medesimo fine e i medesimi
destini; il loro capo è stato il più bello degli arcangeli. Avrebbero
potuto anch'essi meritare di essere confermati per sempre nella
giustizia e ammessi a godere eternamente della felicità dei cieli.
Quest'ultimo favore sarebbe stato in cima a tutti gli altri favori di
cui era oggetto; ma doveva essere il premio della loro docilità, ed essi
se ne sono resi indegni; l'hanno perduto per una rivolta sconsiderata e
insensata.
Qual è stato lo scoglio della loro perseveranza?
Quale verità hanno disconosciuto? Quale atto di fede e di adorazione
hanno rifiutato a Dio? La Chiesa e gli annali delle Sacre Scritture non lo dicono in maniera evidente, ma sembra certo che non abbiano accettato né la mediazione del Figlio di Dio, né l'esaltazione della natura umana in Gesù Cristo.
Il Verbo divino, creatore di tutte le cose è anche l'unico mediatore
e salvatore in Cielo e in Terra. Il fine soprannaturale è stato dato
agli angeli e agli uomini soltanto in previsione della sua incarnazione e
dei suoi meriti, poiché non c'è alcuna proporzione tra le opere degli
Spiriti anche più eminenti e questa ricompensa, che altro non è che Dio
stesso; nessuna creatura sarebbe potuta pervenirvi senza questo
intervento meraviglioso e sublime di carità. Ora, per colmare la
distanza infinita che separa l'essenza divina dalle opere delle Sue
mani, bisognava ch'Egli riunisse nella Sua persona i due estremi e che
associasse alla Sua divinità la natura dell'angelo o quella dell'uomo.
Egli fece la scelta della natura umana.
Questo disegno,
concepito da tutta l'eternità, fu manifestato agli angeli molto prima
della sua esecuzione. L'Uomo-Dio fu loro mostrato nell'avvenire come
Colui che avrebbe dovuto confermarli nella grazia e introdurli nelle
gloria, a condizione ch'essi Lo adorassero durante la Sua missione sulla
Terra, e in cielo nei secoli dei secoli. Rivelazione in sperata,
visione sublime per i cuori generosi e riconoscenti, ma mistero
profondo, impressionante per gli Spiriti superbi! Questo fine
soprannaturale, questo immenso peso di gloria che veniva loro proposto
non sarebbe dunque stato unicamente la ricompensa dei loro meriti
personali! Mai avrebbero potuto attribuirne a sé stessi i titoli e il
possesso! Un mediatore tra loro e Dio! Quale ingiuria era stata arrecata
alla loro dignità! La preferenza immotivata accordata alla natura
umana! Quale ingiustizia! Quale oltraggio scagliato contro i loro
diritti! Questa Umanità, che è a loro così inferiore, la vedranno, un
giorno, deificata attraverso la sua unione con il Verbo, e assisa alla
destra di Dio, su un trono risplendente? Accetteranno infine che essa
offra a Dio eternamente l'omaggio della sua adorazione?
Lucifero e la terza parte degli angeli soggiacquero a questi pensieri di
orgoglio e di gelosia. San Michele e, con lui, la maggior parte degli
angeli esclamarono: "Chi è simile a Dio? Egli è il padrone dei sui doni e
il Signore sovrano di tutte le cose. Gloria a Dio e all'Agnello che
sarà immolato per la salvezza del mondo!" Ma il capo dei ribelli,
dimenticando che era debitore verso il suo Creatore della propria
nobiltà e delle proprie prerogative, dando retta solo alla sua
sconsideratezza, disse: "Sono io quello che salirà in cielo. Stabilirò
la mia dimora al di sopra degli astri. Mi siederò sul monte
dell'Alleanza, a fianco dell'Aquilone. Dominerò le nubi più elevate e
sarò simile all'Altissimo". Coloro che condividevano le sue idee ne
accolsero le parole con un mormorio d'approvazione; e se ne trovavano di
tutti gli ordini della gerarchia; ma la loro moltitudine non li mise al
riparo dal castigo.»
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[1] Le seguenti citazioni sono tratte dalla lettera pastorale di
Monsignor il cardinale Gousset, cardinale-arcivescovo di Reims, per la
Quaresima del 1865. Per i meriti personali e per la posizione
dell'Autore, tali citazioni possono essere considerate come l'ultima
espressione della Chiesa sulla dottrina dei demoni.
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9. Questa dottrina suscita varie obiezioni.
1°. Se Satana e i demoni erano degli angeli, ciò significa che erano
perfetti. Come, essendo perfetti, hanno potuto fallire e disconoscere a
tal punto l'autorità di Dio, alla cui presenza essi si trovavano? Si
potrebbe ancora comprendere che, se fossero arrivati a questo eccelso
grado soltanto gradualmente e dopo essere passati attraverso la trafila
dell'imperfezione, avrebbero potuto avere un'incresciosa ricaduta; ma
ciò che rende la cosa più incomprensibile è che ci siano stati
presentati come esseri che erano stati creati perfetti.
La
conseguenza di tale teoria è questa: Dio aveva voluto creare in loro
degli esseri perfetti, poiché li aveva colmati di tutti i doni. E si è
sbagliato. Dunque, secondo la Chiesa, Dio non è infallibile. [2]
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[2] Questa mostruosa dottrina è affermata da Noè quando dice (Genesi 6:6-7): Al Signore si pentì d'aver
fatto l'uomo sulla Terra, e se ne addolorò in cuor suo. E il Signore
disse: "Io sterminerò dalla faccia della Terra l'uomo che ho creato:
dall'uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli dei cieli; perché mi pento di averli fatti"».
Un Dio che si pente di ciò che ha fatto non è né perfetto né
infallibile: dunque non è Dio. Queste sono, tuttavia, le parole che la
Chiesa proclama come verità sante. E neppure si comprende troppo che
cosa ci sia di comune tra gli animali e la perversità degli uomini, per
meritare gli animali il loro sterminio.
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2°. Poiché né la Chiesa né gli Annali delle Sacre Scritture spiegano
alcunché sulla causa della rivolta degli angeli contro Dio — sembra soltanto
certo ch'essa fosse da ricercarsi nel loro rifiuto di riconoscere la
missione futura del Cristo — quale valore può mai avere il quadro così
preciso e dettagliato della scena che ebbe luogo in tale circostanza? A
quale fonte si sono attinte parole così chiare, riportate come se
fossero state pronunciate, e fino ai semplici mormorii? Delle due cose,
l'una: o la scena è vera, o non lo è. Se è vera, non vi è alcuna
incertezza; e allora perché la Chiesa non tronca la questione? Se la
Chiesa e la Storia tacciono, se la causa sembra soltanto certa, allora non si tratta che di una supposizione, e la descrizione della scena è frutto dell'immaginazione. [3]
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[3] Si trova in Isaia, cap. XIV, v. 11 e ss.: "Il tuo fasto e il
suono dei tuoi salteri sono stati fatti scendere nel soggiorno dei
morti; sotto di te sta un letto di vermi, e i vermi sono la tua coperta.
Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell'aurora?
Come mai sei atterrato, tu che calpestavi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo:
'Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di
Dio, mi siederò sul monte dell'assemblea, nella parte estrema del
settentrione; salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile
all'Altissimo'. Invece ti hanno fatto discendere nel soggiorno dei
morti, nelle profondità della fossa! Coloro che ti vedono fissano in te
lo sguardo, ti esaminano attentamente e dicono: 'È questo l'uomo che
faceva tremare la Terra, che agitava i regni, che riconduceva il mondo
in un deserto, ne distruggeva le città e non rimandava mai liberi a casa
i suoi prigionieri?'"
Queste parole del profeta non si
riferiscono alla rivolta degli angeli, ma sono un'allusione all'orgoglio
e alla caduta del re di Babilonia, il quale teneva gli Ebrei in
cattività, come attestano gli ultimi versetti. Il re di Babilonia è
designato, per allegoria, con il nome di Lucifero, ma non vi è fatta
alcuna menzione della scena sopra descritta. Le parole sono quelle che
il re diceva in cuor suo; egli si poneva,
per orgoglio, al di sopra di Dio, il cui popolo egli teneva prigioniero.
La profezia, circa la liberazione del popolo ebreo, la rovina di
Babilonia e la sconfitta degli Assiri è, d'altra parte, l'esclusivo
argomento di questo capitolo.
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3°. Le parole attribuite a Lucifero rivelano una ignoranza
stupefacente in un arcangelo che, per sua natura e grado raggiunto, non
deve essere partecipe — riguardo all'organizzazione dell'Universo —
degli errori e dei pregiudizi, che gli uomini hanno commesso, finché non
siano stati dalla Scienza chiariti. Come, allora, poteva dire che
avrebbe fissato la sua dimora al di sopra degli astri, dominando le nubi
più alte?
Si tratta sempre dell'antica credenza che immagina
la Terra come centro dell'Universo, il cielo come se fosse formato da
nubi, estendendosi fino alle stelle, e che immagina limitata la regione
di queste, che l'Astronomia invece ci mostra disseminata all'infinito
nell'infinito Spazio! Sapendo, come oggi si sa, che le nubi non si
innalzano per più di due leghe dalla superficie terracquea, e dicendo
che le avrebbe dominate da più in alto, riferendosi alle montagne,
sarebbe stato necessario che l'osservazione partisse dalla Terra, e che
questa fosse, di fatto, la dimora degli angeli. Dato, però, che questa
si trova in una regione superiore, inutile sarebbe stato innalzarsi al
di sopra delle nubi. Imprestare, però, agli angeli un linguaggio intriso
di ignoranza significa confessare che gli uomini contemporanei sono più
eruditi degli angeli. La Chiesa ha sempre sbagliato strada, non tenendo
mai conto dei progressi della Scienza.
10. La risposta alla prima obiezione si incontra nel primo brano che qui di seguito riportiamo.
"Le Scritture e la Tradizione denominano cielo il luogo in cui erano
stati collocati gli angeli al momento della loro creazione. Ma questo
non era il cielo dei cieli, il cielo della visione beatificante, dove
Dio si mostra di fronte ai suoi eletti, che Lo contemplano chiaramente e
senza sforzi. Infatti, lì non c'è mai né possibilità né pericolo di
peccato; la tentazione e il dubbio sono lì sconosciuti; la giustizia, la
pace e la gioia vi regnano immutabili; la santità e la gloria sono
imperiture. Era, dunque, un'altra regione celeste, una sfera luminosa e
fortunata, questa in cui sostavano tanto nobili creature, favorite dalle
divine comunicazioni che esse avrebbero dovuto ricevere con fede e
umiltà, finché fossero ammesse nella conoscenza della Sua realtà,
essenza stessa di Dio."
Da quanto precede si deduce che gli
angeli decaduti appartenevano a una categoria meno elevata e perfetta,
non avendo ancora raggiunto il luogo supremo, nel quale l'errore è
impossibile. E sia pure. Ma allora c'è un'evidente contraddizione in
questa affermazione: "Dio li aveva creati in tutto simili agli Spiriti sublimi; suddivisi
in tutti gli ordini e distribuiti in tutte le classi, avevano il
medesimo fine e identici destini; e il loro capo era il più bello degli
arcangeli". Ora, in tutto simili agli altri, non potevano essere loro
inferiori in natura; identici nelle categorie, non potevano stare in un
luogo particolare. Quindi l'obiezione sussiste intatta.
11. E ce n'è anche un'altra che è, certamente, la più seria e la più grave.
Dicono: "Questo piano (l'intervento del Cristo), concepito fin da tutta l'eternità,
fu manifestato agli angeli molto prima della sua esecuzione". Dio
quindi sapeva, e da tutta l'eternità, che gli angeli, tanto quanto gli
uomini, avrebbero avuto bisogno di questo intervento. Anche di più: il
Dio onnisciente sapeva, dunque, che alcuni tra questi angeli avrebbero
fallito, affrontando così l'eterna condanna e trascinando a egual sorte
una parte dell'Umanità. E così, di proposito, condannava previamente il
genere umano, cioè la sua stessa creazione. A questo ragionamento non è
possibile sfuggire, poiché in altro modo dovremmo ammettere
l'incoscienza divina, proclamando la non prescienza di Dio. Da parte
nostra è impossibile identificare una tale creazione con la sovrana
bontà. In entrambi i casi, vediamo la negazione di attributi, senza la
cui assoluta pienezza Dio non sarebbe Dio.
12.
Ammettendo la fallibilità degli angeli, così come quella degli uomini,
la punizione è, d'altra parte, conseguenza giusta e naturale
dell'errore. Ma se ammettessimo nello stesso tempo, la possibilità del
riscatto, la rigenerazione e la grazia, dopo il pentimento e
l'espiazione, tutto si chiarirebbe e si conformerebbe con la bontà di
Dio. Egli sapeva che essi avrebbero sbagliato, che sarebbero stati
puniti, ma sapeva egualmente che un tale castigo temporaneo sarebbe
stato un mezzo per far loro comprendere l'errore, che sarebbe infine
tornato a loro vantaggio. Ecco come si spiegano le parole del profeta
Ezechiele: "Dio non vuole la morte, ma la salvezza del peccatore". [4]
L'inutilità del pentimento e l'impossibilità della rigenerazione,
queste cose sì comporterebbero la negazione della bontà divina. Ammessa
tale ipotesi, si potrebbe anche dire, rigorosamente ed esattamente, che
"questi angeli fin dalla loro creazione, visto che Dio non poteva
ignorarlo, erano votati in perpetuo al male e predestinati a diventare demoni, per trascinare gli uomini al male".
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[4] Vedere al cap. VI, n. 25, citazione di Ezechiele.
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13. Vediamo ora qual è la sorte di questi tali angeli e che cosa fanno.
«Non appena la rivolta si manifestò nel linguaggio degli Spiriti,
cioè nell'arroganza dei loro pensieri, essi furono banditi dalla dimora
celeste e precipitati nell'abisso. Con queste parole noi intendiamo dire
che furono gettati in un luogo di supplizi nel quale soffrono la pena
del fuoco, secondo il testo del Vangelo, che è la parola stessa del
Salvatore: "Andatevene, maledetti, al fuoco eterno, preparato per il
demonio e i suoi angeli". San Pietro espressamente dice: "Dio li mandò
in catene e li avviò alle torture infernali, senza, tuttavia, che
dovessero stare là perpetuamente, visto che solo alla fine del mondo
sarebbero stati imprigionati per sempre con i reprobi". Al presente, Dio
permette anzi che essi occupino un posto nella Creazione alla quale
essi appartengono, nell'ordine delle cose identiche alla loro esistenza,
nelle loro relazioni infine che dovevano avere con gli uomini, e delle
quali fanno abuso nel modo più pernicioso.
Mentre alcuni stanno nella loro tenebrosa dimora, servendo da strumento alla giustizia divina, contro le disgraziate anime ch'essi hanno sedotto, altri,
in numero infinito, formano legioni che risiedono negli strati
inferiori dell'atmosfera e percorrono tutto il globo. Si intromettono in
tutto ciò che accade sulla Terra, prendendo anche parte molto attiva ai
nostri avvenimenti terreni.»
Per ciò che concerne le parole
del Cristo sul supplizio del fuoco eterno, tale questione è trattata nel
capitolo IV, intitolato "L'Inferno".
14.
Secondo questa dottrina, solo una parte dei demoni si trova
nell'inferno; l'altra erra in libertà, mescolandosi a tutto ciò che
succede sulla Terra, offrendosi il piacere di fare il male, e questo
fino alla fine del mondo, la cui epoca indeterminata non sarà poi tanto
vicina. Perché dunque questa differenza tra le due parti? Si tratta
forse dei demoni meno colpevoli? Certamente no. A meno che non ne
escano, ciascuno al suo turno, cosa che sembrerebbe risultare da questo
brano: "Mentre alcuni stanno nella loro tenebrosa dimora, servendo da
strumento alla giustizia divina contro le disgraziate anime che essi
hanno sedotto".
Le loro funzioni consistono dunque nel tormentare le anime che hanno sedotto.
Così essi non sono incaricati di punire quelle che sono colpevoli di
peccati liberamente e volontariamente commessi, ma quelle che essi hanno
provocato. Contemporaneamente, essi sono la causa della colpa e lo strumento del castigo.
E, cosa che la giustizia umana per quanto imperfetta non ammetterebbe,
la vittima — la quale per fragilità soccombe all'occasione che si fa
nascere per tentarla — è punita tanto severamente quanto l'agente
provocatore che usa la malignità e l'astuzia. Anzi, ancor più
severamente, poiché essa va all'inferno, lasciando la Terra, per non
uscirne mai più e per soffrirvi senza né tregua né pietà per l'eternità,
mentre quello che è la causa prima della sua colpa gode della sosta e
della libertà fino alla fine del mondo! La giustizia di Dio non dovrebbe
dunque essere più perfetta di quella degli uomini?
15.
Ma ciò non è tutto. "Dio permette ch'essi occupino ancora un posto in
questa creazione, nelle relazioni ch'essi dovevano avere con l'uomo e
delle quali essi fanno il più pernicioso abuso." Poteva Dio ignorare
l'abuso ch'essi avrebbero fatto della libertà a loro da Lui accordata?
Allora perché l'accordò loro? È dunque con cognizione di causa ch'Egli
abbandona le Sue creature alla mercé di sé stesse, ben sapendo, in virtù
della Sua onniscienza, ch'esse soccomberanno e avranno la sorte dei
demoni. Non avevano forse esse già sufficiente fragilità per proprio
conto, senza che si permettesse che fossero incitate al male da un
nemico tanto più subdolo perché invisibile?
Almeno il castigo
fosse solo temporaneo e il colpevole potesse riscattarsi con la
riparazione! E invece no! Il colpevole è condannato per l'eternità. Il
suo pentimento, il suo ritorno al bene, i suoi rimorsi sono superflui.
I demoni sono, così, gli agenti provocatori predestinati a reclutare
anime per l'inferno, e ciò con il permesso di Dio, il quale sapeva,
mentre creava quelle anime, la sorte che era loro riservata. Che cosa si
direbbe, sulla Terra, di un giudice che ricorresse a tale espediente
per popolare le prigioni? Strana l'idea che ci viene data della
Divinità, di un Dio i cui attributi essenziali sono la suprema giustizia
e la suprema bontà! Ed è nel nome di Gesù Cristo, di colui che non ha
predicato che l'amore, la carità e il perdono, che si insegnano simili
dottrine! Ci fu un tempo in cui tali anomalie passavano inosservate: non
si comprendevano, non si ascoltavano neppure. L'uomo, curvo sotto il
giogo del dispotismo, sottometteva ciecamente la sua ragione o,
piuttosto, abdicava alla sua ragione. Ma oggi l'ora dell'emancipazione è
scoccata: l'uomo comprende la giustizia, la esige durante la sua vita e
dopo la sua morte. È per questo ch'egli dice:
"Questo non è e non può esser tale, oppure Dio non sarebbe Dio!"
16.
«Il castigo segue dappertutto questi esseri decaduti e maledetti,
dappertutto essi portano il loro inferno con sé: non hanno più né pace
né riposo; le dolcezze stesse della speranza si sono tramutate per loro
in amarezza: la speranza è per loro odiosa. La mano di Dio li ha colpiti
nell'atto stesso del peccato, e la loro volontà si è ostinata nel male.
Divenuti perversi, essi non vogliono cessare d'esserlo, e lo sono per
sempre.
Essi sono, dopo il peccato, ciò che l'uomo è dopo la morte. La riabilitazione di costoro, che sono caduti, è dunque impossibile;
la loro perdita è d'ora in poi senza ritorno, ed essi perseverano nel
loro orgoglio di fronte a Dio, nel loro odio contro il Suo Cristo, nella
loro gelosia contro l'Umanità.
Non avendo potuto
appropriarsi della gloria del cielo, con l'irruenza della loro
ambizione, essi si sforzano di stabilire il loro dominio sulla Terra e
di bandirne il regno di Dio. Il Verbo, fattosi carne, ha realizzato,
nonostante costoro, i Suoi disegni per la salvezza e la gloria
dell'Umanità. Tutti i loro mezzi d'azione sono convogliati per
strapparGli le anime che Egli ha riscattato; l'astuzia e il tormento, la
menzogna e la seduzione, tutto essi mettono in opera per condurle al
male e perpetrarne la rovina.
Con simili nemici, la vita
dell'uomo, dalla culla alla tomba, non può essere, ahimè, che una lotta
perpetua, poiché quelli sono potenti e instancabili.
Questi
nemici, in effetti, sono gli stessi che, dopo aver introdotto il male
nel mondo, sono arrivati a coprire la Terra con le fitte tenebre
dell'errore e del vizio; sono coloro che per lunghi secoli si sono fatti
adorare come degli dei e che hanno regnato da padroni sui popoli
dell'Antichità; sono coloro, infine, che esercitano ancora il loro
tirannico dominio sulle regioni idolatre e che fomentano il disordine e
lo scandalo fino in seno alle società cristiane.
Per comprendere di quante risorse disponga la loro malvagità, è sufficiente osservare che essi non hanno nulla delle prodigiose facoltàche sono appannaggio della natura angelica. Senza
dubbio, l'avvenire e soprattutto l'ordine soprannaturale hanno dei
misteri che Dio ha riservato a Sé stesso, e che essi non possono
scoprire; ma la loro intelligenza è ben superiore alla nostra, perché
essi con un colpo d'occhio intravedono gli effetti nelle cause, e le
cause negli effetti. Questa penetrazione permette loro di annunciare in
anticipo eventi futuri che sfuggono alle nostre congetture. La distanza e
la diversità dei luoghi si cancellano davanti alla loro agilità. Più
veloci del lampo, più rapidi del pensiero, essi si trovano quasi nello
stesso tempo su diversi punti del globo, e possono descrivere a distanza
gli eventi di cui sono testimoni nell'ora stessa in cui avvengono.
Le leggi generali attraverso le quali Dio regge e governa questo
Universo non sono di loro dominio. Essi non possono contravvenirvi, né
di conseguenza predire né operare veri miracoli; possiedono, però,
l'arte di imitare e contraffare, entro certi limiti, le opere divine;
sanno quali fenomeni risultano dalla combinazione degli elementi e
predicono con certezza quelli che avvengono naturalmente così come
quelli che hanno il potere di causare essi stessi. Da qui, quei numerosi
oracoli, quei prodigi straordinari di cui i libri sacri e profani ci
hanno tramandato memoria, e che sono serviti di base e di alimento a
tutte le superstizioni.
La loro sostanza semplice e
immateriale li sottrae ai nostri sguardi; essi sono al nostro fianco
senza che noi ci se ne accorga; colpiscono la nostra anima senza colpire
le nostre orecchie; noi crediamo di obbedire al nostro stesso pensiero,
mentre subiamo le loro tentazioni e la loro funesta influenza. Le
nostre disposizioni, al contrario, sono da loro conosciute attraverso le
impressioni che ne proviamo, ed essi ci attaccano, generalmente, dal
nostro lato debole. Per sedurci più facilmente, è loro abitudine
presentarci attrattive e suggestioni conformi alle nostre inclinazioni.
Modificano le loro azioni a seconda delle circostanze e dei tratti
caratteristici di ogni temperamento. Ma le loro armi preferite sono la
menzogna e l'ipocrisia.»
17.
Si dice che il castigo li segua dappertutto e che non abbiano più né
pace né riposo. Questa osservazione non annulla in alcun modo
l'osservazione fatta riguardo al privilegio di cui godono quelli che non
stanno all'inferno, privilegio tanto meno giustificato in quanto,
standosene fuori, commettono maggior male. Senza alcun dubbio, essi non
sono felici come i buoni angeli, ma non si tiene conto per nulla della
libertà di cui godono? Se non hanno la felicità morale che la virtù
procura, essi sono incontestabilmente meno infelici dei loro complici
che si trovano fra le fiamme. Inoltre, per il malvagio, c'è una sorta di
piacere nel commettere il male in tutta libertà. Domandate a un
criminale se per lui è uguale essere in prigione o correre per i campi e
commettere i suoi misfatti a suo pieno agio. Il caso è esattamente il
medesimo.
Si dice che il rimorso li perseguiti senza né
tregua né pietà. Ma si dimentica che il rimorso è il precursore
immediato del pentimento, se non è già il pentimento stesso. Si dice
anche: "Divenuti perversi, essi non vogliono cessare d'esserlo, e lo
sono per sempre". Dal momento che non vogliono cessare d'essere
perversi, significa che non hanno rimorsi; se avessero il minimo
rincrescimento, cesserebbero di commettere il male e chiederebbero
perdono. Perciò, per loro, il rimorso non è un castigo.
18. "Essi sono, dopo il peccato, ciò che l'uomo è dopo la morte. La riabilitazione di coloro che sono caduti è perciò impossibile."
Da dove viene questa impossibilità? Non si comprende come essa possa
essere la conseguenza della loro somiglianza con l'uomo dopo la morte,
affermazione che, del resto, non è affatto chiara. Questa impossibilità
viene dalla loro stessa volontà o da quella di Dio? Se è conseguenza
della loro volontà, ciò denota una estrema perversità, un'assoluta
protervia nel male; non si comprende, perciò, come degli esseri così
profondamente perversi abbiano mai potuto essere angeli di virtù, e come, durante il tempo indefinito ch'essi
hanno trascorso tra questi ultimi, non abbiano lasciato trasparire
alcuna traccia della loro malvagia natura. Se è questa la volontà di
Dio, ancor meno si comprende che Egli infligga, come castigo,
l'impossibilità del ritorno al bene, dopo una prima colpa. Il Vangelo
non dice nulla di simile.
19.
"La loro dannazione, si aggiunge, è ormai senza ritorno, ed essi
perseverano nel loro orgoglio di fronte a Dio." A che cosa servirebbe
loro non perseverare, dal momento che ogni pentimento è inutile? Se
avessero la speranza di una riabilitazione — qualunque fosse il prezzo —
il bene avrebbe per loro uno scopo, mentre invece non è così. Se
perseverano nel male, è dunque perché la porta della speranza per loro è
chiusa. E perché Dio l'ha sbarrata davanti a loro? Per vendicarsi
dell'offesa ch'Egli ha ricevuto dalla loro mancanza di sottomissione.
Così, per appagare il Suo risentimento contro alcuni colpevoli, Egli
preferisce vederli non solo soffrire, ma anche fare il male piuttosto
che il bene. Indurre al male e spingere alla perdizione eterna tutte le
Sue creature del genere umano, quando sarebbe stato sufficiente un
semplice atto di clemenza per evitare un così grande disastro, e un
disastro previsto da tutta l'eternità!
Nel caso di un atto di
clemenza, si sarebbe trattato di una grazia pura e semplice che avrebbe
forse potuto essere un incoraggiamento al male? No. Si sarebbe trattato
di un perdono condizionale, subordinato a un sincero ritorno al bene.
Al posto di una parola di speranza e di misericordia, si fa dire a Dio: Perisca tutta la razza umana, piuttosto che la mia vendetta! E
ci si stupisce che, con una simile dottrina, ci siano atei e
miscredenti! È forse così che Gesù ci rappresenta il Padre Suo? Lui che
ci ha dato un'esplicita legge dell'oblio e del perdono delle offese, che
ci ha detto di rendere bene per male, che ha posto l'amore verso i
nemici al primo posto delle virtù che ci faranno meritare il cielo,
vorrebbe dunque che gli uomini fossero migliori, più giusti, più
misericordiosi dello stesso Dio?