8. La Chiesa ammette, è
vero, una posizione speciale in certi casi particolari. I bambini morti
in tenera età, non avendo affatto commesso del male, non possono essere
condannati al fuoco eterno; d'altronde non avendo affatto compiuto del
bene, non hanno diritto alla suprema felicità. Essi si trovano allora,
dice la Chiesa, nei limbi, situazione mista
che non è mai stata definita, nella quale se non soffrono, neppure
godono della perfetta felicità. Ma, poiché la loro sorte è
irrevocabilmente fissata, essi sono privati di questa felicità in
eterno. Questa privazione, dal momento che non è dipesa da loro, poiché
diversamente avvenne, equivale a un supplizio eterno immeritato. La
medesima cosa avviene per quanto riguarda i selvaggi, i quali, non
avendo ricevuta né la grazia del battesimo né i lumi della religione,
peccano per ignoranza, abbandonandosi ai loro istinti naturali. Essi,
quindi, non possono avere né la colpa né i meriti di coloro che hanno
potuto agire con cognizione di causa. La semplice logica respinge una
simile dottrina nel nome della giustizia di Dio. La giustizia di Dio è
integralmente contenuta in queste parole del Cristo: "A ciascuno secondo le sue opere". Ma
bisogna intendere: opere buone o cattive, che si compiono liberamente e
volontariamente, le uniche che comportino responsabilità, la qual cosa
non rientra nel caso né del bambino né del selvaggio né di colui dal
quale non è dipeso d'essere illuminato.