9. Una sola esistenza
corporea è manifestamente insufficiente perché lo Spirito possa
acquisire tutto ciò che di bene gli manca, e disfarsi di tutto ciò che
di male è in lui. Il selvaggio, per esempio, potrebbe mai, in una sola
incarnazione, raggiungere il livello morale e intellettuale dell'europeo
più avanzato? Ciò è materialmente impossibile. Si deve, dunque,
rimanere eternamente nell'ignoranza e nella barbarie, privati dei
piaceri che soltanto lo sviluppo delle facoltà può procurare? Il
semplice buon senso respinge una tale supposizione, che sarebbe nello
stesso tempo la negazione della giustizia e della bontà di Dio e quella
della legge progressiva della Natura. È per questo che Dio, sovranamente
giusto e buono, accorda allo Spirito dell'uomo tante esistenze quante
sono necessarie per raggiungere il suo obiettivo, che è la perfezione.
In ogni nuova esistenza, lo Spirito apporta ciò che ha acquisito,
nelle esistenze precedenti, in attitudini, in conoscenze intuitive, in
intelligenza e in moralità. Ogni esistenza si trova così a essere un
passo avanti sulla via del progresso (vedere cap. I, n. 3, nota n. 1).
L'incarnazione è inerente alla inferiorità degli Spiriti; essa non è
più necessaria a coloro che ne hanno superato il limite, che
progrediscono nello stato spirituale, o nelle esistenze corporee dei
mondi superiori, e che nulla hanno più della materialità terrena. Da
parte di questi, l'incarnazione è volontaria, avendo lo scopo di
esercitare sugli incarnati un'azione più diretta e tendendo alla
realizzazione della missione di cui essi sono incaricati, accanto a
loro. Così, con abnegazione, gli Spiriti ne accettano le vicissitudini e
le sofferenze.