Lapommeray
Il castigo della luce
In una delle sedute della Società di Parigi in cui si era discussa
la questione del turbamento che segue generalmente la morte, uno
Spirito, al quale nessuno aveva fatto allusione e che non si pensava
affatto di evocare, si manifestò spontaneamente con la comunicazione che
riportiamo; benché essa non fosse firmata, vi si riconobbe senza
indugio un grande criminale che la giustizia umana aveva appena colpito.
"Perché parlate del turbamento? Perché queste vane parole?
Voi siete soltanto dei sognatori e degli utopisti. Voi ignorate
completamente le cose di cui pretendete di occuparvi. No, signori, il
turbamento non esiste, salvo forse nei vostri cervelli. Io sono morto il
più assolutamente possibile, e vedo chiaro in me, attorno a me,
dappertutto!... La vita è una lugubre commedia! Sprovveduti coloro che
si fanno mandar via dalla scena prima che cali il sipario!... La morte è
un terrore, un castigo, un desiderio, secondo la debolezza o la forza
di coloro che la temono, che la sfidano o la implorano. Per tutti, è
un'amara beffa!... La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere... Sono
stato punito con le tenebre della tomba o con quelle segnate dalle
superstizioni del Cattolicesimo. Ebbene, siete voi, signori, che subite
l'oscurità, e io, quello socialmente degradato, io plano al di sopra di
voi... Io voglio restare me stesso!... Forte del mio pensiero, disdegno
gli avvenimenti che riecheggiano intorno a me... Io vedo chiaro... Un
crimine! È una parola! Il crimine esiste dappertutto. Quando esso è
commesso da masse di uomini, lo si glorifica; commesso individualmente,
lo si considera un'infamia. Che assurdità!
Non voglio essere pianto... non domando niente... io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa."
Colui che ieri era un uomo
Analizzata questa comunicazione nella seduta successiva, si
riconobbe, nel cinismo stesso del suo linguaggio, un profondo
insegnamento. Si vide anche, nella situazione di questo sventurato, una
nuova fase del castigo che attende il colpevole. In effetti, mentre
alcuni sono immersi nelle tenebre o in un isolamento assoluto, altri
soffrono, per lunghi anni, le angosce dell'ultima ora, oppure si credono
ancora in questo mondo. Ma per costui la luce brilla ancora; il suo
Spirito gode della pienezza delle sue facoltà; egli sa perfettamente di
essere morto e non si lamenta di nulla; non chiede alcuna assistenza e
sfida ancora le leggi divine e umane. Sfuggirà egli, dunque, alla
punizione? No. Il fatto è che la giustizia di Dio si compie sotto tutte
le forme, e ciò che fa la gioia degli uni costituisce il tormento degli
altri. Questa luce è il suo supplizio e contro di essa egli si ribella.
E, malgrado il suo orgoglio, lo confessa quando dice: "Io basto a me
stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa". E in quest'altra
frase: "La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la
sottigliezza del mio essere". Queste parole — la
sottigliezza del mio essere — sono
caratteristiche; con esse, infatti, egli riconosce che il suo corpo è
fluidico ed è penetrabile dalla luce, alla quale egli non può sfuggire; e
questa luce lo penetra come una freccia acuminata.
Questo
Spirito viene collocato fra gli Spiriti induriti, poiché si è astenuto
per lungo tempo dal manifestare il minimo pentimento. È un esempio di
quella verità, secondo la quale non sempre il progresso morale segue il
processo intellettuale. A poco a poco, tuttavia, egli si è corretto e,
più tardi, ha dato delle comunicazioni saggiamente ragionate e
istruttive. Oggi egli può essere collocato fra gli Spiriti pentiti.
Le nostre guide spirituali, pregate di esprimere il loro giudizio su
questo argomento, hanno dettato le tre comunicazioni che riportiamo qui
di seguito e che meritano una particolare attenzione.
I
Dal punto di vista delle esistenze, gli Spiriti nell'erraticità
possono considerarsi inattivi e in aspettativa. Ma nel frattempo essi
possono espiare, ammesso che il loro orgoglio e la incredibile tenacia
nei loro errori non li trattengano al momento della loro progressiva
ascesa. Voi ne avete un esempio terribile nell'ultima comunicazione di
questo criminale incallito, il quale si dibatte contro la giustizia
divina che lo serra dopo quella degli uomini. Allora, in casi simili,
l'espiazione, o piuttosto la fatale sofferenza che li opprime, invece di
giovare e di far loro cogliere il profondo significato delle loro pene,
li inasprisce nella ribellione, e fa loro emettere quei mormorii che le
Scritture, nella loro poetica eloquenza, chiamano il
digrignar dei denti. Immagine,
questa, simbolica per eccellenza! Segno della sofferenza avvilita ma
non sottomessa! Perduta nel dolore, ma la cui rivolta è ancora
abbastanza grande per rifiutare di riconoscere la verità della pena e la
verità della ricompensa!
I grandi errori si susseguono
spesso, anzi quasi sempre, nel mondo degli Spiriti; allo stesso modo, le
grandi coscienze criminali. Essere sé stessi, malgrado tutto, e sfilare
davanti all'infinito assomiglia all'accecamento di quell'uomo che
contempla le stelle e le scambia per gli arabeschi di un soffitto, così
come credevano i Galli al tempo di Alessandro.
L'infinito
morale esiste! Miserabile e infimo è colui che, con il pretesto di
continuare le lotte e le abiette imposture della Terra, non vede più
lontano, nell'altro mondo, di quanto non vedesse sulla Terra! Per
costui, l'accecamento, il disprezzo degli altri, il culto egoistico e
meschino della personalità e l'arresto del progresso. O uomini, è ben
vero che esiste un accordo segreto tra l'immortalità di un uomo puro
lasciato sulla Terra, e l'immortalità che gli Spiriti realmente
custodiscono nelle loro prove successive.