IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

Torna al menu
Compendio della dottrina di Socrate e di Platone

I. L'uomo è un'anima incarnata. Prima della sua incarnazione essa esisteva già, unita ai tipi primordiali e alle idee del vero, del bene e del bello. Se ne è separata incarnandosi e, ricordandosi il suo passato, è più o meno tormentata dal desiderio di ritornarvi.

Questo enunciato spiega nel modo più chiaro possibile la distinzione e l'indipendenza del principio intelligente e del principio materiale. Esiste inoltre la dottrina della preesistenza dell'anima, della vaga intuizione che essa conserva di un altro mondo al quale aspira, della sua sopravvivenza al corpo, della sua uscita dal mondo spirituale per incarnarsi, e del rientro in questo stesso mondo dopo la morte. È infine, in germe, la dottrina della caduta degli Angeli.

II. L'anima si smarrisce e si confonde quando si serve del colpo per considerare qualcosa, ha delle vertigini come se fosse ebbra perché si aggrappa a cose che sono, per loro natura, soggette a mutamenti. Invece, quando contempla la sua stessa essenza, si rapporta a ciò che è puro, eterno e immortale, ed essendo della stessa natura, vi permane estasiata il maggior tempo possibile. Allora i suoi turbamenti cessano, perché essa è unita a ciò che è immutabile, ed è questo stato dell'anima che noi chiamiamo saggezza.

Pertanto l'uomo che considera le cose dal basso, terra terra, dal

punto di vista materiale, si fa delle illusioni. Per apprezzarle equamente, bisogna vederle dall'alto, cioè da un punto di vista spirituale. Il vero saggio deve dunque in qualche modo isolare l'anima dal corpo, per vedere con gli occhi dello spirito. Ed è ciò che insegna lo Spiritismo (vedere cap. II, n. 5 di questa opera).

III. Fintanto che noi avremo il nostro corpo, e l'anima si troverà immersa in questa corruzione, non saremo mai in possesso dell'oggetto dei nostri desideri: la verità. Infatti, il corpo ci oppone moltissimi ostacoli per il fatto di dover prendercene cura. Inoltre, ci riempie di desideri, di appetiti, di timori, di mille chimere e di mille sciocchezze, cosicché con il corpo è impossibile essere saggi anche solo per un istante. Ma se è impossibile la conoscenza pura mentre l'anima convive con il corpo, delle due l'una: o non conoscere mai la verità o conoscerla dopo la morte. Affrancati dalla follia del corpo, converseremo allora, è ragionevole pensarlo, con uomini ugualmente liberi e conosceremo da noi stessi l'essenza delle cose.

È per questo che i veri filosofi si preparano a morire, e la morte non sembra loro per niente temibile. (Allan Kardec, Il Cielo e l'Inferno, 1a parte, cap. II; 2a parte, cap. I)

Qui sta il principio delle facoltà dell'anima offuscate dalle interferenze degli organi fisici, e dell'espandersi di queste facoltà dopo la morte. Ma qui si tratta solo delle anime elette; non è lo stesso per le anime impure.

IV. L'anima allo stato impuro è appesantita e viene trascinata di nuovo verso il mondo visibile dall'orrore dell'invisibile e dell'immateriale. Essa allora erra, dicono, intorno a monumenti e tombe, dove si sono visti a volte dei fantasmi tenebrosi, come devono essere le immagini delle anime che hanno lasciato il corpo senza essere completamente pure e che trattengono ancora qualcosa di materiale, cosa che permette all'occhio di percepirle. Queste non sono le anime dei buoni, bensì dei cattivi, obbligate a errare in questi luoghi dove portano le pene della loro vita precedente e dove continuano a errare finché il loro attaccamento alla materia le riconduce in un corpo. E allora esse riprendono sicuramente le stesse abitudini che, durante la vita precedente, avevano costituito le loro preferenze.

Non solamente il principio della reincarnazione è qui chiaramente espresso. Ma anche lo stato delle anime, che sono ancora sotto il dominio della materia, è descritto esattamente così come lo Spiritismo lo mostra nelle evocazioni. Questo principio dice inoltre che la reincarnazione è una conseguenza dell'impurità dell'anima, mentre l'anima purificata ne è libera. Lo Spiritismo non dice diversamente. Aggiunge solo che l'anima, che errando ha preso buone soluzioni e che ha conoscenze acquisite, rinascendo porta con sé meno difetti, più virtù e più idee intuitive di quante non ne avesse avute nella precedente esistenza. E così ogni esistenza rappresenta un progresso morale e intellettuale. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte: "Esempi")

V. Dopo la nostra morte, l'angelo (daimon, demone) che ci era stato assegnato durante la nostra vita, ci porta in un luogo dove si riuniscono tutti coloro che devono essere condotti nell'Ade per esservi giudicati. Le anime, dopo aver soggiornato nell'Ade il tempo necessario, vengono ricondotte in questa vita per numerosi e prolungati periodi.

È la dottrina degli Angeli Custodi, o Spiriti protettori, e delle reincarnazioni successive dopo intervalli più o meno lunghi in cui errano.

VI. I demoni colmano l'intervallo che intercorre fra Cielo e Terra; sono il legame che unisce il Grande Tutto a se stesso, La divinità non entra mai in contatto diretto con l'uomo, ma è attraverso la mediazione dei demoni che gli dei trattano e si intrattengono con lui, sia durante la veglia sia durante il sonno.

La parola daimon, da cui deriva demone, non veniva considerata in senso negativo come succede oggi; non ci si riferiva assolutamente a esseri cattivi, bensì a tutti gli Spiriti in generale, fra i quali si distinguevano gli Spiriti superiori chiamati gli dei, e gli Spiriti meno elevati, o demoni propriamente detti, che comunicavano direttamente con gli uomini. Lo Spiritismo dice inoltre che gli Spiriti popolano lo spazio; che Dio comunica con gli uomini solamente attraverso Spiriti puri incaricati di trasmettere la Sua volontà; che gli Spiriti comunicano con gli uomini durante la veglia e il sonno. Sostituite la parola demone con la parola Spirito e avrete la Dottrina Spiritista; sostituitela con la parola angelo e avrete la Dottrina Cristiana.

VII. La preoccupazione costante del filosofo (nel senso in cui veniva inteso da Socrate e Platone) è di farsi carico della massima cura dell'anima, non tanto per questa vita, che rappresenta solo un istante, quanto in vista dell'eternità. Se l'anima è immortale, non è forse saggio vivere in funzione dell'eternità?

Il Cristianesimo e lo Spiritismo insegnano la stessa cosa.

VIII. Se l'anima è immateriale, dovrà andare, dopo questa vita, in un mondo ugualmente invisibile e immateriale, così come il corpo decomponendosi ritorna alla materia. Però, bisogna distinguere bene l'anima pura, veramente immateriale che si nutre, come Dio, di sapere e di pensiero, dall'anima più o meno contaminata da impurità materiali, che le impediscono di elevarsi verso il divino, e la trattengono nei luoghi del suo passaggio terreno.

Socrate e Platone, come si vede, comprendevano perfettamente i differenti gradi di smaterializzazione dell'anima. Essi insistono sulla differenza di situazioni, derivante dal più o meno elevato livello di purezza dell'anima stessa. Ciò che essi dicevano per intuizione, lo Spiritismo lo dimostra con i numerosi esempi che ci mette sotto gli occhi. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte)

IX. Se la morte fosse la dissoluzione completa dell'uomo, sarebbe un grande vantaggio per i cattivi liberarsi simultaneamente, dopo la morte, di corpo, anima e vizi. Chi ha ornato la propria anima, non con ornamenti estranei, ma idonei, solo questi potrà attendere serenamente l'ora della sua dipartita per l'Aldilà.

In altri termini, sarebbe come sostenere che il materialismo, che proclama il niente dopo la morte, ossia l'annullamento di qualsiasi ulteriore responsabilità morale, è di conseguenza un incitamento al male; che il cattivo ha tutto da guadagnarci dal male; che solo l'uomo, che si è spogliato dei suoi vizi e si è arricchito di virtù, può tranquillamente attendere il risveglio nell'altra vita. Lo Spiritismo ci mostra, con gli esempi che ci mette giornalmente sotto gli occhi, com'è penoso per il malvagio il passaggio da una vita all'altra e l'ingresso nella vita futura. (Il Cielo e l'Inferno, 2a parte, cap. I)

X. Il colpo conserva segni ben evidenti delle cure che gli sono state prestate o degli infortuni in cui è incorso. Lo stesso è dell'anima. Quando è spogliata del corpo, essa porta le tracce evidenti del suo carattere, dei suoi affetti e delle impronte che ogni atto della vita le ha lasciato. Così la più grande disgrazia che possa accadere a un uomo è quella di andare nell'Aldilà con l'anima carica di colpe. Tu vedi, Calliclate, come né tu né Polo né Gorgia sapreste provare che dobbiamo condurre altra vita se non quella utile per quando saremo là. Fra tante opinioni diverse, l'unica che resta incrollabile è quella secondo cui è meglio ricevere che commettere un'ingiustizia, e ci si deve innanzi tutto impegnare non ad apparire un uomo dabbene, ma a esserlo. (Dialoghi di Socrate dal carcere ai suoi discepoli)

Qui si ritrova un altro punto capitale, confermato oggi dall'esperienza, secondo il quale l'anima non purificata conserva le idee, le tendenze, il carattere e le passioni che aveva sulla Terra. La massima: meglio ricevere che commettere un'ingiustizia, non è forse perfettamente cristiana? È lo stesso pensiero che Gesù esprime con questa figura retorica: «Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra» (vedere cap. XII, nn. 7 e 8 di questa opera).

XI. Delle due l'una: o la morte è la fine di tutto oppure è il passaggio dell'anima in un altro luogo. Se tutto deve finire, la morte è come una di quelle rare notti che passiamo senza sognare e senza coscienza di noi stessi. Ma se la morte è solo un cambiamento di dimora, il passaggio in un altro luogo dove i trapassati devono riunirsi, che felicità sarà incontrare quelli che si sono conosciuti! Il mio più grande piacere sarebbe esaminare da vicino gli abitanti di questo luogo e di distinguervi, come qui, i saggi da quelli che credono di esserlo e non lo sono. Ma è tempo di lasciarci, io per morire e voi per vivere. (Socrate ai suoi giudici)

Secondo Socrate, gli uomini vissuti sulla Terra si ritrovano dopo la morte e si riconoscono. Lo Spiritismo ce li mostra che continuano ad avere i rapporti che ebbero, di modo che la morte non è né un'interruzione né la cessazione della vita, ma una trasformazione.

Se Socrate e Platone avessero conosciuto gli insegnamenti che Gesù diede cinquecento anni dopo, e che gli Spiriti danno oggi, non avrebbero parlato diversamente. In ciò non vi è nulla che possa sorprendere, se si considera che le grandi verità sono eterne e che gli Spiriti progrediti hanno dovuto conoscerle prima di venire sulla Terra, dove le hanno diffuse; che Socrate, Platone e i grandi filosofi dei loro tempi hanno potuto far parte, più tardi, del novero di coloro che hanno assecondato Gesù nella Sua divina missione; che sono stati scelti esattamente per essere più di altri in grado di comprenderne i divini insegnamenti; e che infine possono attualmente far parte della pleiade degli Spiriti incaricati di venire a insegnare agli uomini le stesse verità.

XII. Non si deve mai rendere ingiustizia per ingiustizia né fare del male a chicchessia per quanto male ci abbia fatto. Ciononostante, poche persone accettano questo principio, e quelli che non sono d'accordo non possono che disprezzarsi reciprocamente.

Non è questo forse il principio della carità, che ci insegna a non rendere mai male per male e a perdonare i nostri nemici?

XIII. È dai frutti che si riconosce l'albero. Bisogna giudicare ogni azione per quel che produce: chiamarla malvagia quando ne proviene del male, buona quando ne nasce del bene.

Questa massima: «È dai frutti che si riconosce l'albero» si trova ripetuta più volte nel Vangelo.

XIV. La ricchezza è un grande pericolo. Qualsiasi uomo che ami la ricchezza non ama se stesso né ciò che possiede, ma qualcosa che gli è ancora più estraneo di ciò che gli appartiene (vedere cap. XVI di quest'opera).

XV. Le più belle preghiere e i più bei sacrifici piacciono alla Divinità meno di un'anima virtuosa che si sforzi di assomigliarle. Sarebbe grave se gli dei dessero più importanza alle nostre offerte che alla nostra anima. Se così fosse, i più colpevoli potrebbero propiziarseli. Ma non esistono altri veramente giusti e saggi se non quelli che, con le loro parole e i loro atti, adempiono il loro compito riguardo a ciò che devono agli dei e agli uomini (vedere cap. X, nn. 7 e 8 di quest'opera).

XVI. Io chiamo uomo vizioso colui che ama più il corpo dell'anima. L'amore, che è ovunque nella natura e che ci invita a esercitare la nostra intelligenza, lo si trova persino nel moto degli astri. È l'amore che addobba la natura con i suoi ricchi tappeti, la abbellisce e fissa la sua dimora là dove si trovano fiori e profumi. È ancora l'amore che dà la pace agli uomini, la calma ai mari, il silenzio ai venti e la tregua al dolore.

L'amore che deve unire gli uomini con un legame fraterno è in accordo con questa teoria di Platone sull'amore universale come legge della natura. Socrate, avendo detto che l'amore non è né un dio né un mortale, ma un grande demone», ossia un grande Spirito che presiede l'amore universale, fu per questo imputato di empietà.

XVII. La virtù non può essere insegnata; chi la possiede l'ha ricevuta da Dio come un dono.

È più o meno la dottrina cristiana della grazia. Ma se la virtù è un dono di Dio, è un favore, allora ci si può chiedere perché non venga concessa a tutti. D'altro canto, se è un dono, chi la possiede non ne ha alcun merito. Lo Spiritismo è più esplicito. Dice che colui che la possiede l'ha acquisita con fatica nelle esistenze che si sono precedentemente succedute, spogliandolo man mano delle sue imperfezioni. La grazia è la forza con cui Dio favorisce tutti gli uomini di buona volontà, affinché si spoglino del male e facciano il bene.

XVIII. È una naturale predisposizione di tutti accorgersi più dei difetti degli altri che dei propri.

Il Vangelo dice «Perchéguardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?» (Vedere cap. X, nn. 9 e 10 di quest'opera).

XIX. Se, nella maggior parte dei casi, i medici non ottengono buoni risultati, è perché curano il corpo senza preoccuparsi dell'anima. Infatti, se il tutto non è in buone condizioni, è impossibile che la parte stia bene.

Lo Spiritismo offre la chiave dei rapporti esistenti fra anima e corpo e dimostra che c'è una reazione costante dell'una sull'altro. Apre così una nuova via alla scienza e, mostrandole la vera causa di certe affezioni, le fornisce i mezzi per combatterle. Quando la scienza terrà conto dell'influenza della componente spirituale nell'economia organica, essa scienza registrerà un minor numero di insuccessi.

XX. Tutti gli uomini, fin dall'infanzia, praticano più il male che il bene.

Queste parole di Socrate toccano la grave questione della predominanza del male sulla Terra, questione insolubile senza la conoscenza della pluralità dei mondi e del destino della Terra, dove abita soltanto una piccola parte dell'umanità. Solo lo Spiritismo ne dà la soluzione, che è stata sviluppata qui di seguito, nei capitoli II, III e V.

XXI. C'è della saggezza nel non credere di sapere quanto tu non sai.

Questa massima è rivolta a coloro che criticano ciò di cui sovente non conoscono una parola. Platone completa questo pensiero di Socrate dicendo: «Cerchiamo innanzi tutto, se possibile, di renderli più onesti nelle parole. Altrimenti non preoccupiamoci di loro e cerchiamo solamente la verità. Facciamo in modo di istruirci, ma non pronunciamo ingiurie,. È così che devono agire gli Spiritisti riguardo a coloro che li contraddicono, siano essi in buona o cattiva fede. Se Platone fosse in vita oggi, troverebbe le cose più o meno come ai suoi tempi e potrebbe usare lo stesso linguaggio. Anche Socrate troverebbe delle persone pronte a schernire chi crede negli Spiriti e a trattarlo come un pazzo, cosa che farebbero anche con il suo discepolo Platone.

È per aver professato questi principi che Socrate venne prima beffeggiato, poi accusato di empietà e condannato infine a bere la cicuta. Infatti le nuove grandi verità, andando a urtare interessi e pregiudizi, non possono imporsi senza lotta e senza fare dei martiri.